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L’inferno di padre Manuel

Terrasanta.net
30 dicembre 2009
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Un anno fa, di questi giorni, la Striscia di Gaza era sotto il fuoco dell'operazione militare israeliana denominata Piombo fuso. Ora don Nandino Capovilla, coordinatore nazionale italiano di Pax Christi, ci propone un libro-intervista con padre Manuel Musallam, parroco cattolico di Gaza dal 1995 al 2009. È una lettura dolorosa, in cui le statistiche su morti e feriti assumono i connotati di esperienze precise che hanno per protagoniste soprattutto famiglie. Il libro è scritto «per restituire verità e dignità a coloro che dall'inferno della prigione di Gaza e di tutta la Palestina occupata non hanno potuto e non possono essere ascoltati da chi vive fuori dalle sbarre».


Gaza è una scatola sigillata dall’esterno a cui difficilmente è permesso lasciar trapelare la sofferenza. Nel maggio 2009, pochi mesi dopo la fine dell’operazione Piombo fuso (con le sue 1.400 vittime, di cui più di 300 bambini, senza contare feriti e sfollati), il rapporto annuale di Amnesty International parlava di catastrofe umanitaria, anche in riferimento all’embargo che ha portato allo stremo un milione e quattrocentomila abitanti. Per chi assiste ai fatti di Gaza è difficile non cadere da una parte o dall’altra del muro, fisico e spirituale, eretto tra le sofferenze degli israeliani e quelle dei palestinesi. Si può però non affrettare un’opinione, ma invece condividere e immedesimarsi. Si tratta, per esempio, di guardare i fatti attraverso gli occhi di chi tra le macerie di Gaza ci è vissuto.

Don Nandino Capovilla, coordinatore nazionale italiano di Pax Christi, ci propone un libro-intervista con padre Manuel Musallam, parroco cattolico di Gaza dal 1995 alla primavera 2009. Il volume, pubblicato dalle Paoline, si intitola Un parroco all’inferno. È una lettura dolorosa, perché in queste pagine le statistiche su morti e feriti assumono i connotati di esperienze precise che hanno per protagoniste soprattutto famiglie, per diversi motivi entrate in contatto con la piccola comunità cristiana della Striscia. Padre Manuel ne narra la fame, la paura, il pianto incessante dei bambini, i morti, la speranza sottratta, la dignità annichilita. Testimone oculare e insieme vittima della campagna militare israeliana del dicembre-gennaio 2008-2009, il sacerdote palestinese parla anche da patriota. Probabilmente non tutte le sue riflessioni personali possono suonare convincenti ad ogni lettore, ma ascoltare con rispetto quel che ha da dire è giusto, se non addirittura doveroso, perché riecheggia opinioni che di sicuro non sono solo sue. Istanze e stati d’animo che son parte della Terra Santa, quanto i suoi paesaggi, santuari, popoli e risorse. E che chiunque lavori e preghi per la pace in quella regione non può ignorare.

«Attraverso le parole di questo testo – spiega l’intervistato all’inizio del libro -, io voglio restituire verità e dignità a coloro che dall’inferno della prigione di Gaza e di tutta la Palestina occupata non hanno potuto e non possono essere ascoltati da chi vive fuori dalle sbarre» (p.16).

Gli fa eco don Nandino Capovilla, che riferendosi all’operazione militare Piombo fuso scrive: «Per contribuire a smascherare le falsità dei nostri media – vergognosamente schierati con il carnefice – ho pazientemente riordinato la torrenziale denuncia di don Musallam in un elenco circostanziato di crimini non una volta sola compiuti, ma ostinatamente ripetuti, contro gli abitanti della Striscia. Infine, per indurre un necessario esame di coscienza ecclesiale su un’agonia lasciata marcire nel Getsemani di un popolo di Dio che invano faceva appello alla solidarietà cristiana, ho voluto contribuire a diffondere il loro disperato grido di dolore attraverso questo libro, in modo che potesse suscitare in tanti la domanda: perché ancora una volta abbiamo lasciato solo il popolo palestinese?» (pp. 10s.).

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