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Tra Sharia e Diritto prende forma la nuova Costituzione egiziana

Carlo Giorgi
12 luglio 2012
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Tra <i>Sharia</i> e Diritto prende forma la nuova Costituzione egiziana
Costituenti al lavoro al Cairo.

La commissione dell’Assemblea costituente egiziana incaricata di delineare i fondamenti dello Stato ha trovato ieri un accordo sui contenuti dell’articolo più controverso e «pericoloso» della prima Costituzione democratica del Paese, ovvero quello che definisce il ruolo dell’Islam nel nuovo Egitto. Prevalgono le posizioni moderate.


(Milano) – La commissione dell’Assemblea costituente egiziana incaricata di delineare i fondamenti dello Stato ha trovato ieri un accordo sui contenuti dell’articolo più controverso e «pericoloso» della prima Costituzione democratica del Paese, ovvero quello che definisce il ruolo dell’Islam nel nuovo Egitto. Il testo dell’articolo 2 su cui le diverse componenti della commissione hanno trovato un accordo recita: «L’Islam è la religione di Stato e l’arabo è la lingua ufficiale. I princìpi della Sharia islamica costituiscono la fonte principale del diritto. Cristiani ed ebrei faranno riferimento a norme derivate dalle loro stesse religioni».

L’accordo raggiunto sull’articolo 2 della Carta è una notizia fondamentale per il futuro del Paese. Nelle scorse settimane, infatti, i costituenti si erano scontrati con veemenza sulla formulazione del testo e sul peso da attribuire alla Sharia nell’ordinamento dello Stato. I Fratelli Musulmani proponevano la formulazione poi approvata, e che fa riferimento ai «princìpi della Sharia islamica» come «fonte principale del diritto». Una formulazione che mantiene la versione attuale della Costituzione egiziana approvata nel 1971. Sulle stesse posizioni «moderate» si trovavano anche i rappresentanti dell’università islamica Al Ahzar. Al contrario, i rappresentanti dei salafiti nella Costituente insistevano per sostituire il termine «princìpi» con «regole della Sharia» o più direttamente «Sharia».

Secondo il quotidiano Egypt Independent, nei giorni scorsi Adel Afify, leader del partito salafita Asala ha dichiarato che approvare l’articolo 2 della Costituzione con il solo riferimento ai «princìpi» della Sharia sarebbe stato come violare l’Islam. E Younes Makhyoun, rappresentante del partito salafita Nour, si sarebbe speso in colloqui con tutte le forze politiche per convincere i partiti che la maggioranza degli egiziani desidera solo l’applicazione della legge di Dio.

Il testo di legge attuale, moderato rispetto alle richieste fondamentaliste dei salafiti, sembra favorevole alla minoranza cristiana copta anche per un altro motivo. I rappresentanti delle Chiese copte, infatti, nelle settimane scorse avevano dichiarato di accettare che «i principi della Sharia islamica» costituissero l’ispirazione della legge nazionale a patto però che nella Costituzione fosse anche introdotto un riferimento che prevedesse, per i cittadini non musulmani, in particolari campi del vivere civile, la possibilità di riferirsi a normative «speciali», ispirate alle proprie convinzioni religiose. I costituenti, accogliendo le richieste copte, hanno incluso nell’articolo 2 il comma: «Cristiani ed ebrei faranno riferimento a norme derivate dalle loro stesse religioni». Un quadro legislativo «multi religioso» come quello che sta per essere introdotto in Egitto non è una novità per il mondo mediorientale: anche in Libano, dove i cristiani sono almeno il 30 per cento della popolazione, infatti la vita della minoranza cristiana è regolata da una legislazione ispirata dai princìpi religiosi propri, legislazione applicata in particolare al diritto di famiglia (matrimonio, successione, nascite).

Il cammino dell’Assemblea costituente egiziana in questi mesi è stato tutt’altro che semplice. Lo scorso aprile, infatti, essa venne sciolta per le defezioni dei suoi membri cristiani, laici e moderati, che consideravano l’organismo dominato dalla componente musulmana e inadatto a scrivere la legge fondamentale dello Stato. Nel mese di giugno, una nuova Assemblea costituente, caratterizzata da una composizione meno «islamica» è stata approvata dal Parlamento egiziano e si è insediata mettendosi al lavoro.

Va ricordato che il Parlamento egiziano, eletto a gennaio 2012, è invece stato sciolto a sorpresa da una sentenza della Corte costituzionale lo scorso 14 giugno, pochi giorni prima del ballottaggio delle elezioni presidenziali, vinto da Mohammed Morsi. Secondo alcuni osservatori lo scioglimento del Parlamento, che contava una maggioranza di deputati musulmani, è stato un atto favorevole al Consiglio supremo delle forze armate che ha detenuto il potere fino all’elezione di Morsi e, d’altra parte, un atto ostile al nuovo presidente, esponente del partito Libertà e giustizia, espressione politica dei Fratelli Musulmani, che si è visto privato così dell’appoggio di un parlamento «amico». Proprio per questo, andando contro la legge e ostentando una prova di forza, l’8 luglio Morsi ha riconvocato per decreto il Parlamento. Essendosi però la Corte costituzionale immediatamente espressa sulla nullità del decreto presidenziale, Morsi ha dichiarato di voler rispettare la sentenza.

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