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L’Unrwa propone lo studio della Shoah nelle sue scuole. I palestinesi: no, grazie

Lucia Balestrieri
6 aprile 2011
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L’Unrwa propone lo studio della <i>Shoah</i> nelle sue scuole. I palestinesi: no, grazie
Internati del campo di concentramento di Buchenwald (Germania) in una foto scattata il 16 aprile 1945, cinque giorni dopo l'arrivo degli Alleati e la liberazione.

A sorpresa, alcune settimane fa, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi (Unrwa) ha annunciato che introdurrà nelle sue scuole nei campi profughi, a partire dal prossimo anno scolastico, la storia dell’Olocausto ebraico. La notizia ha suscitato un putiferio di critiche e proteste tra i palestinesi. Rarissimi i favorevoli.


(Milano) – A sorpresa, alcune settimane fa, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi (Unrwa) ha annunciato che, a partire dal prossimo anno scolastico, introdurrà nelle sue scuole nei campi profughi degli approfondimenti sulla storia dell’Olocausto ebraico. La notizia ha suscitato un putiferio di critiche e proteste, destinato a durare a lungo. Hamas ha parlato di «provocazione» e ha assicurato che a Gaza la Shoah non potrà essere studiata.

Il sindacato dei lavoratori arabi dell’Unrwa ha espresso, in una nota di metà marzo, lo sgomento degli insegnanti, degli studenti e dei loro genitori per i progetti dell’organismo Onu , ed ha avvertito che se l’Agenzia non rivedrà i propri programmi «perderà la sua credibilità nell’aiuto umanitario». Infatti anche per l’organizzazione sindacale, l’Olocauto non ha diritto di entrare nelle scuole dell’Unrwa; al contrario, se si vuole arricchire il curriculum scolastico, sarebbe meglio «insegnare il diritto dei rifugiati a rientrare nella loro patria e nelle loro case».

In particolare gli insegnanti hanno annunciato che, qualora il piano non venga ritirato, entreranno in sciopero il prossimo settembre e boicotteranno i libri di testo che parlano di Olocausto.

«I palestinesi sanno cosa è stato l’Olocausto. La domanda da farsi piuttosto è se Israele abbia mai avuto coscienza delle sofferenze inflitte al popolo palestinese» protesta Seray Assi, dottorando in Studi islamici e arabici, in un articolo per il Palestine Chronicle. «Vi è qualche scuola in Occidente, dove si studia la Nakba (la «Catastrofe» dell’esodo forzato palestinese dopo la creazione dello Stato ebraico nel 1948 – ndr)?» si chiede polemicamente.

L’agenzia dell’Onu assicura i servizi scolastici e sanitari ad oltre quattro milioni di profughi palestinesi che vivono in cinque campi in Giordania, Libano, Siria, Cisgiordania e Gaza. «Ci siamo sentiti traditi e umiliati – spiega ancora Seray Assi – da chi ci deve aiutare a far rispettare i nostri diritti».

L’Unrwa, da parte sua, ha spiegato che da tempo ha introdotto nelle scuole di Gaza lo studio della Dichiarazione universale dei diritti umani: la novità è che ora vorrebbe allargare l’orizzonte anche agli eventi storici che hanno portato la comunità internazionale alla Dichiarazione del 1948. È in corso – assicura il portavoce dell’Agenzia, Christopher Gunnes – un processo di consultazione con i diretti interessati.

In campo palestinese non proprio tutti sono contrari. C’è anche qualche voce, al momento assolutamente minoritaria, che invita i propri connazionali a riflettere. Ad esempio Mohammed Dajani Daoudi, fondatore del movimento islamico moderato Wasatia e direttore del dipartimento di studi americani alla Università Al Quds. «Ci sono molte ragioni per sottolineare il perché sia importante, anzi necessario, che gli arabi studino l’Olocausto. E alcune non hanno niente a che vedere con gli ebrei», spiega il docente in un commento scritto a quattro mani con lo studioso ebreo Robert Satioff per l’Herald Tribune. «Tra le tristi realtà di molte società arabe moderne vi è il fatto che agli studenti arabi venga negato il diritto a conoscere la storia, la propria e quella del mondo. Per decenni – prosegue il ragionamento – milioni di arabi hanno vissuto sotto autocrati… Sebbene gli arabi amino lo studio, la scrittura e l’insegnamento della storia, i loro governanti spesso tendono a vedervi una minaccia». «Il risultato – conclude Daoudi – è che interi capitoli della storia sono stati censurati dai governi arabi».

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