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Le Chiese d’Oriente per i cristiani di Mosul

Terrasanta.net
25 luglio 2014
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Le Chiese d’Oriente per i cristiani di Mosul
Il carattere «n» in arabo - iniziale di Nasarah, cioè «Cristiano» -, disegnato sui muri delle case di Mosul confiscate ai cristiani in fuga dallo Stato islamico.

I patriarchi d’Oriente si stanno organizzando per denunciare, a un’unica voce, le azioni del neo-proclamato califfato islamico, soprattutto nei confronti dei cristiani di Mosul. E per chiedere al mondo, e innanzitutto ai responsabili religiosi musulmani – oggi protagonisti di un inspiegabile «silenzio» – di condannarne con coraggio i crimini.


(c.g.) – I patriarchi d’Oriente si stanno organizzando per denunciare, a un’unica voce, le azioni del neo-proclamato califfato islamico. E per chiedere al mondo, ma soprattutto ai responsabili religiosi musulmani – oggi protagonisti di un inspiegabile «silenzio» – di condannarne con coraggio i crimini.

«Stiamo lavorando per organizzare un incontro con tutti i nostri fratelli patriarchi d’Oriente – ha dichiarato ieri Ignatius Aphrem II, patriarca della Chiesa siro-ortodossa, che conta molti fedeli tra Siria e Iraq –. Un incontro per discutere tra noi e prendere decisioni rispetto a quello che è avvenuto a Mosul e che sta avvenendo in Oriente. Creeremo una delegazione dei cristiani d’Oriente che vada alle Nazioni Unite e presenti le nostre ragioni lì e ovunque lo ritenga necessario».

Nei giorni scorsi i fondamentalisti del neo-proclamato califfato (che si estende in un vasto territorio di Siria ed Iraq) hanno intimato ai cristiani di Mosul – la seconda città dell’Iraq, caduta nelle loro mani in giugno – di scegliere tra la conversione all’Islam, il pagamento della tassa per gli infedeli o la fuga dalla città. Una partenza da compiere immediatamente, abbandonando casa, beni e risparmi di una vita. Centinaia di cristiani sono stati derubati di tutto mentre lasciavano la città. Le loro case sono state poi requisite e distribuite a profughi musulmani. I fondamentalisti del califfato stanno dimostrando di governare ispirati dalla più cieca intolleranza: in questa linea si pone, ad esempio, la crocefissione di dodici musulmani moderati nelle vicinanze di Aleppo, avvenuta qualche giorno fa; la dissacrazione sistematica dei santuari cristiani; e il recente editto che impone a tutte le donne del Califfato l’obbligo della mutilazione genitale (ancora largamente praticata in diversi contesti socio-culturali, prevalentemente africani e mediorientali). I cristiani del Medio Oriente – in un contesto simile – rischiano, senza eufemismi, di venire spazzati via. «Condanniamo le azioni dello Stato islamico (il califfato – ndr), che non rappresenta l’Islam con cui abbiamo convissuto per più di tredici secoli – ha continuato il patriarca siro ortodosso di Antiochia, eletto il primo aprile scorso –. Questo tipo di Islam non ha rispetto per i libri sacri e per le relazioni umane. Per questo ci appelliamo ai nostri amici musulmani e ai loro governanti, perché prendano una posizione chiara contro queste azioni e questo fenomeno che contraddice il Corano. Allo stesso tempo, siamo allibiti dal silenzio della maggior parte dei leader musulmani e dei responsabili civili, rispetto a quello che sta avvenendo a Mosul. (…) Le attestazioni di solidarietà non sono sufficienti, chiediamo che (i Paesi occidentali e tutti gli iracheni) si oppongano e smettano di sostenere coloro che forniscono armi e soldi allo Stato islamico e a organizzazioni simili. Le loro azioni fanatiche presto o tardi si ritorceranno contro coloro che li appoggiano».

Mercoledì scorso, anche il patriarca maronita, card. Bechara Boutros Rai, ha lanciato un appello, rivolgendosi direttamente ai fondamentalisti: «Il fatto di essere esseri umani è l’unica cosa che condividiamo con voi – ha dichiarato provocatoriamente Rai –. Forza, incominciamo a parlare e a trovare una comprensione reciproca a partire da questo fatto! Voi puntate tutto sulla voce delle armi, sul terrorismo, sulla violenza mentre noi puntiamo tutto sul linguaggio del dialogo, sulla comprensione e sul rispetto reciproco. Cosa hanno mai fatto i cristiani di Mosul e di tutto l’Iraq per essere trattati in questo modo pieno di odio e di sopraffazione?», ha chiesto Rai.

«È una vergogna che ora i cristiani vengano rigettati, espulsi e limitati nella loro vita. È ovvio che questo fenomeno avrà conseguenze disastrose nel concetto stesso di coesistenza fra la maggioranza e le minoranze, e persino fra gli stessi musulmani, nel breve e nel lungo periodo. L’Iraq è sull’orlo di un disastro umanitario, culturale e storico», ha tuonato Louis Raphael I Sako, patriarca dei cattolici di rito caldeo.

Il patriarca greco ortodosso di Gerusalemme, Theophilos III, si dice allarmato per le notizie che giungono da Mosul e scrive in una dichiarazione ufficiale: «Il trattamento disumano è contrario alla convivenza pacifica tra cristiani e musulmani in Iraq e nell’intera regione mediorientale nel corso dei secoli e va contro i principi e valori di queste religioni monoteistiche». «La Chiesa madre di Gerusalemme – continua Theophilos III – condanna fermamente e inequivocabilmente la spaventosa dichiarazione dello Stato Islamico e si appella in modo pressante alla comunità internazionale perché intervenga immediatamente per proteggere la  popolazione cristiana in Iraq che per molti secoli ha vissuto in pace con i propri connazionali musulmani».

Anche il patriarcato greco-ortodosso di Antiochia ha diffuso mercoledì una dichiarazione con cui condanna gli attacchi ai cristiani di Mosul rivolgendosi agli Stati che stanno finanziando gli estremisti: «Sospendete immediatamente ogni forma di aiuto materiale, logistico, militare e morale ai terroristi – ha chiesto la dichiarazione –. I cristiani e i musulmani sono i due polmoni del mondo orientale e noi condanniamo tutto ciò che indebolisce la reputazione della religione islamica che è una religione di perdono, con cui abbiamo fatto esperienza di pace e fratellanza».

I grandi finanziatori dei movimenti fondamentalisti sunniti nel Medio Oriente si trovano soprattutto in Kuwait, Qatar e Arabia Saudita.

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