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La Chiesa e Israele faccia a faccia

13/08/2007  |  Milano
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La Chiesa e Israele faccia a faccia

L'ebreo Gesù di Nazareth conclude la sua vicenda terrena inchiodato su una croce. I suoi seguaci ne annunciano la resurrezione. Il popolo dell'Alleanza si spacca. Una parte minoritaria crede che in lui si sono realizzate le promesse e lo riconosce Figlio di Dio. Un'altra parte, maggioritaria, dice di no. Seguono le espulsioni, anche violente, dalle sinagoghe, la predicazione di Paolo ai pagani, l'Editto di Costantino. Segue la storia dei difficili (e spesso ostili) rapporti fra gli ebrei in diaspora e la cristianità trionfante. Fino ai giorni nostri. Di questo «nodo» parla, con serietà e rispetto, il volume di Pier Francesco Fumagalli che qui segnaliamo.


L’ebreo Gesù di Nazareth conclude la sua vicenda terrena inchiodato su una croce. I suoi seguaci – pur fra tentennamenti – ne annunciano la resurrezione. Il popolo dell’Alleanza si spacca. Una parte minoritaria crede che in lui si sono realizzate le promesse e lo riconosce Figlio di Dio. Un’altra parte, maggioritaria, dice di no. Seguono le espulsioni, anche violente, dalle sinagoghe, la predicazione di Paolo ai pagani, l’Editto di Costantino. Segue la storia dei difficili (e spesso ostili) rapporti fra gli ebrei in diaspora e la cristianità trionfante. Fino ai giorni nostri.

Di questo «nodo» parla, con serietà e rispetto, il volume Roma e Gerusalemme. La Chiesa cattolica e il Popolo d’Israele di Pier Francesco Fumagalli, dottore dell’Ambrosiana, consultore della Commissione della Santa Sede per i rapporti con l’ebraismo, cultore di testi ebraici, arabi e cinesi.

È la storia della divergenza/convergenza fra due nemici amatissimi, secondo la visione di san Paolo che considerava i giudei «nemici quanto al vangelo» eppure «prediletti quanto alla elezione». E partendo dalla comune ascendenza di padre Abramo, si racconta delle tribù disperse di Israele, di Maimonide e di Spinoza, dell’irruzione dell’islam e del misticismo medievale, della nascita dei ghetti e della loro involuzione autoritaria e antisemita, della predicazione del disprezzo, dei pogrom e della Shoà. Si arriva così alla presa di coscienza, da parte cattolica, dello scandalo e della insostenibilità di tutto questo, esemplificati nella abolizione, da parte di Giovanni XXIII, della preghiera del Venerdì Santo «per i perfidi giudei».
Il concilio Vaticano II dirà parole nuove, ma è con Giovanni Paolo II che si fanno reali passi avanti, attraverso studi storici e clamorosi «mea culpa». Arriva finalmente la dichiarazione, impegnativa, che la missione di Israele nella storia della salvezza permane, sia pure in modo misterioso. Solo alla fine dei tempi si saprà la verità tutta intera.

Ma nella Postfazione il rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, denuncia alcune ambiguità. Ricorda che nel febbraio 2006 (éra Ratzinger, dunque) in una «preghiera dei fedeli» ufficiale, compare la frase «Per il popolo ebreo, perché comprenda sempre più la novità e la pienezza recata da Cristo, messia e salvatore di tutti gli uomini». Sembra tornata la antica tendenza cattolica di «convertire»- magari in maniera soft – gli ebrei e il Popolo di Israele: come dire, possibile che non riconoscano che il giudaismo si è realizzato in Gesù?

Che fare, allora? Collaborazione e dialogo sì; impossibile forse il confronto teologico, perché la Prima Alleanza (mai revocata) e la Nuova Alleanza hanno legittimità e fondamento specifici. Già sant’Ambrogio parlava di Rota intra rotam, con raggi che rendono le due realtà distinte e collegate.

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