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I disperati del Mar Rosso

di Giuseppe Caffulli
23 aprile 2013
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Sono storie di miseria, orrore, violenza, dolore e speranza. Sono le storie di uomini e donne – un numero impressionante e in crescita – che dal Corno d’Africa stanno raggiugendo lo Yemen, spesso su vere e proprie «carriole» del mare. La loro meta? L’Arabia Saudita o i Paesi del Golfo, dove sperano di poter avere migliori opportunità e una speranza per il futuro.


Sono storie di miseria, orrore, violenza, dolore e speranza. Sono le storie di uomini e donne – un numero impressionante e in crescita – che dal Corno d’Africa stanno raggiugendo lo Yemen, spesso su vere e proprie «carriole» del mare. La loro meta? L’Arabia Saudita o i Paesi del Golfo, dove sperano di poter avere migliori opportunità e una speranza per il futuro. Inutile dire che questo traffico umano è gestito dalle mafie locali e dai soliti scafisti senza scrupoli, che si fanno pagare fior di dollari per questi «viaggi della speranza». E che spesso terminano con tragici naufragi nel bel mezzo del Mar Rosso, ancor prima di raggiungere le spiagge yemenite.

Dei 107 mila migranti che nel 2012 avrebbero attraversato il braccio di mare che separa il Corno d’Africa dalla Penisola arabica, ben 80 mila provengono dall’Etiopia. Tra questi, ci sono anche uomini e donne in fuga dalla guerra e dalle faide tribali che affliggono i vari Paesi della regione.

Marta, 30 anni, è arrivata a Sanaa dopo un viaggio durato 2 anni. Lei e la sua famiglia, racconta all’agenzia Irin, erano state accusate di parteggiare per un gruppo terroristico locale (il Fronte Oromo). Di qui la fuga nell’enclave francese di Gibuti, dove ha dato alla luce la figlioletta e alla fine si è imbarcata per lo Yemen, pagando 55 dollari per un passaggio notturno su un barchino, insieme ad altri 15 disperati.

Yassin (anche questo, come gli altri, è un nome di fantasia) viene da Addis Abeba. Ha 23 anni, è orfano da quando ne aveva 10 e, essendo il maggiore, ha dovuto sobbarcarsi il peso di 4 fratelli. Lui ha lasciato l’Etiopia solo alla ricerca di un livello di vita migliore. Raggiunta Gibuti, ha trovato un passaggio su un vecchio peschereccio; 50 dollari, insieme ad altri 45 disperati, per raggiungere le coste yemenite. Dopo una settimana di attesa nei pressi dell’isola di Haiyoo, la barca prende il largo ma fa naufragio prima di raggiungere la meta. Yassin si salva, con pochi altri, grazie al soccorso di un mercantile di passaggio. E viene avviato a un centro di detenzione per clandestini. Da dove però non smette di pensare alla fuga verso Ryad, dove spera di trovare qualche impiego.

Alima viene da Miesso e ha 18 anni. Anche lei è fuggita in seguito alle accuse di parteggiare per il Fronte Oromo. La sua vicenda, una volta raggiunta Gibuti, potrebbe essere simile alle altre, se non che Alima non ha neppure i soldi per lo scafista. E allora finisce violentata e sbattuta in una sorta di bordello. Riesce a contattare la famiglia in Etiopia e a farsi mandare 200 dollari, 100 dei quali se ne vanno per comprarsi il passaggio verso lo Yemen. Qui viene rapinata dei pochi dollari rimasti e venduta ad una banda di contrabbandieri, che la picchiano e la violentano di nuovo. Fortunatamente è giovane e carina, e viene comperata come «domestica» da una facoltosa famiglia yemenita. La sua storia a questo punto ha una svolta. Mentre fa la spesa al mercato, incontra un ragazzo che si innamora di lei. Lui fa lo sguattero in un ristorante, ma ha qualche soldo da parte e riesce a comperare la libertà di Alima dai suoi padroni. La ragazza continua a lavorare come domestica presso una famiglia, ma ora è sposata e guarda oltre. Lo Yemen è in forte crisi, le porte dei Paesi del Golfo sembrano ormai chiuse. Ma Alima e suo marito non smettono di sperare e di coltivare il sogno di emigrare in un Paese ricco. In fondo hanno 50 anni in due e una gran voglia di essere felici.

(Twitter: @caffulli)

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