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Twal: «Le due nuove sante palestinesi ci spronano a farci tutti santi»

Terrasanta.net
14 maggio 2015
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Twal: «Le due nuove sante palestinesi ci spronano a farci tutti santi»
Entrambe le nuove sante palestinesi portano il nome di Maria ed erano molto devote alla Vergine Madre.

L’imminente canonizzazione delle due suore palestinesi che verranno proclamate sante da Papa Francesco domenica 17 maggio in piazza San Pietro ha dato modo al patriarca latino di Gerusalemme, mons. Fouad Twal, di indirizzare ai fedeli della diocesi una bella lettera pastorale intitolata Sulla via della santità. Ve ne offriamo una sintesi.


(g.s.) – L’imminente canonizzazione delle due suore palestinesi – madre Maria Alfonsina (1843-1927) e suor Mariam di Gesù Crocifisso (1846-1878) – che verranno proclamate sante da Papa Francesco domenica 17 maggio in piazza San Pietro ha dato modo al patriarca latino di Gerusalemme, mons. Fouad Twal, di indirizzare ai fedeli della diocesi una bella lettera pastorale intitolata Sulla via della santità.

Il patriarca inizia annotando che l’evento si colloca nell’Anno della vita consacrata, indetto dal Papa dal 30 novembre 2014 al 2 febbraio 2016. Poi prosegue: «La notizia della canonizzazione di queste due religiose è scesa come una rugiada celeste sulla nostra terra assetata di amore e di giustizia e decimata dalla violenza. Abbiamo atteso a lungo l’annuncio di questa duplice canonizzazione, che ci ridona fiducia e speranza in Cristo. Il Signore vuole confortare i nostri Paesi dilaniati dai conflitti e dalle guerre, e le nostre popolazioni che soffrono per le continue ingiustizie».

La chiamata ad assecondare l’azione di Dio in noi che vuole farci santi è rivolta a tutti e in ogni condizione di vita, precisa Twal: «Le tribolazioni che dobbiamo affrontare ci incoraggiano a diventare santi secondo l’esempio di queste due religiose. L’impresa non è impossibile».

Dopo essersi soffermato brevemente sui due miracoli che hanno consentito di portare a compimento il lungo iter della canonizzazione, il patriarca riafferma che i cattolici non adorano «altri se non il Signore, ma veneriamo i santi, stimati degni di entrare nella vita eterna, come depositari dei Suoi doni e carismi. Essi regnano con Dio nella patria celeste in quanto eletti beneamati. Venerando i Santi diamo gloria a Dio, perché riconosciamo che è Lui la fonte di ogni grazia e di ogni dono in loro. I Santi, uomini come noi, sono stati esposti alle tentazioni e alle cadute. Ma ognuno di essi può dire: “Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede” (2 Tim 4,7). Non sono nati santi, ma “hanno conquistato il Regno con la forza”. Alla sequela di Cristo sono per noi modelli di vita. Non è sufficiente ammirare le loro virtù e le loro opere. Bisogna imitarli e lasciarsi guidare e illuminare dalla loro sapienza. I santi ci insegnano che la santità non consiste nel fare miracoli, ma piuttosto nel cercare la volontà di Dio in tutto: “Amarlo con tutto il nostro cuore… e amare il nostro prossimo come noi stessi” per amore di Dio».

La santità è una strada aperta a ciascun discepolo di Gesù, ammonisce Twal: «Tutti, indipendentemente dalla configurazione che può prendere la vocazione personale, siamo chiamati alla vera conversione del cuore. Non ci sono “monopoli” nell’ambito della santità. Essere santo è semplicemente essere fedele alla propria vocazione cristiana. La fedeltà del prete, del religioso o della religiosa e del laico scaturisce dalla stessa sorgente: la fedeltà a Cristo. Che uno sia prete, religioso, padre di famiglia, studente, lavoratore, impiegato… la sua santità consiste sempre nel vivere la fede in profondità e in pienezza, secondo la propria condizione di vita».

Santità e tristezza non vanno a braccetto: «Santità – dice il presule – non significa tristezza o malinconia, ma gioia. Non è innanzitutto un invito a odiare la vita presente e le sue gioie, ma la chiamata a vivere una vita piena nella gioia autentica. Nella vita dei santi si incontrano molte testimonianze stupefacenti di questa gioia, luminosa e indicibile. I santi sono molto numerosi. Noi conosciamo solo quelli che vengono ricordati nei calendari liturgici e nei martirologi. Non ci è dato di conoscere l’elenco di tutti i veri santi. Molti di loro sono noti solo a Dio. Le nostre sante, i nostri santi hanno amato Cristo al di sopra di tutto e di tutti, preferendolo a se stessi e alle loro famiglie, ai loro amici, al denaro e alla primogenitura, e ciò, nonostante difficoltà e tribolazioni. Hanno amato il Vangelo più che ogni altro libro. Era per loro la fonte della vita spirituale e l’ispiratore della loro vita sociale. Le Beatitudini erano la legge del loro comportamento, la luce durante la ‘notte oscura’ sulla strada che porta al Regno. Hanno vissuto le Beatitudini in spirito e verità».

Prima di concludere la sua lettera, il patriarca si augura che le due nuove sante chiedano al Signore per il loro popolo cristiano laici impegnati nel vivere la fede, sacerdoti «che siano apostoli intrepidi e vivano solo per annunciare il Regno», suore e consacrate «appassionate e piene di abnegazione».

Infine un ringraziamento a Dio per la presenza in Terra Santa delle suore del Rosario e dei carmelitani e carmelitane, membri degli istituti religiosi nei quali santa Maria Alfonsine e santa Mariam di Gesù crocifisso spesero gran parte della loro vita, fino all’ultimo respiro.

Clicca qui per il testo integrale della lettera pastorale in formato pdf

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Francesco D'Assisi

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