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Diritto internazionale? Sì, ma del più forte

Fulvio Scaglione
10 novembre 2017
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Ormai è poco più che una finzione. Il diritto internazionale non esiste davvero, a dispetto di convenzioni e trattati. Lo dimostrano i fatti in Siria, Crimea, Kosovo, Iran, Iraq...


Un fantasma si aggira per il mondo ed è quello del diritto internazionale. Se ne parla molto anche se, palesemente, non esiste più. Per carità, codici e trattati fin che se ne vuole. Ma nella realtà opera un solo diritto: quello del più forte.

Se proviamo a mescolare un po’ di esempi, belli e brutti, vediamo che il risultato è sempre quello. In Siria c’è la guerra e il governo di Damasco, ha chiamato al proprio fianco l’alleato russo e quello iraniano. Questa, per il teorico diritto internazionale, sarebbe un’operazione legittima. Ma nella guerra di Siria sono presenti e attivi da anni anche altri Paesi: Turchia e Usa, per fare solo due esempi, hanno truppe sul territorio siriano e, anzi, vantano pubblicamente di aver “liberato” questa o quell’area, ultimo caso Raqqa, l’ex capitale del Califfato. Questo, secondo il diritto internazionale, sarebbe invece illegittimo.

Proseguiamo? Negli anni Novanta si volle far nascere il Kosovo, Stato inventato dal nulla dopo la demolizione della Federazione jugoslava. Fu un’operazione politica guidata dalla Casa Bianca, entusiasticamente appoggiata da decine di altri Paesi (sono 115 quelli che riconoscono il nuovo Stato). Tanta mobilitazione veniva giustificata allora dalla persecuzione dei kosovari a opera dei serbi. Giusto. Ma dopo l’indipendenza, proclamata nel 2008, i kosovari hanno avviato una pulizia etnica forse meno cruenta di quella subita a suo tempo ma assai più efficace: serbi, montenegrini e gitani sono stati di fatto espulsi dal Paese. Non uno dei 40 mila serbi prima della guerra residenti nella capitale Pristina ha potuto far ritorno. Ma va bene così.

La Crimea è l’esempio opposto. La Russia, sfruttando gli eventi in Ucraina, l’ha riannessa e nessuno ha approvato. Anzi, contro Mosca sono state decise sanzioni economiche pesanti e la Russia è stata espulsa dal G8. Risultato? Zero. La Crimea è diventata parte della Russia e tale resterà.

L’ultimo caso, non meno clamoroso. Nel 2015 il presidente Usa Barack Obama ha siglato con l’Iran (ma anche con l’Onu, la Ue e la Russia) un accordo per bloccare la corsa al nucleare militare di Teheran. Grande plauso del mondo con pochissime eccezioni: di fatto, solo l’Arabia Saudita e Israele criticarono quell’accordo. Lo Stato ebraico con un argomento curioso: questo patto, dicevano i suoi politici, non elimina ma al massimo rinvia la costruzione della bomba atomica iraniana. Cosa di cui proprio gli israeliani avrebbero dovuto essere contenti, visto che già da almeno dieci anni spiegavano al mondo che l’Iran era vicino, vicinissimo alla bomba, che avrebbe raggiunto entro quell’anno, al massimo in quello seguente. Con tutta quell’ansia, un rinvio non era una buona cosa?

Ma non importa. Resta il fatto che un altro presidente Usa, Donald Trump, poche settimane fa ha dichiarato nullo l’accordo perché non rispettato dall’Iran. Peccato che la Ue e le Nazioni Unite dicano esattamente il contrario, e cioè che l’Iran rispetta le clausole fissate dall’accordo del 2015. Qual è il risultato? Che per la maggior parte del mondo non c’è problema con l’accordo, va tutto bene. Federica Mogherini, responsabile della politica estera e di sicurezza della Ue, ha addirittura dichiarato: «Tutte le parti stanno attuando pienamente l’accordo sul nucleare iraniano, come certificato dall’Aiea (l’Agenzia nucleare dell’Onu – ndr)». Ma il gigante americano dice il contrario e se ne impippa del resto del mondo e del famoso diritto internazionale.

Quindi, siamo seri, smettiamola di far finta che un diritto esista. Se esistesse, George Bush e Tony Blair, che nel 2003 invasero l’Iraq facendo finta che Saddam fosse dotato di armi di distruzione di massa, e con quella decisione fecero morire centinaia di migliaia di persone, sarebbero finiti sotto processo come Milosevic. Invece fanno conferenze, vanno alle parate e raccontano pure barzellette. Una comincia così: «La sai l’ultima sul diritto internazionale?».

 


 

Perché Babylon

Babilonia è stata allo stesso tempo una delle più grandi capitali dell’antichità e, con le mura che ispirarono il racconto biblico della Torre di Babele, anche il simbolo del caos e del declino. Una straordinaria metafora del Medio Oriente di ieri e di oggi, in perenne oscillazione tra grandezza e caos, tra civiltà e barbarie, tra sviluppo e declino. Proveremo, qui, a raccontare questa complessità e a trovare, nel mare degli eventi, qualche traccia di ordine e continuità.

Fulvio Scaglione, nato nel 1957, giornalista professionista dal 1981, è stato dal 2000 al 2016 vice direttore di Famiglia Cristiana. Già corrispondente da Mosca, si è occupato in particolare della Russia post-sovietica e del Medio Oriente. Ha scritto i seguenti libri: Bye Bye Baghdad (Fratelli Frilli Editori, 2003), La Russia è tornata (Boroli Editore, 2005), I cristiani e il Medio Oriente (Edizioni San Paolo, 2008), Il patto con il diavolo (Rizzoli, 2016). Prova a raccontare la politica estera anche in un blog personale: www.fulvioscaglione.com

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