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Oltre 100 arresti in Iran per i casi di avvelenamento

Manuela Borraccino
13 marzo 2023
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Oltre 100 arresti in Iran per i casi di avvelenamento

Il ministro dell’Interno iraniano Ahmad Vahidi ha annunciato l'arresto di 100 persone per le inalazioni di gas avvenute in scuole superiori femminili dallo scorso novembre. Sale intanto il numero degli studenti intossicati.


Il ministro dell’Interno iraniano Ahmad Vahidi ha annunciato di aver fatto arrestare più di 100 persone negli ultimi due giorni nell’ambito dell’inchiesta sui casi di avvelenamento nelle scuole superiori, prevalentemente femminili, dallo scorso 30 novembre. Il ministro non ha fornito ulteriori dettagli sull’identità dei sospettati: gli arresti sono avvenuti in parecchi governatorati oltre a Teheran e a Qom, in città dell’Azerbaijan orientale e occidentale e nelle province del Kurdistan e Hamadan, secondo la testata internazionale saudita con sede a Londra Asharq Al-Awsat.

Fra gli arrestati, ha detto Vahidi, ci sono «individui che avevano moventi di ostilità verso il governo iraniano: hanno cercato di scatenare paura e sgomento fra la gente e gli studenti, di far chiudere le scuole e di danneggiare l’immagine dell’Iran». Rimarranno sotto indagine finché non sarà fatta piena luce sui casi, ha aggiunto. Nella dichiarazione diffusa dall’agenzia di stampa statale Irna il ministro puntava il dito contro eventuali coinvolgimenti del gruppo di opposizione iraniana che Teheran considera un’organizzazione terrorista, i Mujahedeen-e-Khalq (Mek) o Mujahedin del popolo d’Iran. Ma da Parigi Shahin Gobadi, portavoce del Mek, ha replicato all’agenzia France Presse che le accuse rappresentano «uno spettacolo ridicolo per coprire il ruolo delle istituzioni sotto il comando di Khamenei per questo crimine enorme».

Resta difficile verificare fatti e cifre contrastanti provenienti da diverse fonti in patria e all’estero. Alcuni attivisti per i diritti umani, riportava nei giorni scorsi il quotidiano britannico The Guardian, hanno dichiarato che almeno 7.068 studenti sono stati coinvolti negli avvelenamenti in 103 scuole di 99 città in 28 province del paese; in un solo giorno ci sarebbero stati 81 attacchi. L’Associated Press cita un dato diverso di almeno 290 scuole coinvolte in 28 province; riferisce anche di una vittima di 11 anni, Fatemeh Razaei, uccisa presumibilmente dalle inalazioni respirate nella sua scuola di Qom secondo quanto ha denunciato in un tweet la giornalista Hedie Kimiaee, che ha accusato le autorità iraniane di insabbiare le informazioni sul caso. Sui media locali un avvocato iraniano che sta indagando sui casi, Mohammed Hassan Asefari, parla di almeno cinquemila studenti coinvolti nonostante il numero diramato dalle autorità sia intorno ad un migliaio.

Secondo alcune organizzazioni non governative gli attacchi sarebbero stati perpetrati da gruppi religiosi contrari all’istruzione femminile. Secondo altri gli avvelenamenti miravano a soffocare la partecipazione delle ragazze alle proteste in corso in Iran da settembre in seguito alla morte violenta della giovane curda Mahsa Amini.

Lo scorso martedì 7 marzo il viceministro dell’Interno Majid Mirahmadi aveva annunciato in tivù l’inizio dell’ondata di arresti in cinque province del Paese come primi risultati dell’indagine in corso da parte degli apparati di sicurezza in tutto il paese. Il giorno prima, in un clima di contrattacco da parte del regime sotto pressione per le manifestazioni di questi mesi e anche per questi avvelenamenti, tre giornalisti e tre dissidenti erano stati convocati dalla polizia dopo aver sfidato il governo per come sta gestendo questi incidenti. Uno dei cronisti, dell’emittente Event 24, aveva intervistato uno psichiatra che escludeva che il ricovero delle studentesse fosse dovuto a «suggestioni collettive o isteria di massa» come suggerito nei giorni scorsi dal ministro dell’Istruzione Yousef Nouri secondo il quale il 95 per cento delle ragazze che si sono presentate negli ospedali avevano solo «paura o ansia» e poche di loro avevano effettivamente disturbi clinici. Gli altri tre convocati dalle forze dell’ordine sono Azar Mansouri, segretario del partito riformista Ittehad Mellat; Sadegh Zibakalam, un professore in pensione di Teheran e l’attore e scrittore Reza Kianian. Tutti e tre avevano criticato il governo per come stava gestendo i casi e avevano espresso il proprio sostegno sui loro account social alle manifestazioni in corso in Iran.

In questo clima molti considerano un’ammissione significativa di malagestione del caso da parte del governo l’intervento della Guida suprema, l’ayatollah Ali Khamenei, che lo scorso lunedì 6 marzo ha definito gli avvelenamenti «un crimine imperdonabile», chiedendo che i colpevoli vengano perseguiti e siamo comminate «le pene più severe». I primi casi di avvelenamento erano stati registrati a Qom lo scorso 30 novembre, ma la notizia è trapelata solo nelle scorse settimane.

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