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Gaza secondo Gybo

Terrasanta.net
2 maggio 2011
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Gaza secondo Gybo
Il logo del movimento giovanile di Gaza.

Tra i giovani della «Primavera araba» che sta scuotendo molti Paesi c'è anche un piccolo gruppo di palestinesi. Il nucleo principale ha preso forma a Gaza e diffonde le sue idee soprattutto via Internet. Giorni fa ha tratteggiato a modo suo la vita quotidiana nella Striscia con un breve testo che abbiamo tradotto per i nostri lettori...


(Milano/g.s.) – La cosiddetta «Primavera araba» che da gennaio di quest’anno sta scuotendo molti Paesi del Nord Africa e del Medio Oriente ha come protagonisti i giovani. Benché abbiano maggiori difficoltà a mobilitarsi rispetto ai loro coetanei di altre nazioni, anche tra la gioventù palestinese vi sono elementi di punta che cercano di esercitare un ruolo propulsivo per il cambiamento.

Il gruppo più noto ha preso forma nella Striscia di Gaza e si è scelto un nome inglese Gaza Youth Breaks Out (Gybo), che potremmo tradurre con «La gioventù di Gaza non ne può più» (letteralmente il verbo break out, si traduce con «esplodere», ma in questo contesto può anche significare «evadere da un carcere», «rompere l’accerchiamento», «prorompere»).

I suoi promotori hanno debuttato pubblicando un Manifesto in Internet tra il dicembre e il gennaio scorso, per chiedere alle fazioni politiche di ritrovare unità di intenti e di operare per una vera emancipazione sociale. Come promesso in quel documento, il 15 marzo i giovani sono venuti allo scoperto con manifestazioni pubbliche indette a Ramallah (in Cisgiordania, dove hanno sede gli uffici centrali dell’Autorità Nazionale Palestinese) e a Gaza, dove Hamas ha reagito con violenza.

Bastonati ma non sconfitti, i giovani di Gybo continuano a diffondere la loro voce nel web. Qualche giorno fa hanno voluto raccontare a modo loro cosa voglia dire vivere a Gaza oggi. Rilanciamo quel breve testo in una nostra traduzione.

***

• A Gaza se critichi Israele, non potrai mai uscire da Gaza.

A Gaza se critichi Hamas, ti chiameranno collaborazionista.

A Gaza se critichi Fatah, non troverai mai un’occupazione.

A Gaza gli unici posti di lavoro disponibili sono il tassista, il contrabbandiere nei tunnel o il politico.

A Gaza il rumore dei droni è più forte del buon senso.

A Gaza il rombo degli F16 scuote le case.

A Gaza la voce del popolo viene messa a tacere.

A Gaza le Ong lacerano con progetti illusori i cuori di chi si è diplomato.

A Gaza Israele – in associazione con le organizzazioni internazionali – ha ridotto le nostre legittime attese alla ricerca di buoni pasto o di lavori temporanei.

A Gaza gli organismi governativi si preoccupano solo dei ristretti interessi politici della fazione che rappresentano.

A Gaza il rilascio di un passaporto lo può ottenere solo chi non fa parte di un gruppo di opposizione.

A Gaza la possibilità di movimento per coloro che hanno grave bisogno di assistenza è sottoposto a restrizioni.

A Gaza i tagli all’energia elettrica fanno parte della vita quotidiana.

A Gaza nelle zone cuscinetto entrano solo gli espatriati internazionali.

A Gaza la maggioranza silenziosa esiste solo nelle statistiche.

A Gaza le persone sono suddivise in due classi: quelli che posseggono tutto e quelli che appartengono a chi possiede tutto.

A Gaza degli uomini mascherati ti chiedono chi sei.

A Gaza Israele abbassa l’interruttore e spegne come e quando vuole, senza che nessuno gli dica di smetterla!

A Gaza hai il diritto di restare in silenzio; qualunque cosa tu dica o faccia può essere usato contro di te nel tribunale della vita.

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