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Sette luci per Maria

Giuseppe Caffulli
17 maggio 2013
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Sette luci per Maria

Tra i tanti approcci alla figura della madre di Dio ci piace segnalare quello di Giancarlo Airaghi, cantautore milanese, che ha edito presso le Paoline Terra accogliente. Trattandosi di un cantautore, il suo modo di raccontare Maria è ovviamente in musica e parole, a partire dal contesto ebraico nel quale la Vergine è nata e cresciuta. Ne esce un compact disk decisamente originale.


Di opere su Maria ne esiste nelle librerie una copiosa messe. Si tratta di saggi d’esegesi, di spiritualità. Qualche autore cerca di indagare la vita della Vergine in forma di romanzo o calandosi nella cultura dell’ebraismo del tempo di Gesù. Tra i tanti approcci alla figura della madre di Dio ci piace segnalare quello di Giancarlo Airaghi, cantautore milanese, che ha recentemente edito presso le Paoline Terra accogliente.

Trattandosi di un cantautore, il suo modo di raccontare Maria è necessariamente in musica e parole, a partire dal contesto ebraico nel quale Maria è nata e cresciuta. Ne esce un compact disk decisamente originale: sette luci (come i bracci della menorah, il tradizionale candelabro ebraico), che affrontano con vibrante empatia i momenti cruciali di una vita, quella di Maria di Nazaret, spesa nell’accoglienza e nell’accettazione della volontà di Dio.

La prefazione del fascicolo che accompagna il cd è del teologo mons. Pierangelo Sequeri, che mette in evidenza come «l’autore si sia immedesimato con il pastore dei luoghi e dei suoni in cui continuano a vibrare, come eternamente sospese nell’aria di un silenzio sottile, le visioni e le voci della rivelazione di Dio (…) Tracce, eternamente impresse nel suolo e nell’aria. Quasi un niente, per chi passa distratto. La storia di tutte le storie, invece, per chi sa guardare e ascoltare».

Dal punto di vista musicale, il lavoro di Airaghi mira a creare un clima d’intensa partecipazione, dilatando i tempi della scrittura fino a trasformarli in preghiera. «Il contrappunto dell’anima narrante – scrive ancora Sequeri – assicurato dall’onnipresente voce dello strumento ad arco più “umano”, rende evidente il fatto che qui non è semplicemente la voce dell’io che racconta, ma il “doppio” di uno spirito ricettivo del Mistero che risuona».

Tra i testi di presentazione, segnaliamo anche un contributo di Elena Lea Bartolini De Angeli, docente di ebraismo presso la Facoltà teologica dell’Italia settentrionale. «L’approccio artistico – scrive – si fonda su una ricerca personale volta ad andare alle “radici” della fede, confrontandosi con ambiti diversi della tradizione cristiana che spaziano dalla teologia biblica alla patristica; che ha sentito inoltre l’esigenza di ritornare alla tradizione ebraica e all’ebraico biblico per poter esprimere adeguatamente la grandezza di Miriam che, secondo l’insegnamento postconciliare, rimane comunque una figlia del suo popolo (…)».

«Siamo di fronte – conclude la Bartolini – ad una lettura mariana profondamente cristologica, presentata secondo una modalità artistica che unisce parole, musica e simboli, e che nell’Ave Maria finale cantata in ebraico sulle note di una melodia tradizionale palestinese, (…) interpella chi ascolta invitandolo ad essere Terra accogliente». Come Miriam.

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