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La furia islamista che abbatte le chiese

Carlo Giorgi
25 gennaio 2016
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In Siria e Iraq, in questi quattro anni di guerra, sono decine, se non centinaia, i luoghi di culto cristiano che i fondamentalisti islamici hanno distrutto o profanato. Solo pochi giorni fa, le televisioni di tutto il mondo hanno mostrato le foto satellitari del monastero di Sant’Elia, presso Mosul, raso al suolo. Quale sarà la prossima chiesa ad andare a pezzi?


Quale sarà la prossima chiesa ad essere distrutta dal sedicente Stato islamico (Isis)? Quella del quartiere cristiano di Deir el Zor, città siriana sul fiume Eufrate dove i terroristi stanno avanzando proprio in queste ore? Oppure la cosiddetta Domus Ecclesiae del sito archeologico siriano di Dura Europos (del secondo secolo dopo Cristo), uno dei luoghi di culto cristiani più antichi al mondo e oggi sotto il controllo dell’Isis?

In Siria e Iraq, in questi quattro anni di guerra, sono decine, se non centinaia, i luoghi di culto cristiano che i fondamentalisti islamici hanno distrutto o profanato. Non importa se si tratti di chiese moderne o di siti archeologici: ogni edificio che porti i simboli della fede cristiana (croci, statue della Vergine Maria e dei santi) per la folle logica dei terroristi, è considerato luogo di «politeismo» e merita di venire distrutto.

Solo pochi giorni fa, le televisioni di tutto il mondo hanno mostrato le foto satellitari del monastero di Sant’Elia, vicino alla città irachena di Mosul. Le immagini mostrano il sito archeologico prima e dopo la sua totale distruzione, avvenuta nell’estate del 2014 – qualche settimana dopo la conquista di Mosul da parte dell’Isis – e scoperta solo ora. Il monastero, fondato nel 590 d.C., aveva resistito per quattordici secoli tra conquiste e persecuzioni, diventando uno dei simboli più preziosi per i cristiani assiri dell’Iraq. Una grave perdita non solo per i credenti.

Da quando il monastero di Sant’Elia è stato distrutto al momento in cui ne abbiamo avuto notizia, sono passati 14 lunghi mesi. Questo significa che non sempre la profanazione delle chiese – per quanto antiche – è divulgata, a fini di propaganda, dai terroristi. Di conseguenza, c’è da credere che la lista ad oggi conosciuta dei luoghi di culto cristiano distrutti sia lacunosa e incompleta. In ogni caso, è impressionante scorrere l’elenco di quelli noti.

Già nel 2013, quando l’Isis si insedia a Raqqa, le due chiese della città siriana vengono subito profanate. Nel settembre del 2013 i terroristi di Al Nusra occupano la cittadina cristiana di Maalula, sulle montagne tra Damasco e il Libano, con i suoi 5 mila abitanti in maggioranza cristiani che parlano aramaico, la lingua usata anche da Gesù. L’antichissima chiesa di San Sergio e San Bacco, risalente al IV secolo, e il monastero di Santa Tecla, vengono profanati e distrutti (va detto che dopo alcuni mesi l’esercito governativo, sostenuto da Hezbollah, riprende la città e restituisce ai cristiani i luoghi di culto).

L’estate del 2014 è un momento cruciale: il 29 giugno Abu Bakr al-Baghdadi viene proclamato califfo dello Stato Islamico e le azioni propagandistiche dei fondamentalisti aumentano. In queste settimane le 50 chiese di Mosul, appena conquistata dall’Isis, vengono profanate e distrutte (tra agosto e settembre subisce la stessa sorte anche il monastero di Sant’Elia, di cui abbiamo scritto sopra). A settembre, a Tikrit, in Iraq, l’Isis distrugge la cosiddetta «Chiesa verde», risalente al VII secolo e molto cara ai cristiani assiri. Nello stesso mese distrugge, nella città di Deir Ezzor, la chiesa-mausoleo del genocidio armeno, costruita per ricordare la strage di 200 mila cristiani armeni avvenuta in questa località nel 1916. Sempre in Siria nell’autunno 2014 le parrocchie francescane dei villaggi della valle dell’Oronte, vicino al confine con la Turchia, vengono profanate: croci abbattute, simboli cristiani distrutti. Nel 2015 viene raso al suolo l’antico monastero di Mar Elian, del V secolo, il cui priore, padre Jacques Murad, è già stato rapito dai terroristi (riuscirà a fuggire in modo rocambolesco dopo cinque mesi di prigionia, nel mese di ottobre). Infine, secondo Aina, l’agenzia internazionale d’informazione dei cristiani assiri, all’inizio del 2015, nell’attacco sferrato dall’Isis nella valle cristiana del Khabur, nella provincia di Hassake, vengono distrutte 11 chiese di altrettanti villaggi.

La speranza di tutti in Siria e Iraq è che questo sistematico annientamento della storia e della presenza cristiana termini finalmente. Tuttavia, c’è da credere che, dove arriveranno, i terroristi dell’Isis non perderanno occasione di distruggere. Quali potrebbero essere i loro prossimi obiettivi? La Siria in particolare, terra in cui il cristianesimo si è radicato fin dal primo secolo, è ricca di testimonianze di un’antica presenza cristiana. Ad esempio, nel territorio compreso tra la città di Idlib e il confine con la Turchia, in un territorio oggi sotto l’influenza delle milizie islamiche, si trovano i resti di decine di chiese cristiane del IV secolo, che proprio i francescani della Custodia hanno contribuito a far conoscere e valorizzare.

Nelle aree sotto il controllo del governo del presidente Bashar al Assad il pericolo per le chiese può arrivare invece dal cielo: ad Aleppo, nel mese di ottobre, la parrocchia di San Francesco, tenuta dai frati della Custodia, è stata colpita durante una messa da un colpo di mortaio sparato dai ribelli. Si è sfiorata la strage e ci sono stati sette feriti. I fedeli sono subito accorsi dalle loro case per sistemare i danni e pulire la chiesa.

A chi volesse approfondire il tema delle vestigia cristiane in Siria segnaliamo il libro Chiese cristiane del IV Secolo (Edizioni Terra Santa, 2014 – II ed.), acquistabile online oppure nelle migliori librerie.


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