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Il Cammino degli Estevez

Giampiero Sandionigi
2 luglio 2012
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Il Cammino degli Estevez

Il film Il cammino per Santiago - nelle sale italiane in questi giorni - è ambientato in Spagna, su una delle più celebri vie di pellegrinaggio dell'era cristiana. La pellicola ha il pregio di restituire al pubblico, senza annoiarlo, il sapore del Camino nella sua versione contemporanea, un sapore che tanti di noi hanno già avuto il dono di gustare e che serbano in cuore con nostalgia.


Non sappiamo quanto tempo resterà nelle (poche) sale cinematografiche italiane che l’hanno messo in programmazione a partire dal 27 giugno scorso, ma speriamo che il film Il cammino per Santiago (The Way, nella versione originale inglese) abbia vita lunga e sia presto disponibile anche in dvd.

La pellicola è un prodotto onesto e privo di retorica. Non fa voli pindarici, non punta a suscitare emozioni forti, non propone tesi pre-confezionate. Ci è piaciuta perché riesce a restituire al pubblico, senza annoiarlo affatto, un po’ dell’odierno sapore del Camino de Santiago, un sapore che tanti di noi hanno già avuto il dono di gustare e che serbano in cuore con nostalgia.

Il film è ambientato sulla celebre via di pellegrinaggio che si dispiega dai Pirenei alla tomba dell’apostolo san Giacomo, nella città galiziana di Santiago de Compostela.

Il protagonista, Tom Avery (interpretato da Martin Sheen), è un anziano oculista californiano costretto a catapultarsi sui Pirenei francesi, a Saint Jean Pied de Port, dall’improvvisa morte dell’unico figlio, Daniel (Emilio Estevez), sorpreso dal maltempo in montagna mentre stava iniziando il suo lungo pellegrinaggio a piedi (800 chilometri circa).

Un capitano della polizia francese mostra a Tom le spoglie mortali del figlio, ma soprattutto gli spiega la ragione per cui si trovava lì e gli consegna il suo zaino, ancora intatto. L’anziano medico comprende il compito che, involontariamente, Daniel gli ha lasciato: sarà lui a dover percorrere il Cammino e lo farà portando con sé le ceneri del familiare defunto per spargerle a poco a poco lungo il tracciato. Una decisione non facile per lui, abituato agli agi di una vita borghese, ma alla quale non può resistere perché è un’occasione unica per mettersi nei panni di quel figlio ormai perso senza rimedio.

E qui irrompe il protagonista vero del film: il Cammino, con le sue sorprese, i suoi ritmi blandi, la natura, i monumenti, i panorami, le bizzarrie, l’umanità più varia, le ricerche personali più o meno profonde. E soprattutto, entro i limiti personali della storia di ciascuno, la grande esperienza di libertà che esso regala.

Tutto questo la pellicola di Emilio Estevez riesce a evocarlo più che dignitosamente. Complice forse anche il sangue gallego che scorre nelle vene del principale interprete e del regista, padre e figlio nella realtà e discendenti di un emigrato dalla Galizia negli Stati Uniti. Il film, nelle loro intenzioni, è anche un omaggio al padre/nonno e alla sua terra.

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