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La marcia Perugia-Assisi in trasferta in Terra Santa

07/10/2009  |  Roma
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La marcia Perugia-Assisi in trasferta in Terra Santa
Alcuni degli intervenuti alla conferenza stampa di questa mattina a Roma. Da sx: Carlo Maria Pesaresi, Flavio Lotti, Alfredo Cucciniello (Acli) e Sergio Marelli.

Quest'anno partirà da Betlemme per arrivare a Gerusalemme, dopo un lungo zig-zag, la Marcia della pace che tradizionalmente si snoda da Perugia ad Assisi. Una settimana, dal 10 al 17 ottobre prossimi, tutta dedicata alla pace in Medio Oriente. Time for responsibilities è il titolo scelto per quello che, dal 1961, quando nacque per intuizione di Aldo Capitini, è l'appuntamento-simbolo del movimento italiano per la pace e la non-violenza. L'iniziativa è stata presentata a Roma questa mattina.


Cambia l’itinerario, resta identico l’obiettivo. Partirà da Betlemme per arrivare a Gerusalemme, dopo un lungo zig-zag, la Marcia della pace che, tradizionalmente, si snoda ogni anno da Perugia ad Assisi. Una settimana, dal 10 al 17 ottobre prossimi, tutta dedicata alla pace in Medio Oriente. Time for responsibilities, «Il tempo delle responsabilità», è il titolo scelto per quello che, dal 1961, quando nacque per intuizione di Aldo Capitini, è l’appuntamento-simbolo del movimento italiano per la pace e la non-violenza.

«Time of responsibilities è l’espressione usata da Barack Obama il 4 giugno scorso al Cairo per definire l’attuale momento politico in relazione al processo di pace in Medio Oriente», spiega Flavio Lotti, coordinatore della Tavola della Pace e storico animatore della Perugia-Assisi, presentando a Roma la marcia 2009. «Allora abbiamo deciso di abbandonare, per una volta, il nostro itinerario abituale e di andare in Terra Santa per chiedere all’Italia e all’Europa di fare l’impossibile insieme al leader Usa. Rinunciamo alla tradizione del percorso da Perugia ad Assisi perché non si sta facendo abbastanza: sono passati solo nove mesi dalla crisi di Gaza e nessuno si occupa più di Terra Santa. È anche responsabilità dei media, che raccontano solo la guerra. Una bomba uccide i nostri soldati e per sei giorni non si parla d’altro. Poi basta: il lavoro per la pace non fa notizia. E così si rende il mondo sempre più pauroso».

Saranno 401 i partecipanti: arriveranno da 128 diverse città italiane. «La marcia è un’assunzione di responsabilità da parte di quell’"Italia migliore" di cui ha parlato ieri il presidente Napolitano, l’Italia del volontariato e della società civile non contaminata dallo scontro politico sterile ma che si dà da fare concretamente. Quella che, tanto per dire, rinuncerà alle vacanze per prendere le ferie e venire a marciare a Gerusalemme», sottolinea Lotti. Ben 109 le associazioni rappresentate, dalle Acli a Pax Christi, dai sindacati Cgil e Cisl a Legambiente. Ed è significativa anche l’adesione degli enti locali: 49 tra comuni, province e regioni, con 84 amministratori che prenderanno parte personalmente all’iniziativa. «In uno scenario di diplomazia inconcludente, c’è una diplomazia "dal basso" che funziona: la nostra», sostiene Carlo Maria Pesaresi, assessore alla Provincia di Ancona e vicepresidente del Coordinamento nazionale degli enti locali per la pace e i diritti umani. «Gli enti locali italiani – continua – sostengono, insieme ad associazioni e organizzazioni varie, un gran numero di progetti ed esperienze che incidono profondamente nella realtà israelo-palestinese. La presenza massiccia degli amministratori locali è un gesto importante». Così come quella delle organizzazioni non governative: per Sergio Marelli, responsabile della Piattaforma delle Ong italiane, «la nostra esperienza è importante perché quando le cose si toccano con mano, quando si condividono i problemi, si diventa capaci di fare di più. Anche noi daremo un segnale politico, perché la prossima presidenza "pesante" dell’Unione Europea (quella riformata dall’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, ndr) metta la Palestina al centro della propria agenda».

Il programma della settimana è fitto di incontri e scambi con le comunità locali, nonostante, sottolinea Lotti, «sia stato letteralmente impossibile riunire i rappresentanti delle istituzioni israeliane e palestinesi in un unico comitato organizzatore, questo a testimonianza della gravità del momento». In particolare, la giornata del 14 ottobre vedrà due momenti particolarmente carichi di significato. Prima ci sarà la visita allo Yad Vashem guidata dai giovani della Ong Terra del fuoco, che da sei anni accompagna migliaia di studenti italiani delle superiori ad Auschwitz. Poi, al Centro Notre Dame di Gerusalemme, i familiari delle vittime israeliane e palestinesi si ritroveranno insieme per dare la loro testimonianza. «Nell’ultimo incontro dell’Onu dei popoli – racconta don Tonio Dall’Olio, responsabile internazionale dell’associazione contro le mafie Libera – è nato un gemellaggio quasi naturale fra l’associazione dei parenti delle vittime delle mafie e Parents’ Circle, la realtà che unisce le famiglie sia israeliane che palestinesi colpite dal conflitto. Sembra paradossale, eppure chi ha pagato un prezzo così alto diventa più sensibile al valore della pace. Dall’alto della cattedra del loro dolore possono venire le proposte più credibili. In più, credo sia da valorizzare il ruolo delle diverse fedi. Basti pensare che l’unico modo per non cadere nell’imbarazzo di dover definire come Israele o Palestina una terra contesa, basta chiamarla Terra Santa, e dentro ci si ritrovano tutte e tre le grandi fedi che oggi devono lottare insieme per la pace».

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