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La campagna Albero d’ulivo per tener viva la speranza dei palestinesi

Marta Fortunato
14 dicembre 2012
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La campagna <i>Albero d’ulivo</i> per tener viva la speranza dei palestinesi
Il filo spinato che separa l'uliveto della famiglia di Shirin Elayan dall'insediamento israeliano di Bitar Illit (foto M. Fortunato)

Dal 2001 ad oggi in Cisgiordania gli israeliani hanno sradicato oltre mezzo milione di alberi d'ulivo, una pianta generosa che contribuisce al sostentamento di molte famiglie dei Territori. Con la solidarietà internazionale, la campagna palestinese Albero d’ulivo, lanciata nel 2002, punta a riparare il torto mettendo a dimora migliaia di nuove piante.


(Betlemme) – «Dal 2001 ad oggi in Cisgiordania l’esercito israeliano ha sradicato più di mezzo milione di alberi d’ulivo per la costruzione del muro di separazione, per l’ampliamento degli insediamenti e per le strade di collegamento tra le varie colonie israeliane. Uno degli obiettivi principali della nostra campagna è quello di ripiantare gli olivi là dove sono stati distrutti o confiscati». Chi parla è Kristel Denise, la coordinatrice dell’iniziativa olandese di solidarietà con la campagna palestinese Albero d’ulivo, lanciata nel 2002 dalle organizzazioni cristiane Ymca di Gerusalemme Est e Ymca di Palestina, con lo scopo di mantenere viva la speranza dei palestinesi attraverso atti di concreta solidarietà da parte della società civile internazionale. La campagna punta tra l’altro a ripiantare 50 mila ulivi in tutto il territorio della Cisgiordania, alberi che vengono “sponsorizzati” da individui, associazioni, Chiese, organizzazioni per i diritti umani, e gruppi di solidarietà di tutto il mondo.

«L’ulivo è il simbolo della Palestina e viene associato alla pace, alla saggezza, alla prosperità, alla pazienza e alla perseveranza – spiega Kristel -. Viene definito l’albero generoso: richiede poca acqua e poca cura, eppure dà grandi quantità di olive, che i palestinesi usano per produrre olio ed altri beni come il sapone e i farmaci naturali. In media ogni singolo albero produce ogni anno 9 chili di olive, che equivalgono a due litri d’olio».

Secondo quanto riportato dal rapporto dell’Ufficio Onu per le questioni umanitarie (Ocha) del 16 ottobre 2012, circa il 48 per cento delle terre agricole palestinesi è coltivato a ulivi (circa 8 milioni di alberi) e l’olio d’oliva rappresenta il 14 per cento del reddito agricolo totale della Palestina, costituendo la base principale di sostentamento per oltre 80 mila famiglie.

La raccolta delle olive, che avviene nei mesi di ottobre e novembre, rappresenta un evento molto importante per i palestinesi dal punto di vista economico, sociale e culturale.

«Alcuni bambini in questo periodo non vanno scuola e molte persone prendono ferie dal lavoro per aiutare la famiglia – continua Kristel -. È un momento in cui, sotto gli ulivi, si fanno picnic famigliari e i più anziani raccontano storie tradizionali».

Nei mesi autunnali e in quelli primaverili la campagna Albero d’ulivo organizza un programma speciale per i gruppi di internazionali che desiderano aiutare i contadini palestinesi nel raccogliere e piantare gli alberi di ulivo nelle aree minacciate dagli attacchi dei coloni e dalle restrizioni imposte dall’esercito israeliano.

«La mia famiglia non sarebbe stata in grado di fare la raccolta senza la presenza di giovani internazionali», racconta Shirin Elayan, una vivace donna di Hussan, un villaggio a sud-ovest di Betlemme. «Ogni anno i coloni dell’insediamento di Bitar Illit che sorge su terra confiscata alla nostra famiglia e a quella appartenente a molti altri palestinesi dell’area, ci tirano sassi e bruciano i nostri alberi. Avere accanto a noi la presenza di internazionali, è una forma di protezione e garanzie perché se ci sono loro molto spesso soldati e coloni limitano le aggressioni».

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