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La Cina di Xi Jinping non abbandona i palestinesi

Giuseppe Caffulli
16 giugno 2023
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La Cina di Xi Jinping non abbandona i palestinesi
A Pechino incontro tra i presidenti Xi Jinping e Mahmoud Abbas, accompagnati dalle loro delegazioni il 14 giugno 2023. (foto Presidenza ANP)

Il presidente palestinese Mahmoud Abbas è in questi giorni in visita a Pechino, dove ha incontrato le massime cariche della Repubblica popolare. I cinesi assicurano il loro impegno per una soluzione del conflitto fino ad ora introvabile.


Dal 13 al 16 giugno il presidente dell’Autorità palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) è in visita a Pechino dove incontra le massime cariche dello Stato. Il presidente cinese Xi Jinping ha ribadito il suo impegno affinché la Palestina diventi «membro a pieno titolo» delle Nazioni Unite. Xi Jinping aveva già espresso la posizione di Pechino durante un vertice con i Paesi arabi in Arabia Saudita nel dicembre scorso. Quest’ultima dichiarazione giunge mentre la Cina lavora alacremente per rafforzare il suo ruolo di Paese mediatore in Medio Oriente, oltre che nella delicata partita tra Russia e Ucraina.

In Arabia Xi aveva incontrato anche Abbas e si era impegnato a «lavorare per una soluzione rapida, giusta e duratura alla questione palestinese».

Da allora Pechino si è mossa su vari fronti. Il primo risultato dell’attivismo diplomatico cinese è stato, a marzo, il ripristino delle relazioni diplomatiche tra Iran e Arabia Saudita, nemici storici in una regione dove gli Stati Uniti sono stati per decenni il principale ago della bilancia negli equilibri di potere.

Tre punti cardine per una soluzione

Secondo l’agenzia ufficiale cinese Xinhua, incontrando Mahmoud Abbas nei giorni scorsi il presidente Xi Jinping ha elencato tre punti cardine per una soluzione della questione palestinese.

Innanzitutto va prevista la creazione di uno Stato indipendente di Palestina che goda di piena sovranità sulla base dei confini del 1967 e con Gerusalemme est come capitale (ma Israele rigetta una simile prospettiva, già più volte ventilata da altri – ndr).

In secondo luogo – dice Pechino –, i bisogni economici e di sussistenza della Palestina dovrebbero essere soddisfatti e la comunità internazionale deve intensificare l’assistenza allo sviluppo e gli aiuti umanitari alla Palestina.

Infine, per Xi Jinping è importante mantenere la giusta direzione dei colloqui di pace. Lo status quo storico dei luoghi santi di Gerusalemme dovrebbe essere rispettato e dovrebbero essere evitate parole e azioni eccessive e provocatorie. Occorre convocare una conferenza di pace internazionale su larga scala, in modo da creare le condizioni per la ripresa dei colloqui di pace…

Verso un partenariato strategico

È la quinta volta che l’88enne leader palestinese visita Pechino (precedenti viaggi ebbero luogo nel 2005, 2010, 2013 e 2017). E in questa occasione, a dar credito alle fonti di stampa, torna con qualche risultato anche sul piano economico. La Cina si è detta «pronta a rafforzare il coordinamento e la cooperazione con la parte palestinese». Per questa ragione è stata annunciata congiuntamente l’istituzione di un partenariato strategico Cina-Palestina, che rappresenterà un’importante pietra miliare nella storia delle relazioni bilaterali.

Pechino, nello schierarsi apertamente con la Palestina, cerca di rafforzare i suoi legami con il mondo arabo in Medio Oriente, sfidando l’influenza degli Stati Uniti. Inutile dire che a Washington l’attività diplomatica (e la penetrazione economica) di Pechino non è affatto ben vista.

Il ministro degli Esteri cinese Qin Gang, già nell’aprile scorso, aveva fatto sapere ai suoi omologhi israeliani e palestinesi che la Cina è disposta a favorire in ogni modo i negoziati di pace.

Trovare una soluzione duratura alle tensioni israelo-palestinesi potrebbe rivelarsi un compito improbo anche per Pechino, che però sta mettendo sul tavolo carte pesanti anche nel rapporto con Israele, nel campo della realizzazione di infrastrutture e negli accordi per l’afflusso di nuovi lavoratori cinesi, destinati – insieme agli indiani – a rimpiazzare soprattutto nell’edilizia la manodopera palestinese.


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