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Iran, al via l’inchiesta sulle studentesse avvelenate

Manuela Borraccino
2 marzo 2023
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Il governo avvia un’inchiesta sugli oltre 100 casi di probabili inalazioni di gas avvenuti negli ultimi tre mesi nelle scuole, ora anche di Teheran. Dal carcere di Evin intanto le detenute fanno trapelare un audio con la versione persiana di Bella ciao.


Il presidente iraniano Ebrahim Raisi il primo marzo ha ordinato di aprire un’inchiesta sugli avvelenamenti avvenuti in varie scuole femminili, dopo che il numero dei casi ha sfondato quota 100 e ha riguardato anche istituti di Teheran, dopo quelli di Qom (la «città santa» dello sciismo in Iran), Borujerd, Ardabil. Lo riferisce la testata Al Monitor, mentre l’agenzia di stampa governativa Fars, nello stesso giorno, riportava nuovi casi registrati nella capitale, dove sono finite in ospedale diverse studentesse con difficoltà respiratorie dopo probabili inalazioni di gas.

I misteriosi avvelenamenti sono iniziati alla fine di novembre a Qom e sarebbero stati causati da inalazioni di gas nocivi definite “blande”, malgrado i ricoveri, dal ministro della Salute Bahram Einollahi. Durante il consiglio dei ministri, il presidente Raisi ha dato disposizione ai ministri dell’Interno e della Salute, oltre che ai servizi di intelligence, di indagare per poter poi rapidamente riferire alla popolazione e scongiurare una nuova ondata di manifestazioni. I casi di avvelenamento sono avvenuti prevalentemente, ma non esclusivamente, fra le ragazze: oltre 30 scuole in almeno quattro città sarebbero state coinvolte secondo l’agenzia Reuters, con un istituto maschile a Borujerd.

C’è da chiarire chi e perché abbia ordito queste intossicazioni. «Dopo l’avvelenamento di molti alunni nelle scuole di Qom si è scoperto che taluni volevano far chiudere le scuole, soprattutto quelle femminili», ha dichiarato domenica 26 febbraio il viceministro alla Salute Yones Panahi, senza peraltro fornire ulteriori dettagli. Nessuno è stato finora arrestato, ha riferito, sempre il primo marzo, il ministro dell’Interno Ahmad Vahidi, ma il sospetto secondo fonti di stampa iraniane è che ci siano degli estremisti islamici che vogliono impedire a bambine e ragazze di andare a scuola.

Quel che è certo è che questi ulteriori attacchi contro la gioventù iraniana alimentano la rivolta in corso dallo scorso settembre contro le violazioni dei diritti umani delle donne, manifestazioni che avrebbero causato secondo l’agenzia Human Rights Activists con sede negli Stati Uniti almeno 522 vittime e circa 20mila arresti. Proprio dal famigerato carcere di Evin è partita una nuova sfida al regime: alcune attiviste detenute sono riuscite a far trapelare un file audio subito diventato virale attraverso i social della figlia di una di loro, con le detenute che intonano la versione persiana di Bella ciao proprio in sostegno alle manifestazioni ispirate dallo slogan «Donna, vita, libertà» tuttora in corso, benché con minore partecipazione, nel Paese.

Nel contesto della durissima crisi economica in corso in Iran fra l’embargo statunitense, la corruzione e la mala gestione dell’inflazione, non sorprende perciò che molti iraniani non escludano il coinvolgimento del governo negli avvelenamenti.

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