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Margalit: Dividere Gerusalemme ora, per unirla poi

Terrasanta.net
21 maggio 2021
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Margalit: Dividere Gerusalemme ora, per unirla poi
Soldati israeliani bloccano una manifestazione contro i piani di demolizione di alcune case di palestinesi a Sheikh Jarrah (Gerusalemme Est), 15 maggio 2021. (foto Jamal Awad/Flash90)

Amministratore, politico, pacifista, ebreo di Gerusalemme: Meir Margalit ci offre una lettura degli ultimi avvenimenti tragici fra palestinesi e israeliani e un'idea di futuro per la città che non trova pace. Intervista.


(f.p.) – «No, non sono stato sorpreso dalle violenze dei giorni scorsi in diverse città israeliane. Chiunque conosca il rapporto tra arabi ed ebrei in Israele sapeva che prima o poi sarebbe esploso un conflitto». A parlare è Meir Margalit, ebreo nato in Argentina ma profondamente radicato a Gerusalemme da mezzo secolo. La sua è una voce certamente fuori dal coro nella società israeliana. Nella sua lunga esperienza, dopo essere stato in gioventù colono a Gaza e soldato nella guerra del Kippur (1973), ha cambiato completamente sguardo sul suo Paese e sul rapporto con i palestinesi. A Gerusalemme ha lavorato come funzionario pubblico e per una decina d’anni è stato membro del Consiglio comunale. Ha fondato con altri il Comitato israeliano contro le demolizioni delle case (Icahd). Conoscenza e riflessioni che sono sfociate in Gerusalemme, la città impossibile, una delle più lucide analisi dei problemi della città.

Ritiene che all’interno di Israele si sia rotto qualcosa nella convivenza tra cittadini ebrei e arabi?
Benché la situazione degli arabi in Israele sia relativamente buona, essi soffrono sistematici maltrattamenti da parte della società israeliana e la loro diversità nazionale viene costantemente denigrata, quindi c’era da aspettarselo. Per ricostruire le relazioni tra le due comunità, Israele dovrebbe cambiare la sua posizione ultranazionalista e adottare un atteggiamento più tollerante nei confronti della minoranza araba, e purtroppo non vedo alcun segno di un simile avvenimento all’orizzonte.
Da quando ho denunciato questo processo nel 2014 fino ad oggi, abbiamo avuto l’ex presidente degli Stati Uniti Trump che ha esacerbato la situazione a Gerusalemme. Lo spostamento dell’ambasciata Usa da Tel Aviv a Gerusalemme è stato un atto di aggressione contro il popolo palestinese e ha stimolato la destra israeliana che è diventata molto più radicale di quanto non fosse in precedenza. Il miglior esempio di questa radicalizzazione è l’elezione al parlamento israeliano, per la prima volta nella storia, di un rappresentante di un’organizzazione di estrema destra che la stessa legge israeliana ha bloccato per incitamento alla violenza.

Quali sono le zone di maggior crisi a Gerusalemme? Che disparità esistono fra quartieri occidentali e orientali?
Le questioni più problematiche a Gerusalemme Est sono le demolizioni di case palestinesi, la confisca di case e terreni e l’espulsione dei loro residenti, in particolare nei quartieri di Sheikh Jarrah e Silwan. Inoltre, una questione di cui non si parla molto, ma che colpisce una famiglia su due è il divieto di portare mogli o mariti palestinesi o giordani a vivere in città. Se, ad esempio, un uomo di Gerusalemme sposa una donna di Ramallah, il governo non gli consente di portarla a vivere a Gerusalemme, a causa di una politica volta a prevenire la crescita del numero dei palestinesi in città. Questo è vergognoso e ha causato una situazione in cui decine di migliaia di donne in città risiedono illegalmente.

Meir Margalit (foto Peacingstories.com)

Ci sono israeliani che vorrebbero che Gerusalemme fosse totalmente ebraica. È possibile nel lungo periodo la completa espulsione dei palestinesi? Perché non dovrebbe accadere che una città sia per tutti, ma solo per alcuni?
Ci sono israeliani che espellerebbero volentieri tutti i palestinesi dalla città, ma questo non accadrà, perché i palestinesi non lasceranno la città e perché il mondo occidentale non consentirebbe un tale trasferimento. Ma anche se non può accadere una cosa del genere, credo che la città di Gerusalemme debba essere divisa in due parti: la parte occidentale sarà la capitale di Israele e la parte orientale la capitale dello Stato palestinese che prima o poi sorgerà. La divisione è necessaria per rispettare la dignità dei palestinesi. Ma nella mia visione utopica spero che dopo la divisione la città si riunirà di nuovo, poiché entrambe le parti sono così interconnesse che è impossibile dividerla fisicamente. Ecco perché nel mio libro parlo di una divisione funzionale della città e non territoriale. Una Gerusalemme che funge da capitale di due Paesi.

Arrivati a una tregua dopo 11 giorni di attacchi tra Hamas e forze israeliane, in che modo gli Stati Uniti possono avere un’influenza in questa situazione?
Il ruolo degli Stati Uniti è stato molto deplorevole. Ancora una volta, gli Stati Uniti ci hanno deluso e hanno dimostrato di non essere in grado di essere mediatori equi.

Resta ancora valida l’opzione dei due Stati per israeliani e palestinesi?
Oggi appoggio la formula dei due Stati. In futuro, spero che riusciremo a creare una confederazione palestinese-israeliano-giordana.

 

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Ernesto Borghi

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