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Una «biblioteca paleocristiana» da prender con le pinze

Terrasanta.net
7 aprile 2011
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Un beduino israeliano ha tra le mani una piccola biblioteca che potrebbe essere appartenuta alle primissime comunità cristiane. Se i codici fossero realmente autentici, la scoperta sarebbe sensazionale. Gli studiosi sono molto cauti. Le autorità giordane, invece, molto meno e ne rivendicano la proprietà.


(Milano/g.s.) – Un beduino con cittadinanza israeliana potrebbe essere in possesso di un vero tesoro. Non parliamo di oro o pietre preziose, ma, forse, di documenti antichissimi e di grande rilievo per la storia del cristianesimo. Per ora gli studiosi guardano a questi reperti con molta, e doverosa, circospezione. Occorrerebbe poterli esaminare e vagliarli attentamente per accertarsi che non siano dei falsi.

Se la loro autenticità risultasse comprovata, rappresenterebbero una scoperta d’importanza paragonabile ai rotoli di Qumran (le pergamene rinvenute causalmente nell’omonima località sulla sponda occidentale del Mar Morto alla fine degli anni Quaranta del secolo scorso).

Si tratta di 70 piccoli volumi composti da lamine metalliche rilegate con un laccio e riportanti varie incisioni. Il possessore, Hassan Saeed, afferma di averli ereditati dai suoi avi e che fan parte del patrimonio familiare da circa un secolo.

Secondo quanto riferisce la stampa internazionale, nel 2009 il beduino ne portò alcuni esemplari a Londra per farli esaminare dallo studioso inglese David Elkington, che ottenne di poterli fotografare e di farne esaminare dei frammenti ad alcuni laboratori.

Gli esiti di quelle prime indagini avrebbero convinto Elkington di aver a che fare con testi risalenti al primo secolo dell’era cristiana. Una convinzione rafforzata in lui dai soggetti raffigurati sulle copertine: una croce, le mura di una città (Gerusalemme?), una stella, una menorah (il candelabro ebraico a sette braccia). Motivi iconografici che, secondo Elkington, andrebbero attribuiti alle primissime comunità di discepoli del Nazareno. Se così fosse, questi volumi rappresenterebbero probabilmente la più antica raccolta di letteratura cristiana mai riportata alla luce.

Ma a riguardo i pareri si dividono e molti studiosi sono pronti a scommettere che si tratti dell’ennesimo falso. Convinte dell’autenticità dei reperti sembrano essere invece le autorità della Giordania, entrate in gioco dopo che Elkington ha raccontato di aver appreso che sarebbero stati rinvenuti in una grotta in territorio giordano. Stando a quanto riportava giorni fa il quotidiano The Jordan Times, il direttore generale del Dipartimento delle antichità del regno hascemita, Ziad Saad, ha dichiarato che il governo di Amman si è mosso per ottenere da quello israeliano la restituzione di un simile patrimonio.

In una conferenza stampa convocata il 3 aprile, Saad ha detto: «Tutte le indicazioni di cui siamo in possesso ci fanno concludere che questi testi provengono da scavi effettuati illegalmente negli ultimi anni in Giordania e che sono poi stati contrabbandati oltre confine».

Se autentici, i testi avrebbero attraversato il fiume Giordano verso oriente nel bagaglio dei membri delle comunità cristiane delle origini, in fuga dalle prime persecuzioni religiose.

Nuove indagini di laboratorio sarebbero in corso sui reperti, ma le autorità archeologiche giordane hanno deciso di rompere gli indugi e dichiarare pubblicamente le loro rivendicazioni quando hanno appreso che Hassan Saeed intenderebbe mettere in vendita i codici.

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