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Armi al fosforo a Gaza. Ripercussioni sui feti e le donne gravide

17/02/2010  |  Milano
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Armi al fosforo a Gaza. Ripercussioni sui feti e le donne gravide
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L'impiego da parte di Israele di armi al fosforo ed altri ordigni contenenti metalli tossici ha causato un ampio incremento nel numero di neonati affetti da qualche patologia, secondo un articolo pubblicato dal sito Palestine Note. Il ministero della Sanità a Gaza annota che il numero dei feti malformati è raddoppiato in un anno. Ai primi di febbraio Israele ha ammesso per la prima volta l'impiego di bombe al fosforo durante l'Operazione Piombo Fuso. I palestinesi ribadiscono che Gaza continua a «sperimentare una crisi umanitaria e ambientale».


(e.p.) – L’impiego da parte di Israele di armi al fosforo ed altri ordigni contenenti metalli tossici ha causato un ampio incremento nel numero di neonati affetti da qualche forma di patologia, secondo un articolo pubblicato dal sito Palestine Note.

Il testo riferisce che il ministero palestinese della Sanità a Gaza ha diffuso vari comunicati sulle conseguenze dei disastri umanitari e ambientali nel territorio e rimarca «l’impiego israeliano di armi contenenti metalli tossici e cancerogeni, altamente nocivi per i feti».

Ahmed Alashi, direttore delle pubbliche relazioni e dei rapporti coi media del ministero della Sanità a Gaza, annota che la casistica di feti malformati è numericamente raddoppiata nel giro di un anno. «Nel 2009, dopo l’aggressione israeliana a Gaza, erano 26 i casi di feti con anormalità nella Striscia di Gaza, mentre nel 2010 è salito a 48», ha riferito a Palestine Note.

Il Palestine News Network ha confermato il 28 gennaio scorso che, secondo vari rapporti medici, si registra anche un significativo incremento di aborti spontanei tra le gestanti dopo le operazioni militari del gennaio dello scorso anno.

Ai primi di febbraio Israele ha censurato due ufficiali del suo esercito per aver sparato proiettili d’artiglieria al fosforo bianco su un complesso delle Nazioni Unite durante l’Operazione Piombo Fuso. È stata la prima ammissione pubblica di atti illeciti da parte di Israele, che ha ritenuto il generale di brigata Eyal Eisenberg e il colonnello Ilan Malka colpevoli «di abuso d’autorità tale da mettere a repentaglio la vita altrui».

Gli israeliani rispondono così al Rapporto Goldstone, delle Nazioni Unite, sulla guerra di Gaza. Un rapporto che ritiene tanto Israele quanto Hamas responsabili di crimini di guerra e di possibili crimini contro l’umanità e li invita a indagare sull’operato delle loro forze.

I militari israliani hanno ricevuto «una bacchettata sulle mani», ma secondo il Times di Londra, che riferisce le parole di un ufficiale delle forze di Difesa israeliane, un’indagine interna potrebbe portare a successive misure disciplinari contro i soldati coinvolti nei 22 giorni di offensiva.

Dopo le operazioni di Gaza, il Comitato di ricerca sulle nuove armi (Nrwc), un gruppo basato in Italia di scienziati e medici che studiano gli effetti delle armi non convenzionali e le ripercussioni a medio termine sui residenti in aree affette da conflitti, ha rilevato che sono stati effettivamente impiegati esplosivi contenenti fosforo bianco e un elemento metallico ad alto contenuto cancerogeno. Ulteriori analisi sulle aree bombardate hanno riscontrato la presenza di metalli dannosi per i sistemi nervoso e riproduttivo degli esseri umani.

Palestine Note riferisce che la Fondazione Al Damer per i diritti umani ha condotto studi che dimostrano come le aree circostanti Jabaliya, Beit Hanoun e Beit Lahiya siano le più vulnerabili dal punto di vista delle patologie fetali e delle minacce alla salute. Sono aree, queste, in cui l’intervento armato israeliano si è concentrato più che altrove durante l’Operazione Piombo Fuso, facendo particolare uso di ordigni contenenti materiali tossici o radioattivi.

Il ricorso ad armi al fosforo in aree densamente popolate da civili è ritenuto illegittimo, ma la comunità internazionale non si è mossa per contestarne l’impiego a Israele. I palestinesi, come riporta Palestine Note, ribadiscono che Gaza continua a «sperimentare una crisi umanitaria e ambientale, e che il suo milione e mezzo di abitanti rimane esposto a rischi».

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