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Nella Giornata per la pace il no del Papa a ogni genere di schiavismo

Terrasanta.net
1 gennaio 2015
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Nella Giornata per la pace il no del Papa a ogni genere di schiavismo
2 dicembre 2014. Papa Francesco, con altri leader religiosi, firma in Vaticano una Dichiarazione universale contro la schiavitù. (photo Ap)

Auguri di pace a tutti i popoli del mondo. Il Papa li ha rivolti oggi dal Vaticano celebrando la Giornata per la pace, ma li ha espressi in modo ancora più solenne nel suo messaggio reso pubblico alcune settimane fa e intitolato Non più schiavi, ma fratelli. Il tema della reciproca custodia tra persone riconciliate è molto caro a Bergoglio e il testo lo ribadisce nuovamente.


(g.s.) – Auguri di pace a tutti i popoli del mondo. Il Papa li ha rivolti oggi dal Vaticano celebrando la Giornata per la pace, ma li ha espressi in modo ancora più solenne nel suo messaggio reso pubblico alcune settimane fa e intitolato Non più schiavi, ma fratelli.

Il tema della libertà dell’uomo e della reciproca custodia tra persone riconciliate è molto caro a Bergoglio e il testo pontificio lo ribadisce nuovamente. Il Papa fonda la sua riflessione su numerosi brani biblici (per la versione integrale del messaggio clicca qui) e poi si sofferma sui molteplici volti della schiavitù di ieri e di oggi.

Benché oggi la schiavità sia stata formalmente abolita e univeralmente considerata un crimine, Bergoglio lamente che «milioni di persone – bambini, uomini e donne di ogni età – vengono private della libertà e costrette a vivere in condizioni assimilabili a quelle della schiavitù».

È uno sguardo realistico e senza sconti quello del Papa. Guarda in faccia alla realtà e va oltre un ipocrita perbenismo. Anche nelle nostre società occidentali e non solo in quelle lontane o che consideriamo un po’ più barbare e arretrate, la schiavitù alligna ancora e ha molti volti.

Francesco pensa «a tanti lavoratori e lavoratrici, anche minori, asserviti nei diversi settori, a livello formale e informale, dal lavoro domestico a quello agricolo, da quello nell’industria manifatturiera a quello minerario». Pensa «alle condizioni di vita di molti migranti che, nel loro drammatico tragitto, soffrono la fame, vengono privati della libertà, spogliati dei loro beni o abusati fisicamente e sessualmente. Penso a quelli tra di loro che, giunti a destinazione dopo un viaggio durissimo e dominato dalla paura e dall’insicurezza, sono detenuti in condizioni a volte disumane. Penso a quelli tra loro che le diverse circostanze sociali, politiche ed economiche spingono alla clandestinità, e a quelli che, per rimanere nella legalità, accettano di vivere e lavorare in condizioni indegne, specie quando le legislazioni nazionali creano o consentono una dipendenza strutturale del lavoratore migrante rispetto al datore di lavoro, ad esempio condizionando la legalità del soggiorno al contratto di lavoro… Sì, penso al “lavoro schiavo”».

Pensa, il Papa, «alle persone costrette a prostituirsi, tra cui ci sono molti minori, ed alle schiave e agli schiavi sessuali; alle donne forzate a sposarsi, a quelle vendute in vista del matrimonio o a quelle trasmesse in successione ad un familiare alla morte del marito senza che abbiano il diritto di dare o non dare il proprio consenso».

Pensa «a quanti, minori e adulti, sono fatti oggetto di traffico e di mercimonio per l’espianto di organi, per essere arruolati come soldati, per l’accattonaggio, per attività illegali come la produzione o vendita di stupefacenti, o per forme mascherate di adozione internazionale».

Infine, Francesco pensa «a tutti coloro che vengono rapiti e tenuti in cattività da gruppi terroristici (…) Tanti di loro spariscono, alcuni vengono venduti più volte, seviziati, mutilati, o uccisi».

Elencate quelle che considera le cause della schiavitù («una concezione della persona umana che ammette la possibilità di trattarla come un oggetto»; la povertà, il mancato accesso all’istruzione, la mancanza di lavoro, la corruzione, i conflitti armati) il Papa chiede un impegno comune per la lotta alla schiavitù.

E qui spende una parola di elogio per le congregazioni di suore che sfidano l’indirifferenza generale e si impegnano in prima linea soprattutto in favore delle donne e dei minori. Ma il loro lavoro, pur encomiabile, evidentemente non basta.

Per stroncare il fenomeno serve l’impegno delle istituzioni pubbliche sul versante della prevenzione, della protezione delle vittime della tratta e della punizione dei responsabili sul piano giudiziario. Ma agli interventi degli Stati e delle organizzazioni intergovernative, il Papa chiede anche alle imprese e ai cittadini, nella loro veste di consumatori, di fare scelte eticamente corrette.

Da parte sua, la Santa Sede ha moltiplicato gli appelli e gli interventi contro lo schiavismo dei nostri giorni. L’ultima iniziativa in ordine di tempo è del 2 dicembre 2014, quando in Vaticano, il Papa e altri 11 leader religiosi (buddhisti, ebrei, induisti, musulmani e cristiani della Chiesa ortodossa e anglicana) hanno firmato una Dichiarazione dei leader religiosi contro la schiavitù, con la quale i firmatari si impegnano a fare la loro parte perché i popoli e i governi si decidano a sradicare del tutto le condizioni di schiavismo entro il 2020.

In chiusura del messaggio per la Pace, il Papa chiede a ciascuno di noi di globalizzare la fraternità piuttosto che l’indifferenza: «Chiediamoci come noi, in quanto comunità o in quanto singoli, ci sentiamo interpellati quando, nella quotidianità, incontriamo o abbiamo a che fare con persone che potrebbero essere vittime del traffico di esseri umani, o quando dobbiamo scegliere se acquistare prodotti che potrebbero ragionevolmente essere stati realizzati attraverso lo sfruttamento di altre persone. Alcuni di noi, per indifferenza, o perché distratti dalle preoccupazioni quotidiane, o per ragioni economiche, chiudono un occhio. Altri, invece, scelgono di fare qualcosa di positivo, di impegnarsi nelle associazioni della società civile o di compiere piccoli gesti quotidiani – questi gesti hanno tanto valore! – come rivolgere una parola, un saluto, un “buongiorno” o un sorriso, che non ci costano niente ma che possono dare speranza, aprire strade, cambiare la vita ad una persona che vive nell’invisibilità, e anche cambiare la nostra vita nel confronto con questa realtà».

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