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Quando il Turismo non conosce confini

Carlo Giorgi
21 febbraio 2011
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Quando il Turismo non conosce confini
Le due mappe accostate.

Alla Bit 2011, la Borsa internazionale del turismo che si è svolta a Milano dal 17 al 20 febbraio, ancora una volta sono andate in scena le difficoltà del dialogo per la pace in Medio Oriente. Nelle mappe allegate agli opuscoli pubblicitari destinati a turisti e pellegrini, israeliani e palestinesi sembrano ignorarsi reciprocamente.


(Milano) – Alla Bit 2011, la Borsa internazionale del turismo che si è svolta a Milano dal 17 al 20 febbraio, ancora una volta sono andate in scena le difficoltà del dialogo per la pace in Medio Oriente. Infatti, la promozione turistica di Israele da una parte e Autorità Nazionale Palestinese dall’altra – ovvero l’immagine di loro stesse che le due comunità propongono ai turisti – è stata la spia evidente dello stallo che esiste oggi nel processo di pace.

Negli stand di Israele e Palestina, situati in due padiglioni diversi (Israele tra i Paesi europei, Palestina assieme ai Paesi arabi), è stato distribuito ricchissimo materiale di promozione, con una grande parte dedicata ai pellegrinaggi e ai viaggi di taglio religioso in Terra Santa. Ad esempio, l’Ente del turismo israeliano ha lanciato interessante novità di una guida dal titolo Sulle orme della Vergine Maria, un pellegrinaggio in Terra Santa dove viene proposta al pellegrino cristiano una visita in Israele e Territori Palestinesi, con lo sguardo rivolto alla storia di Maria.

Tuttavia, il materiale promozionale generico offerto alle migliaia di visitatori della Bit risulta condizionato dalla distanza politica tra Israele e Autorità Palestinese, distanza che si traduce a volte nella scelta di «cancellare» dalle mappe il contendente, la cui presenza viene forse vista come ostile.

Tra il materiale promozionale distribuito allo stand palestinese, ad esempio, si nota un fascicoletto dal titolo Palestina, guida turistica, a cura del ministero del Turismo e dei Beni storici dell’Autorità Palestinese.

La mappa geografica inserita alla fine della guida è presentata come La mappa storica della Palestina. Sono indicati i nomi degli Stati arabi di Libano, Siria, Giordania ma non Israele; sono segnate in evidenza le grandi città palestinesi come Gerusalemme (Al-Quds), Betlemme, Gerico, Ramallah e Nablus ma le grandi città israeliane, come Tel Aviv, sono appena indicate, con caratteri molto piccoli. Questa grande «Palestina storica» non comprende nel suo territorio il Golan siriano mentre, con una linea azzurra, è segnata la linea fissata dell’armistizio del 1948 tra Cisgiordania e Gaza da una parte e (il non citato) Israele dall’altra.

Diametralmente opposta è la mappa presente in molte degli opuscoli distribuiti dallo stand israeliano. Qui sono segnati solo i confini esterni dello Stato di Israele senza la divisione «interna» tra Israele Cirgiordania e Gaza conseguente all’armistizio del 1948. Le alture del Golan, occupate da Israele nella guerra dei Sei giorni del 1967 e annesse senza l’approvazione dell’Onu, sono segnate all’interno dei confini di Israele. In nessun punto della mappa, infine, si parla di Territori Occupati Palestinesi o di Cisgiordania, ma piuttosto di Samaria e deserto della Giudea. La mappa – facendo riferimento agli Accordi di Oslo del 1993 – indica solo in colore rosa la cosiddetta area A, ad amministrazione palestinese anche per la sicurezza e l’ordine pubblico; e con il colore giallo l’area B, quella di responsabilità palestinese, dove però Israele amministra la sicurezza per i propri cittadini. Così, l’immagine che si ha dei Territori palestinesi è di quattro o cinque piccole enclavi, in un più vasto e omogeneo territorio israeliano.

Ancora una volta sembra che si sia preferito mostrare l’immagine ideale che ciascun contendente ha del suo territorio; immagine però viziata dal sogno impossibile di poterne disporre, semplicemente cancellando il proprio nemico.

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