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Burigana: Il viaggio del Papa in Turchia ha ridato slancio al dialogo

Carlo Giorgi
5 dicembre 2014
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Burigana: Il viaggio del Papa in Turchia ha ridato slancio al dialogo
Papa Francesco e il patriarca ecumenico Bartolomeo I il 30 novembre scorso a Istanbul. (foto: Patriarcato ecumenico di Costantinopoli/N. Manginas)

«Nel dialogo tra le Chiese ormai siamo su una strada di unità da cui non si può tornare indietro. E rispetto all’Islam sono sempre più chiare le battaglie comuni su cui cercare alleanze con il mondo musulmano». Riccardo Burigana, docente di Storia ecumenica della Chiesa presso l’Istituto di studi ecumenici di Venezia, traccia un bilancio positivo del recente pellegrinaggio di Papa Francesco in Turchia.


«Nel dialogo tra le Chiese ormai siamo su una strada di unità da cui, nonostante le paure del presente e le incomprensioni del passato, non si può tornare indietro. E rispetto all’Islam, dopo questo viaggio di Papa Francesco, sono sempre più chiare le battaglie comuni su cui cercare alleanze con il mondo musulmano: libertà religiosa, rispetto dei diritti umani e salvaguardia del creato». Riccardo Burigana, docente di Storia ecumenica della Chiesa presso l’Istituto di studi ecumenici di Venezia, traccia un bilancio positivo del recente pellegrinaggio di Papa Francesco in Turchia (28-30 novembre 2014) e del suo incontro con il patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo. Un viaggio importante per i gesti e le parole del Pontefice in favore delle minoranze, del dialogo con le Chiese non cattoliche; del confronto con l’Islam.

Bartolomeo che bacia il capo chino di Francesco è diventata la nuova icona dell’abbraccio tra le Chiese; immagine della possibile unità tra cristiani. Quale novità e quale impulso ha aggiunto l’incontro di Istanbul al movimento ecumenico?
Gli incontri ecumenici di Istanbul tra Francesco e il patriarca Bartolomeo sono stati dei passi significativi non solo nei rapporti tra Roma e Costantinopoli ma per l’intero movimento ecumenico. Le parole e i gesti di cui sono stati protagonisti indicano, con sempre maggiore chiarezza, l’idea che i cristiani devono concretamente operare per la rimozione dello scandalo delle divisioni per rendere più efficace la missione della Chiesa nel mondo. Si tratta di un’idea che ha le sue radici nelle parole di Cristo, che indica una prospettiva dalla quale, nonostante le paure del presente e le incomprensioni del passato non si può tornare indietro! Nel XXI secolo i cristiani hanno intrapreso la strada verso la comunione piena e visibile, come hanno ricordato a tutti Francesco e Bartolomeo, in mille modi: coi gesti come il bacio sul capo; con le parole nella preghiera ecumenica di sabato e nella divina liturgia dedicata a sant’Andrea domenica; con la Dichiarazione comune, animata da uno spirito che non tende a rimuovere o a ignorare le difficoltà che ancora esistono, ma che offre motivi di speranza e di gioia nella condivisione dei doni che i cristiani hanno ricevuto. In questa prospettiva sono state particolarmente efficaci alcune espressioni di papa Francesco che ha voluto ribadire la natura della partecipazione della Chiesa cattolica al cammino ecumenico, cioè il vivere la comunione, sostenendo l’importanza del dialogo teologico e al tempo stesso indicando la necessità di trovare delle forme, sempre nuove, con le quali testimoniare nella quotidianità l’amore di Cristo. In particolare, anche nel viaggio in Turchia, e non solo negli incontri con il patriarca Bartolomeo, il Papa ha sottolineato che i cristiani devono farsi costruttori di pace, denunciando e condannando ogni forma di violenza. In quest’opera di costruzione della pace essi devono cercare e trovare la collaborazione di tutti gli uomini e le donne di buona volontà, a cominciare dalle altre religioni, e in particolare dalle comunità islamiche.

La Turchia è un Paese profondamente musulmano, dove i cristiani sono solo un’esigua minoranza. Il Papa ha incontrato personalità religiose e politiche islamiche. Che parole ha speso rispetto al tema dei diritti delle minoranze?
Su questo tema il Papa ha parlato soprattutto nel suo incontro al Dipartimento agli Affari religiosi, al Diyanet, il 28 novembre, quando ha affrontato la questione del ruolo delle religioni nella lotta contro ogni forma di discriminazione, parlando della condizione del Medio Oriente. Il Papa ha chiesto una collaborazione sempre più intensa tra i leader religiosi, riconoscendo che già si fa qualcosa, ma è andato oltre, ponendo la questione di come a questa denuncia «occorre far seguire il comune lavoro per trovare adeguate soluzioni» in modo che ci possa essere veramente, ovunque, la libertà religiosa. Si è trattato di un passaggio particolarmente significativo pensando alla situazione che vive, in questo momento, la Turchia con la guerra alle porte, un passato con il quale fare ancora pienamente i conti, soprattutto riguardo alle vicende della prima metà del Ventesimo secolo, con un’economia in tumultuosa crescita. Strettamente legato a questo tema è quello dell’accoglienza di coloro che fuggono, in ogni modo, dalle terre segnate dalle drammatiche vicende di questi mesi. Il Papa ha riconosciuto alla Turchia il merito di aver dato una qualche assistenza a uomini, donne e bambini che arrivano così numerosi nel Paese, spesso come una tappa, di un viaggio più lungo alla ricerca di un luogo dove poter vivere e non solo sopravvivere.

Quali prospettive si aprono, oggi, per il dialogo islamo-cristiano?
Non è facile rispondere a questa domanda per molte ragioni, tra le quali ne voglio evocare almeno una. Noi dovremmo parlare in realtà di dialoghi islamici-cristiani, al plurale, perché, come ci sono tanti Islam, così nel cristianesimo, su questo aspetto fondamentale per il presente e, soprattutto, per il futuro di pace, ci sono sensibilità e posizioni diverse. Talvolta all’interno della stessa Chiesa e della stessa comunità locale. Il dialogo della Chiesa cattolica con il mondo islamico ha una storia pluridecennale, che si è venuta rinnovando e ampliando negli ultimi anni, quando si sono aperte nuove strade e nuove prospettive. Non sono mancate, spesso a livello locale, anche occasioni di tensioni e di polemiche, ma queste vanno ricondotte a delle situazioni particolari, sulle quali c’è tanto da lavorare per costruire una cultura dell’incontro, dell’accoglienza e del dialogo come Papa Francesco ha invitato a fare tante volte in questi mesi. In questa ottica la «riconciliazione delle memorie», tanto cara a Giovanni Paolo II, e la definizione di percorsi di formazione per la conoscenza dell’altro, sono due aspetti centrali e irrinunciabili se vogliamo radicare il dialogo tra la Chiesa cattolica e il mondo islamico sulla roccia e non affidarlo alla sabbia del momento. In questo passaggio, a mio avviso, la Chiesa cattolica ha una responsabilità particolare: la sua opera per la costruzione del dialogo con l’Islam gioca un ruolo fondamentale nella rimozione di perplessità e timori in tanti ambienti. Si tratta di una responsabilità che deve incoraggiare a superare le difficoltà contingenti, che non sono poche, per costruire l’armonia tra popoli e culture fondandola sul dialogo, sulla libertà religiosa, sul rispetto dei diritti umani, sulla salvaguardia del creato. Da questo punto di vista mi sembra particolarmente significativo il fatto che, il 2 dicembre, all’indomani della sua visita in Turchia, il Papa abbia firmato insieme a tanti altri leader religiosi una dichiarazione di condanna del «traffico degli esseri umani» rilanciando in questo modo il ruolo che le religioni possono e devono avere per sconfiggere la violenza e per vivere la pace.

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