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Prima di Persepolis: riemerge l’omaggio di Ciro a Babilonia

Elisa Pinna
17 dicembre 2021
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Una missione archeologica congiunta italo-iraniana ha concluso gli scavi di un monumento straordinario scoperto a tre chilometri da Persepolis, ma più antico della capitale achemenide.


Un’altra porta di Babilonia, costruita ad esatta copia di quella dedicata alla dea Ishtar, con gli stessi animali fantastici, gli stessi colori e lo stesso materiale, si ergeva nella piana di Pars/Fars nel cuore dell’Impero persiano achemenide nel VI secolo avanti Cristo, a guardia di un magnifico giardino ricco di piante, fiori e giochi d’acqua. In dieci campagne di scavi, cominciate nei primi anni Duemila e conclusesi ufficialmente la scorsa settimana, una squadra mista di archeologi iraniani e italiani l’hanno riportata alla luce. Si trova a circa tre chilometri da Persepolis (che è di epoca più tarda) e gli esperti sono sostanzialmente certi di trovarsi di fronte a un monumento voluto da Ciro il Grande. Chi altri, infatti, avrebbe potuto edificarlo nel 539-538 a.C., un anno dopo la conquista incruenta della capitale simbolo della civiltà mesopotamica, proprio da parte del grande re? Alcuni studiosi ipotizzano che la struttura possa essere stata poi portata a termine dal figlio di Ciro, Cambise.

La porta di Ishtar originale (ora tra le principali opere esposte al Museo di Pergamo a Berlino) era dedicata alla dea dell’amore e della guerra e, tra i suoi rilievi ornamentali, oltre ai tori, simbolo del dio babilonese del tempo atmosferico, si trovava anche il misterioso e intrigante mushkhusshu. Animale fantastico, dal nome quasi impronunciabile, era un quadrupede dal corpo rivestito di squame, le zampe anteriori leonine, le zampe posteriori di uccello rapace, un lungo collo e la testa di serpente. Per la Babilonia dei grandi re era il simbolo del dio Marduk e il protettore della città.

Proprio il rinvenimento di alcuni frammenti del mushkhusshu sull’altura di Toll-e Ajori, ovvero la collina dei mattoni, nella piana di Pars/Fars, ha aiutato gli archeologi a risolvere l’enigma di quel monumento imponente, distrutto dal tempo e seppellito dalla terra: prima è spuntato un mattone invetriato con l’occhio del drago-serpente, poi pezzi della testa e del collo, infine una zampa posteriore. Via via, gli scavi hanno disseppellito mattonelle d’argilla delle identiche misure di quelle della porta babilonese, 33 centimetri per 33, gli stessi motivi ornamentali, lo stesso azzurro di fondo. «Non si tratta di una semplice somiglianza di soggetto – ha spiegato alla stampa Pierfrancesco Callieri, archeologo dell’Università di Bologna e capo della missione italiana –. Qui si nota una stretta relazione con i pannelli decorativi della porta di Ishtar realizzati, come a Tol-e Ajori, in mattoni: la composizione delle immagini è identica. Addirittura, sembra che siano state usate le stesse matrici, le stesse misure, le stesse parti. Possiamo dire che a Toll-e Ajori siamo di fronte a una specie di duplicato della porta di Ishtar di Babilonia».

La copia della porta di Babilonia in territorio persiano è più antica rispetto alla costruzione di Persepolis da parte dell’imperatore Dario e appartiene – secondo gli studiosi – al periodo proto-achemenide. È di nuovo il mushkhusshu a costituire la prova più convincente per anticipare la datazione rispetto a Persepolis. «Infatti, il drago-serpente babilonese scompare nell’arte achemenide ufficiale da Dario in poi – osserva il professor Callieri –. Nella nuova visione iranica del mondo, il drago-serpente non ha più motivo di essere, perché per lo zoroastrismo – su cui poggia tutta l’organizzazione e la filosofia dell’Impero persiano – quell’animale mostruoso non può essere che un demone».

Per Ciro era invece diverso. L’uomo che seppe pacificarsi con le popolazioni conquistate era ancora intriso di cultura elamita-babilonese e fortemente attratto da Babilonia e dai suoi simboli. Non a caso a Pasargade, la città che si trova sempre nella piana di Pars/Fars e che Ciro scelse come capitale e luogo della sua sepoltura, sono presenti molte immagini babilonesi.

Soltanto i tori androcefali alati si sono salvati nell’arte classica achemenide dell’epoca di Dario: anzi, sono proprio due di loro a dominare la monumentale Porta di tutte le Nazioni o Porta di Serse che, alla sommità della scala all’ingresso della terrazza di Persepolis, oggi accoglie i turisti e 2.500 anni fa le delegazioni dell’immenso Impero persiano che venivano ad omaggiare il re dei re.

Allo stato attuale delle ricerche non è dato sapere se e per quanto tempo Persepolis e la collina della Porta di Ishtar si siano contese la scena. Sicuramente dall’una si poteva vedere l’altra. Da un lato, la spettacolare città cerimoniale voluta da Dario durante il suo regno (522-486 a.C.), dall’altro, un edificio maestoso dalle alte mura invetriate che riflettevano i raggi del sole e aprivano la strada verso un giardino paradisiaco. Oggi tornano a guardarsi.

Il polo museale della collina di Toll-e Ajori è pronto ad accogliere i turisti e, c’è da scommetterci, il mushkhusshu ne diventerà un simbolo. Ha un’aria elegante e simpatica, nonostante incarni la fusione di animali non particolarmente amichevoli.

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Ernesto Borghi

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