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Una terra e un conflitto oltre gli stereotipi

Manuela Borraccino
12 luglio 2022
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Una terra e un conflitto oltre gli stereotipi

Nuova tappa del viaggio dello storico Lorenzo Kamel entro i processi di appropriazione e di semplificazione della memoria legata alla nascita del moderno Stato di Israele. Un saggio che getta luce su equivoci e stereotipi.


Correva l’anno 1875 e il primo ministro britannico era Benjamin Disraeli (1804-1881), un leader destinato a cambiare i destini del Medio Oriente e non perché fosse nato in una famiglia ebraica sefardita di origini italo-spagnole e si fosse convertito alla fede anglicana a 12 anni, divenendo poi uno dei più stretti collaboratori della regina Vittoria (1819-1901). A Disraeli infatti, che aveva visitato la Terra santa nel 1830-31, interessavano poco i luoghi biblici. Il suo obiettivo nel portare la Palestina al centro delle strategie britanniche era lo sviluppo imperiale della Gran Bretagna.

Quando a Londra giunse voce che il khedivé d’Egitto Isma‘il Pasha (1830-1895) fosse in bancarotta e quindi disponibile a cedere le sue quote del Canale di Suez, inaugurato sei anni prima dopo esser costato la vita a 125mila lavoratori egiziani e il doppio delle risorse economiche previste, Disraeli intuì come fosse un’occasione irripetibile per assicurarsi il controllo di una delle vie d’accesso principali all’impero di Sua Maestà, cinque settimi del quale erano a Oriente del Canale. Non c’era altra scelta che rivolgersi al barone Lionel de Rothschild (1808-1879), suo amico e confidente fin dall’adolescenza, per ottenere subito i quattro milioni di sterline richiesti dal khedivé egiziano per l’acquisto delle sue quote, e poter così ovviare sia alla segretezza dell’operazione sia alla mancanza di tempo. «Quando ti servono i soldi?» chiese Rothschild al segretario privato del premier, Montagu Corry. «Domani», rispose Corry. «Quali garanzie puoi offrire?» incalzò il banchiere. «Il governo britannico» replicò Corry. «Li avrai» concluse Rothschild.

Il dialogo memorabile che sancì uno degli snodi cruciali della storia d’Egitto, della Palestina e della monarchia britannica è tra le pagine scintillanti di Terra contesa. Israele, Palestina e il peso della storia, nuova fatica dello storico Lorenzo Kamel intento a decostruire una serie di cliché e false certezze su come si sia arrivati all’assetto odierno e ai nodi irrisolti del conflitto israelo-palestinese.

Imperialismo culturale, antisemitismo, ragioni umanitarie, influenza del cosiddetto «orientalismo biblico»: l’accademico torinese ricostruisce il peso dei diversi fattori che portarono le autorità britanniche ad investire in modo crescente sulla Palestina che nell’Ottocento faceva parte del Bilad-al-Sham o Grande Siria, ma che già allora acquisiva una sempre più marcata identità nazionale. Nel 1923, argomenta citando un articolo di uno studioso palestinese, la Palestina veniva definita «una nazione che è stata per molto tempo avvolta in un sonno profondo» prima di essere «destata dalla Prima guerra mondiale, sconquassata dal movimento sionista e offesa dalla politica illegale [del governo britannico]».

Illuminanti le pagine che ricostruiscono i meccanismi che resero possibile agli emigrati ebrei l’acquisizione delle terre dal 1890 nell’arretratezza politica e amministrativa del moribondo Impero ottomano, e di come la progressiva espropriazione fu costruita anche a partire dalla percezione che le potenze coloniali avevano della Palestina e di chi l’abitava.

Domanda cruciale: il sionismo, nelle sue diverse declinazioni, fu una propaggine del colonialismo di stampo europeo o un movimento di rinascita nazionale sulla falsariga dei moti risorgimentali dell’Europa dell’Ottocento? Con l’ausilio di un imponente bagaglio storiografico, Kamel conduce il lettore alle radici degli accordi Sykes-Picot del 1916 e della Dichiarazione Balfour del 1917 sulla creazione in Palestina di un focolare nazionale per il popolo ebraico attraverso la quale, come notò molti anni dopo il diplomatico svedese Folke Bernadotte, «una nazione prometteva ad un’altra il paese di una terza».

Tra gli episodi controversi menzionati nel volume c’è, nel 1921, la nomina del 24enne Haj Amin al Husayni a «Gran Muftì della Palestina», un incarico che, in quei termini, non era esistito prima e per il quale il prescelto – di fatto imposto dalla Gran Bretagna contro il parere dei notabili palestinesi – non aveva le qualifiche e la statura. Una figura, la sua, che per la nota alleanza con Adolf Hitler ancora oggi alimenta la propaganda di alcuni circoli contro i palestinesi. Proprio per questo, nota l’intellettuale Sari Nusseibeh, oggi ci sarebbe bisogno di veder nascere «una nuova storiografia palestinese», che possa analizzare criticamente le figure e gli aspetti che in questa guerra di narrative sono stati strumentalizzati. 

All’ossessione per la memoria Kamel dedica le ultime, significative pagine del suo saggio. L’accademico torinese racconta come nei diversi anni trascorsi a Gerusalemme e in Cisgiordania abbia avuto accesso sia agli archivi israeliani sia a quel che rimane della scarsa documentazione palestinese, in gran parte trafugata, andata persa o distrutta nel 1948 e la cui proprietà è rimasta per lungo tempo privata, mentre oggi si sta cercando di mettere in salvo tutto quel che resta, come recita il titolo di un celebre saggio dello storico Walid Khalidi. È l’obiettivo tra l’altro delle numerose iniziative para-archivistiche (come il sito PalestineRemembered, creato nel 1999 per unire fonti primarie a immagini che ritraggono i villaggi palestinesi prima della Nakba). Il fatto è che, come nota l’ex premier palestinese e accademico Rami Hamdallah, in contesti come quello palestinese l’istruzione, gli archivi, le biblioteche «sono la base di tutto: sono strumenti di sopravvivenza». Perciò bisogna assolutamente sforzarsi, chiosa Kamel, di «disimparare per reimparare», come raccomandò Mark Twain nel celebre viaggio del 1867: solo così possiamo liberarci dalle fossilizzazioni ed avvicinarci alla stratificata complessità di un conflitto che da oltre un secolo tiene banco nell’attualità internazionale.


Lorenzo Kamel
Terra contesa
Israele, Palestina e il peso della storia
Carocci, 2022
pp. 340 – 29,00 euro

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