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Le dimissioni del patriarca dei cattolici greco-melchiti

Terrasanta.net
8 maggio 2017
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Le dimissioni del patriarca dei cattolici greco-melchiti
Gregorio III Laham (foto Kirche In Not)

A 84 anni d'età, il patriarca greco-melchita di Antiochia, Gregorios III Laham, ha presentato al Papa le sue dimissioni. Francesco le ha accettate il 6 maggio «per il bene della Chiesa».


(g.s.) – Papa Francesco ha accolto le dimissioni dell’ottantaquattrenne patriarca greco-melchita di Antiochia Gregorios III Laham. La notizia è stata resa nota dalla Santa Sede sabato scorso, 6 maggio.

Fino all’elezione del nuovo patriarca da parte del Sinodo dei cattolici melchiti, amministrerà la Chiesa greco-melchita, mons. Jean-Clément Jeanbart (74 anni), arcivescovo di Aleppo e membro più anziano del Sinodo secondo la data di ordinazione. Anch’egli, come il patriarca emerito, è di nazionalità siriana.

Nell’accogliere le dimissioni di Laham, Papa ha indirizzato una breve lettera, datata 6 maggio, a lui e a tutti i vescovi melchiti. Francesco dice che la volontà di rinunciare al ministero patriarcale gli è stata spontaneamente espressa da Laham il 31 marzo scorso, durante un’udienza privata in Vaticano. «Dopo aver pregato e riflettuto attentamente – scrive il Papa – ritengo opportuno e necessario, per il bene della Chiesa greco-melchita accogliere oggi la sua rinuncia». Il Pontefice ha anche voluto ringraziare il patriarca, «servitore zelante del popolo di Dio, per gli anni di servizio generoso alla sua Chiesa e per aver tenuto vita l’attenzione della comunità internazionale sul dramma vissuto dalla Siria».

Nato nel 1932 a Daraya, Laham emise la professione perpetua come monaco dell’Ordine Basiliano del Ss.mo Salvatore dei melchiti, nel 1952. Ordinato sacerdote nel 1959 dopo gli studi a Roma rientrò in Libano per insegnare teologia e liturgia nel seminario del suo ordine di cui divenne anche rettore. Del 1981 è la sua ordinazione episcopale e la destinazione a Gerusalemme, dove è rimasto fino all’elezione a patriarca, nel 2000.

Le sue dimissioni erano state previste da vari organi di stampa libanesi – nonostante le smentite ufficiali – già all’indomani del sinodo greco-melchita riunitosi a Beirut dal 21 al 23 febbraio. Un’assemblea molto delicata a cui hanno preso parte anche i nunzi apostolici in Siria, il card. Mario Zenari, e in Libano, mons. Gabriele Caccia.

Si trattava di ricucire una frattura interna all’episcopato melchita emersa in modo clamoroso alcuni mesi prima, quando – nel giugno 2016 – una decina di vescovi aveva apertamente contestato l’operato del patriarca sul piano amministrativo e disertato la riunione del Sinodo, costringendo alla sospensione dei lavori per mancanza del numero legale. Il patriarca Laham aveva reagito duramente, rifiutando di dimettersi come richiesto dai contestatori.

I lavori dell’assemblea sinodale di febbraio miravano dunque a ricomporre le fratture e si erano chiusi con un comunicato molto franco: da una parte i vescovi che avevano contestato platealmente il patriarca si rammaricavano per il loro comportamento, dall’altra si ammettevano «occasionali ed involontari errori» nell’amministrazione della Chiesa melchita. Il proposito comune era di voltare pagina e guardare avanti.

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Ernesto Borghi

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