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Attentati vicino a due moschee in Libano: si aggrava il conflitto tra sciiti e sunniti

Terrasanta.net
23 agosto 2013
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Attentati vicino a due moschee in Libano: si aggrava il conflitto tra sciiti e sunniti
Il fumo dell'attentato del 15 agosto si alza sulla città di Beirut

Nelle ultime settimane il Paese dei cedri è stato testimone suo malgrado di numerose gravi azioni terroristiche: nel primo pomeriggio di oggi sono esplose due bombe nella città di Tripoli, causando almeno 20 morti e 200 feriti. Il 15 agosto e il 9 luglio due autobomba sono esplose a Beirut nel quartier generale di Hezbollah, lasciando decine di morti e feriti.


(Milano/c.g.) – Due bombe mortali sono esplose oggi causando una strage, al temine della preghiera del venerdì nei pressi di due moschee, nella città di Tripoli, in Libano. Gli ordigni avrebbero causato, secondo un primo bilancio, almeno 20 morti e 200 feriti. Tripoli, la seconda città del Paese per dimensioni, è da mesi teatro di violenti scontri tra la maggioranza sunnita e la minoranza alawita della popolazione locale.

Le due bombe di oggi, tuttavia, sono il segno che l’intero Libano starebbe scivolando in una pericolosa «guerra settaria», fatta di sanguinosi attentati terroristici sferrati da miliziani sunniti da una parte e miliziani sciiti dall’altra.

Le bombe di oggi avrebbero avuto come obiettivo inermi cittadini libanesi di religione sunnita. Invece altri due recenti attentati, quelli del 15 agosto e del 9 luglio scorso, hanno avuto come obiettivo libanesi di religione sciita, essendo avvenuti nel quartiere roccaforte del movimento sciita Hezbollah, a Beirut. Nell’attentato del 15 agosto, un’autobomba causò una strage: 27 morti e oltre 300 feriti; nell’attentato del 9 luglio, invece, avvenuto simbolicamente il primo giorno di ramadan, solo per miracolo si sono contati «solo» 50 feriti.

Qassem Qassir, esperto di movimenti islamici intervistato dal quotidiano libanese The Daily Star, spiega come negli ultimi due anni, parallelamente alla guerra in Siria, in Libano sia cresciuta la presenza di movimenti estremisti opposti a Hezbollah. L’aumento del fondamentalismo sunnita in Libano sarebbe stato una reazione volta a «equilibrare» l’impegno militare di Hezbollah in Siria, a fianco del presidente Bashar al Hassad. La situazione in Libano è ormai così grave che il generale Jean Kahwaji, capo dell’esercito libanese, mercoledì ha voluto dichiarare alla stampa che «l’esercito è impegnato in una guerra totale contro il terrorismo. Per mesi abbiamo dato la caccia a una cellula terroristica – ha rivelato Kahwaji – impegnata a preparare autobomba da far esplodere in quartieri residenziali», ha dichiarato riferendosi all’attentato del 15 agosto scorso. «La cosa grave è che l’azione di questi terroristi – ha continuato Kahwaji – non è tanto indirizzata a una regione o a una singola comunità ma punta a provocare tensioni settarie in differenti regioni». I servizi di sicurezza hanno poi rivelato che un libanese e due palestinesi sono stati arrestati con l’accusa di preparare un’autobomba carica di 250 kg di esplosivo; auto che progettavano di far esplodere nella regione di Naameh, a sud di Beirut.

Proprio dalla regione di Naameh ieri sono stati lanciati quattro missili katiuscia verso Israele, che fortunatamente non hanno causato vittime. Come risposta Israele ha bombardato all’alba di oggi una base del Fronte popolare per la liberazione della Palestina – Comando Generale, organizzazione leale al presidente siriano Bashar al Hassad e quindi al movimento sciita Hezbollah.

Diversi osservatori, tuttavia, pensano che la responsabilità di questi missili non sia da attribuire al fronte armato sciita ma a quello sunnita, che opererebbe in Libano con cellule terroristiche simili a quelle di Al Qaeda. Un editoriale del quotidiano israeliano Yedioth Ahronoth suggerisce l’ipotesi che i missili katiuscia di ieri siano stati lanciati verso Israele da forze della Jihad internazionale, cioè da terroristi di ispirazione sunnita, nemici di Hezbollah, che avrebbero raggiunto così due obiettivi: da una parte colpire Israele; dall’altra provocare la sua reazione violenta contro i nemici di Hezbollah.

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