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Un accordo trilaterale per far risorgere il Mar Morto

Terrasanta.net
11 dicembre 2013
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Un accordo trilaterale per far risorgere il Mar Morto
Una serie di foto scattate dai satelliti Nasa documenta il progressivo prosciugamento del Mar Morto.

Israele, Giordania e Autorità Palestinese hanno firmato lunedì 9 dicembre un'importante intesa sull’acqua. In base all’accordo ad Aqaba, in Giordania, verrà costruito un moderno impianto di desalinizzazione che tratterà l'acqua del mar Rosso. Parte dell'acqua trattata verrà convogliata nel mar Morto per contrastarne il prosciugamento.


(Milano/c.g.) – Dopo lunghi negoziati, Israele, Giordania e Autorità Palestinese hanno firmato lunedì 9 dicembre presso la sede della Banca Mondiale a Washington un’importante intesa sull’acqua. In base all’accordo ad Aqaba, in Giordania, verrà costruito un moderno impianto di desalinizzazione che pescherà acqua salata dal mar Rosso per trasformarla in potabile.

A pieno regime l’impianto potrebbe trattare fino a 100 milioni di metri cubi di acqua all’anno. È previsto che una parte dell’acqua potabile prodotta (circa 30 milioni di metri cubi all’anno) resti in Giordania, nella regione di Aqaba, per soddisfare la richiesta del territorio risolvendo, secondo le previsioni, il problema idrico locale almeno fino al 2040. Un’altra parte consistente della produzione di acqua potabile (50 milioni di metri cubi all’anno) sarà venduta a Israele, consentendo di rispondere alla fabbisogno della regione circostante la città balneare di Eliat, sul mar Rosso. In cambio Israele si impegna a vendere alla Giordania l’identica quantità di acqua potabile (50 milioni di metri cubi all’anno) prelevandola, molto più a nord, dal Lago di Tiberiade. Acqua che andrà a soddisfare le esigenze della popolazione giordana che vive nel Nord del Paese.

Anche l’Autorità palestinese porta a casa un vantaggio da questo accordo, ottenendo la vendita, da parte di Israele, di altri 20-30 milioni di metri cubi d’acqua potabile all’anno, che vanno a sommarsi agli attuali 52 milioni di metri cubi, non più sufficienti a soddisfare le esigenze della popolazione.

In un periodo segnato tristemente dallo stallo dei negoziati di pace israelo-palestinesi, tutti i politici coinvolti hanno voluto sottolineare l’importanza di questo accordo sull’acqua: «È un barlume di speranza e indica che potremo superare anche altri ostacoli in futuro», ha dichiarato Silvan Shalom, il ministro israeliano dell’Energia e delle Risorse idriche. «Abbiamo dimostrato che possiamo lavorare insieme nonostante i problemi politici», ha dichiarato il ministro palestinese dell’acqua Shaddad Attili. «Abbiamo lavorato gli ultimi sei mesi per raggiungere questo accordo che si può definire storico – ha sostenuto Hazim el-Naser, ministro dell’acqua giordano – un accordo che consentirà alla Giordania di avere l’acqua potabile necessaria a costi contenuti».

Oltre alla soluzione del problema della «sete», l’accordo firmato lunedì ha l’ambizione di risolvere un altro problema: il mar Morto, paradiso naturale della regione, rischia di scomparire. Il livello delle sue acque diminuisce infatti al ritmo di un metro all’anno, a causa del progressivo prosciugamento dell’immissario fiume Giordano, le cui acque sono utilizzate oltre misura per l’irrigazione. Per contrastare questo fenomeno, il progetto si propone di verificare la possibilità di versare le acque salmastre, trattate nell’impianto di Aqaba, nel mar Morto. Soluzione i cui effetti sono tutti da verificare e che fa storcere il naso a molti gruppi ambientalisti. L’associazione internazionale Amici della Terra ha invocato uno studio ambientale che indichi chiaramente come dovrebbe essere trattata l’acqua salmastra proveniente dall’impianto giordano, prima di essere immessa nel Mar Morto.

La Banca Mondiale, dal canto suo ha ricordato che la parte di accordo che riguarda l’immissione delle acque salmastre nel mar Morto prevede una fase sperimentale in cui venga fatta una attenta valutazione delle conseguenze.

Gidon Bromberg, direttore della sezione israeliana di Amici della Terra, ha voluto sottolineare che già in base agli studi preliminari della Banca Mondiale portare l’acqua salmastra del mar Rosso nel mar Morto potrebbe avere «impatti nocivi» per il fragile ecosistema locale. «Inoltre ha la conseguenza negativa di aumentare del 30 per cento i costi dell’operazione – ha spiegato Bromberg – e di mantenere viva la protesta delle associazioni ambientali».

Il progetto, la cui realizzazione dovrebbe iniziare nella seconda metà del 2014, costerebbe dai 180 ai 290 milioni di euro e prevede, oltre all’impianto di desalinizzazione, la costruzione degli acquedotti necessari a collegare il mar Morto al mar Rosso, infrastrutture che attraverseranno tutte il solo territorio giordano.

Lo studio di fattibilità per il progetto al centro dell’accordo tra Israele, Giordania e Autorità Palestinese è stato curato dalla Banca Mondiale e finanziato per 12 milioni di euro da una cordata di otto Paesi: Corea del Sud, Francia, Giappone, Grecia, Italia, Olanda, Stati Uniti e Svezia.

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Ernesto Borghi

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