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Natale, controversie sull’albero

Giorgio Bernardelli
21 dicembre 2012
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Le feste rappresentano sempre un bel test per il dialogo interreligioso. E così anche quest'anno per Natale a Gerusalemme è nato il classico caso. All'origine di tutto c'è un gesto della municipalità che, per la prima volta, ha deciso di collocare un albero di Natale a Jaffa Gate. Un segno che il patriarca latino Fouad Twal ha voluto sottolineare, partecipando di persona alla sua accensione, ma che ha anche suscietato le proteste di un'associazione religiosa ebraica per questo «scempio» nella Città Santa.


Le feste rappresentano sempre un bel test per il dialogo interreligioso. E così anche quest’anno per Natale a Gerusalemme è nato il classico caso. All’origine di tutto c’è un gesto della municipalità che, per la prima volta, ha deciso di collocare un albero di Natale a Jaffa Gate, proprio la Porta di Jaffa che dà il nome a questa rubrica. Un bel segno che il patriarca latino Fouad Twal qualche sera fa ha voluto sottolineare, partecipando di persona alla sua accensione e ricordando come l’albero abbia un significato che va al di là di un puro folklore, richiamando la fede cristiana.

Solo che Gerusalemme è pur sempre Gerusalemme. E allora Arutz Sheva, l’agenzia più vicina alla destra religiosa, puntualmente ci informa delle proteste di un’associazione religiosa ebraica per questo «scempio» nella Città Santa. Tra le lamentele c’è quella di non aver tenuto conto che ci sono ebrei religiosi che passano dalla Porta di Jaffa per andare al Kotel, il muro del Pianto. E si annuncia per domenica una manifestazione davanti all’oggetto della discordia.

Va precisato subito che – anche a Gerusalemme – si tratta dell’opinione di una piccola minoranza di esagitati (anche se spiega molto bene in quale tipo di ambiente crescano quelli che da un po’ di tempo vanno a imbrattare con scritte blasfeme le mura di chiese e conventi). Pur con tutte le ferite legate al ricordo dell’antigiudaismo, credo che siano davvero pochi gli ebrei che si lasciano offendere da un albero di Natale. Certo Israele non è come gli Stati Uniti, dove su un quotidiano ebraico come Forward può capitare in questi giorni di leggere un articolo come quello di Abigail Jones che riportiamo qui sotto, in cui si parla del contributo degli ebrei alla nascita di alcuni capisaldi dello spirito natalizio americano. Ma anche a Gerusalemme mi pare di poter dire che l’atteggiamento generale degli ebrei verso il Natale dei cristiani sia più vicino a questa bonaria simpatia che agli isterismi di qualche abitante del quartiere ultraortodosso di Meah Shearim.

Eppure un rimpianto c’è: quello di non riuscire comunque mai tra cristiani ed ebrei a confrontarci sul serio su quanto c’è di ebraico nei racconti della nascita di Gesù. Mi ha colpito molto, a questo proposito, leggere il commento al brano della genealogia di Gesù che in questi giorni padre David Neuhaus ha pubblicato sul sito del vicariato di San Giacomo, quello per i cattolici di lingua ebraica in Israele. Uno dei punti che padre David sottolinea è la centralità del riferimento alla deportazione a Babilonia in questa pagina del Vangelo di Matteo. E spiega come per l’evangelista il «ritorno in Sion» dopo l’esilio sia come la chiave di volta della storia, il fatto storico che pone le premesse per la venuta di Gesù; e la risurrezione del popolo ebraico un primo annuncio della vittoria sulla morte.

È un piccolo segno l’albero di Natale alla Porta di Jaffa. Ma se – cristiani ed ebrei – provassimo a prenderlo sul serio, forse potrebbe aiutarci ad andare insieme anche molto lontano.

Clicca qui per leggere l’articolo di Arutz Sheva sull’albero di Natale a Jaffa Gate

Clicca qui per leggere l’articolo di Abigail Jones sul sito di Forward

Clicca qui per leggere la riflessione proposta da padre David Neuhaus

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