Secondo i suoi primi biografi san Francesco d'Assisi fece vari tentativi di recarsi tra i musulmani a predicare il Vangelo. Noi tutti conosciamo il faccia a faccia con il sultano a Damietta nel 1219, ma cosa accadde prima?
Sono trascorsi poco più di ottocento anni da quando frate Francesco visitò a Damietta, in Egitto, il sultano al-Malik al-Kamil, nipote del Saladino. Fu un incontro storico che secondo gli studiosi avvenne durante una delle tregue d’armi della quinta crociata, nell’estate del 1219. Ma non si trattava del primo tentativo di Francesco di portare ai musulmani il messaggio evangelico: racconta infatti Tommaso da Celano che in precedenza il frate aveva tentato già due volte di raggiungere le loro terre per predicare la fede cristiana.
Nel 1212 era partito su una nave diretta in Siria, ma i venti contrari l’avevano dirottata verso la Schiavonia, l’odierna Dalmazia, facendo fallire il suo tentativo. Il frate non si era scoraggiato e aveva pregato alcuni marinai diretti ad Ancona di portarlo con sé. Questi si erano rifiutati perché il cibo non sarebbe bastato per tutti, ma lui era salito ugualmente a bordo, di nascosto, con un compagno. Uno sconosciuto aveva allora donato dei viveri ai marinai, dicendo che erano per «i poveretti nascosti nella nave». Anche stavolta l’imbarcazione aveva incontrato una tempesta e l’equipaggio si era sfamato grazie ai viveri regalati a Francesco, che continuavano a moltiplicarsi per volere di Dio e bastarono per tutti fino all’arrivo ad Ancona. Francesco però non aveva dimenticato il proposito di partire per le terre dei musulmani: presto si mise in viaggio per il Marocco, dove intendeva annunciare la Buona Novella a Muhammad al Nasir. Riuscì ad arrivare fino in Spagna, tappa intermedia del viaggio, ma qui si ammalò e fu costretto a tornare alla Porziuncola.
Trascorsero altri anni ancora, ed eccoci al terzo tentativo, quello andato in porto nel 1219: la Chronique d’Ernoul del 1227-29 ci dice che «due chierici» (Francesco e, come sappiamo dalla Leggenda maggiore, frate Illuminato) si presentarono dal legato pontificio che guidava la quinta crociata, Pelagio Galvani, per chiedergli di poter predicare al sultano. Questi rispose che non poteva permettere né ordinare un’azione che li avrebbe condotti a morte certa; vista la fermezza dei loro propositi poteva tollerarla, purché non si pensasse che era lui a inviarli.
I due frati si diressero quindi verso le linee nemiche, e su questo punto i testi antichi presentano una differenza importante: Ernoul, testimone oculare dei fatti, afferma che le sentinelle «congetturarono che certo venivano o come portatori di qualche messaggio o perché avevano intenzione di rinnegare la loro fede» e li portarono dal sultano senza far loro del male, mentre Tommaso da Celano scrive che i frati vennero «sferzati» e Bonaventura afferma che furono percossi e incatenati.
Ad ogni modo i testi concordano sul fatto che il sultano ascoltò rispettosamente il messaggio dei frati e offrì loro doni e ricchezze in quantità, ma i due li rifiutarono, accettando solo, secondo Ernoul, qualcosa da mangiare, dopodiché vennero ricondotti incolumi all’accampamento cristiano. Un bel resoconto romanzato della visita al sultano si trova nel volume di Alain Absire Il povero d’Oriente (2018), mentre le testimonianze di Tommaso da Celano, Bonaventura ed Ernoul sono racchiuse nelle Fonti francescane. Nel 2019, ottocento anni dopo quell’incontro, papa Francesco ha ripercorso le orme del santo e si è recato, primo fra tutti i pontefici, in visita nella penisola arabica, dove ha firmato insieme al Grande Imam di Al-Azhar il Documento sulla Fratellanza Umana.
(Coautrice di queste righe è Alessandra Repossi)