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A Betlemme maratona senza Gaza

Carlo Giorgi
5 aprile 2016
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A Betlemme maratona senza Gaza
Alcuni partecipanti alla maratona svoltasi a Betlemme il primo aprile 2016. (foto Wisam Hashlamoun/Flash90)

Si è svolta il primo aprile a Betlemme la quarta edizione della maratona cittadina, alla quale hanno preso parte 4.400 corridori. Un quinto gli stranieri, quasi la metà le donne. Non autorizzati gli atleti di Gaza.


Nader el-Masri, atleta di Gaza, vincitore dell’edizione 2015 della maratona di Betlemme, questa volta non ha potuto difendere sul campo il suo titolo. Infatti lo scorso 1 aprile, data dell’edizione 2016 della maratona, le autorità israeliane non hanno concesso a 102 corridori di Gaza – tra cui lo stesso Mader – l’autorizzazione a uscire dalla Striscia per partecipare all’evento (nel 2015 gli atleti di Gaza presenti a Betlemme erano stati 50). Una notizia che risulta tanto più amara considerando che la maratona di Betlemme si intitola Right to movement (libertà di movimento – ndr) ed è nata nel 2013 anche per evidenziare le restrizioni alla libertà di movimento imposte ai cittadini palestinesi dall’occupazione israeliana.

Il Coordinamento delle attività governative nei Territori occupati (Cogat), organismo dell’esercito israeliano deputato a rilasciare ai palestinesi i permessi di spostamento nei Territori, ha spiegato la vicenda sulla sua pagina Facebook affermando che, nonostante le autorità palestinesi conoscessero perfettamente tempi e modi necessari per completare le richieste per gli atleti di Gaza, e nonostante conoscessero con mesi di anticipo la data dell’evento, avrebbero «apposta inviato le pratiche dopo il termine ultimo stabilito, così da non consentirci di valutarle in tempo. È stato un atto intenzionale per dare la colpa ad Israele e impedire la partecipazione dalla maratona di Betlemme». Secondo gli organizzatori della maratona in effetti i dati degli atleti sarebbero stati comunicati alle autorità israeliane il primo febbraio, un giorno dopo la scadenza indicata da Israele per prendere in carico le pratiche. E Israele, nonostante il minimo ritardo, non avrebbe fatto sconti negando i permessi.

Vicenda degli atleti di Gaza a parte, la maratona di Betlemme è stata un successo: secondo gli organizzatori, infatti, sono stati 4.400 gli iscritti all’edizione 2016, il 40 per cento in più rispetto all’anno precedente; e un numero sette volte superiore a quello della prima edizione, nel 2013 (dove i partecipanti furono 600). Gli atleti internazionali questa volta sono stati 1.031 (il 21 per cento del totale) provenienti da 62 Paesi diversi. Mentre estremamente positiva – pensando al contesto ancora tradizionalista in cui si è svolta la manifestazione, – è stata la partecipazione femminile, che ha raggiunto il 45 per cento del totale dei corridori, contro il 39 per cento del 2015. La corsa è stata vinta da Ervin Steenkamp, atleta sudafricano, in 2 ore 35 primi e 26 secondi.

«Il percorso della maratona lo abbiamo immaginato girando per Betlemme in automobile – racconta George Zeidan, uno degli organizzatori, –. La maratona misura poco più di 42 chilometri, come è noto. Ma nel caso di Betlemme è stato possibile individuare solo un circuito di 10 chilometri, ripetuto quattro volte. Sappiamo che non è un granché per un maratoneta… ma anche questo è un modo per comunicare a chi corre – e al mondo intero – cosa significhi vivere a Betlemme, sotto occupazione. Il percorso della maratona, in fondo, è la nostra storia: partenza e arrivo sono nella piazza della Mangiatoia, davanti alla Basilica della Natività; poi si passa per un check-point, si costeggia il muro di separazione, si attraversano due campi profughi, si arriva in un villaggio Al Khadr, contornato da insediamenti. E si torna indietro». Organizzare una maratona competitiva con le altre corse internazionali non è uno scherzo e la professionalità è indispensabile: «Per imparare ad organizzarla siamo andati a vedere la maratona di Copenaghen e quella di San Francisco – racconta George –, lo scorso anno siamo andati alla maratona di Beirut, che è simile alla nostra sia per il tipo di partecipanti, sia per l’ambiente mediorientale dove si svolge. In Italia siamo venuti a alla maratona di Reggio Emilia… qui in Palestina funziona che spesso l’occupazione israeliana diventa la scusa per fare le cose in modo non professionale. Tutto è colpa dell’occupazione, anche la poca professionalità… Ma noi questo non lo vogliamo. Anzi, organizzare la maratona ci aiuta ad abbattere questo stereotipo. Noi vogliamo che tutto, dall’accoglienza dei corridori, alla sicurezza, alla promozione, sia fatto con gli standard delle grandi maratone internazionali».

Allo sport in Medio Oriente, e in particolare alle maratone, è dedicato il Dossier del numero di marzo-aprile del bimestrale Terrasanta.

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