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In Libano decine di morti negli scontri a Sidone

Carlo Giorgi
25 giugno 2013
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In Libano decine di morti negli scontri a Sidone
Militari libanesi per le strade di Sidone

In Libano aumentano in modo preoccupante gli scontri armati conseguenza del conflitto siriano. L’ultimo, sanguinosissimo, si è consumato tra domenica e lunedì nella città costiera di Sidone dove sono rimasti uccisi 17 militari, 40 fondamentalisti sunniti e due civili. Ma anche a Tripoli, nel distretto Tariq al-Jdideh di Beirut e sulla strada costiera Tripoli-Sidone è frequente imbattersi in squadre di miliziani armati.


In Libano aumentano in modo preoccupante gli scontri armati conseguenza del conflitto siriano. L’ultimo, sanguinosissimo, si è consumato tra domenica e lunedì nella città costiera di Sidone – fino ad oggi rimasta estranea al sangue – dove milizie fondamentaliste sunnite si sono scontrate con l’esercito libanese. Al termine della battaglia sono rimasti uccisi 17 militari, 40 fondamentalisti e due civili. Il giornale libanese online Al Akhbar, di seguito alla notizia degli scontri di Sidone, ha pubblicato oggi una mappa dei focolai che stanno infiammando il Paese. Secondo Al Akhbar sarebbero almeno quattro le aree critiche: la città di Tripoli, dove da molti mesi si combatte (come abbiamo raccontato più volte sul nostro sito); la città di Sidone; il quartiere di Tariq al-Jdideh, a Beirut; e la strada costiera tra Tripoli e Sidone, all’altezza dell’abitato di Nehme.

I gruppi armati che operano in Tripoli, Sidone e nel distretto Tariq al-Jdideh di Beirut hanno tutti metodi e organizzazioni simili – spiega Al Akhbar –, ciò significa che potrebbero essere coordinati dalla stessa struttura». I recenti scontri di Sidone, in particolare, sono stati provocati dalle milizie di Ahmad al-Assir, un salafita particolarmente noto in Libano per le sue posizioni antisiriane e i suoi gesti eclatanti. Lo scorso sabato circa 120 miliziani di al-Assir si sono riversati per le strade di Sidone sparando in aria e contro alcuni edifici che sarebbero appartenuti ad Hezbollah. I miliziani sarebbero stati a loro volta attaccati con mitragliatori e lancia granate, venendo dispersi. Il giorno dopo, domenica 23 giugno, però, i miliziani sarebbero passati al contrattacco aggredendo un checkpoint dell’esercito libanese e uccidendo tre soldati. Questo avrebbe portato alla reazione dei militari e alle decine di morti sul campo.

Gli scontri di Sidone costituiscono un passo preoccupante verso l’inasprimento della situazione libanese. Infatti è la prima volta che i seguaci di Ahmad al-Assir provano sul campo la loro forza militare. Fino ad oggi al-Assir si era limitato a violenti comizi contro Bashar al-Assad e contro il movimento sciita Hezbollah, nei quali invitava i suoi a combattere a fianco dei ribelli in Siria. In Libano, però, era stato protagonista solo di provocazioni al limite del lecito, come quando lo scorso inverno portò un pullman carico di salafiti (donne completamente velate e uomini dalla lunga barba) nella località sciistica di Faraya, tradizionalmente cristiana, suscitando feroci polemiche da parte maronita. La svolta militare di al-Assir adesso sembra però irreversibile: secondo il sito di informazione libanese Yalibnan, Bassam al-Dada esponente del Libero esercito siriano, ha dichiarato che al-Assir dopo gli scontri di domenica si sarebbe rifugiato in Siria, sotto la protezione del Libero esercito, dove avrebbe intenzione di organizzare un «Libero esercito libanese», sul modello del Libero esercito siriano poiché il Libano oggi sarebbe «occupato da Hezbollah».

La mappa dei focolai di guerra disseminati in Libano del giornale Al Akhbar spiega che a Tripoli i miliziani sunniti impegnati negli scontri sarebbero poche centinaia. Nel quartiere di Tariq al-Jdideh, a Beirut, sarebbero un migliaio ma con poca esperienza militare. Il vicino campo profughi palestinese di Sabra e Chatila fornirebbe però uomini armati alle milizie. Infine i gruppi di uomini armati che operano sulla strada costiera da Tripoli a Sidone sarebbero circa 200 e sarebbero impegnati a controllare questa via di comunicazione essenziale per il Paese.

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