Storie, attualità e archeologia dal Medio Oriente e dal mondo della Bibbia

Pretesti biblici ai fornelli

Daniele Civettini
14 febbraio 2012
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A tavola con Abramo è un originalissimo ricettario composto da due sacerdoti della diocesi di Milano con la passione per la cucina e per la Sacra Scrittura. L’idea è quella di proporre ricette citate o addirittura descritte con una certa precisione nella Bibbia, o almeno compatibili con il patrimonio culinario mediorientale, corredandole di fotografie per renderle attraenti e appetitose.


In una casseruola capiente soffriggete nell’olio la cipolla, l’aglio e il porro tritati. Quando le verdure imbiondiscono aggiungete la carne di vitello e lasciatela colorire. Dopo averla salata e insaporita con la maggiorana, coprite il tutto con il brodo e il vino e portate a ebollizione. A questo punto abbassate il fuoco e lasciate sobbollire lo stufato per circa un’ora, controllando che il sugo non si restringa troppo e allungandolo eventualmente con altra acqua. Aggiungete la zucca tagliata a pezzi e lasciate bollire per altri trenta minuti, fino a quando la zucca è perfettamente cotta. E così sarete come Abramo, potendo con giustificato orgoglio presentare ai convitati la vivanda con cui egli rifocillò i tre angeli in sembianze di viandanti.

Il «Vitello dell’ospitalità» è uno dei sessanta piatti che compongono A tavola con Abramo (ed. San Paolo), originalissimo ricettario composto da Andrea Ciucci e Paolo Sartor, due sacerdoti della diocesi di Milano con la passione per la cucina e per la Sacra Scrittura. L’idea è quella di proporre ricette citate o addirittura descritte con una certa precisione nella Bibbia, o, nel caso in cui non espressamente citate, almeno compatibili con il patrimonio culinario mediorientale, corredandole di fotografie per renderle attraenti e appetitose e di brevi note che presentino sinteticamente le circostanze, i personaggi e le tematiche spirituali cui si riferiscono i piatti presentati.

E così si può imparare a cucinare il terribile «Bollito al modo di Dio», che l’Onnipotente in persona insegnò al profeta Ezechiele perché raffigurasse il popolo di Israele assediato dai babilonesi, o la proverbiale «Minestra della primogenitura», con le lenticchie, con cui Giacobbe tesaurizzò la fame di Esaù, oppure ancora il «Croccante di Giuda», non l’Iscariota, o il «Pane dolce alla manna», o le conseguenti «Quaglie al modo del deserto», o ancora, per passare alle bevande, al romanticissimo «Succo di melagrana» che riecheggia uno dei passaggi più audaci del Cantico dei Cantici. Naturalmente nella meditazione del Nuovo Testamento domina il pesce; soprattutto il San Pietro del Lago di Tiberiade, quello che il Risorto cucinò alla griglia per i discepoli e che, trovandosi soltanto in Palestina, in questo volume viene sostituito da un più accessibile «pesce di lago».

Quindi, buon appetito. Purché si tenga a mente il detto del Siracide, pieno della sollecitudine paterna di Dio, congruentemente riportato a fondo volume, dopo l’elenco delle leccornie: «Figlio, per tutta la tua vita esamina te stesso, vedi quello che ti nuove e non concedertelo. Non essere ingordo per qualsiasi ghiottoneria e non ti gettare sulle vivande, perché l’abuso dei cibi causa malattie e l’ingordigia provoca le coliche. Molti sono morti per l’ingordigia, chi invece si controlla vivrà a lungo».

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