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Su Gilad Shalit la tregua si impantana

17/02/2009  |  Milano
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Su Gilad Shalit la tregua si impantana
Il caporale dell'esercito israeliano Gilad Shalit, rapito il 25 giugno 2006 al confine con la Striscia di Gaza.

Botta e risposta, tra Gerusalemme e Il Cairo, sulla sorte del caporale israeliano Gilad Shalit (22 anni). Sabato scorso, 14 febbraio, il premier uscente Ehud Olmert ha dichiarato che Israele non aderirà ad alcuna tregua con Hamas e non aprirà i valichi d'accesso alla Striscia di Gaza fino a che non verrà liberato il militare rapito il 25 giugno 2006. Oggi replica ad Olmert il presidente egiziano Hosni Mubarak, facilitatore di una tregua (armata) di 18 mesi, che rifiuta questa condizione. L'Egitto, dice Mubarak, non cambia linea sulla tregua: essa non ha alcuna correlazione con la sorte del soldato Shalit.


(g.s.) – Botta e risposta, tra Gerusalemme e Il Cairo, sulla sorte del caporale israeliano Gilad Shalit (22 anni). Sabato scorso, 14 febbraio, il premier uscente Ehud Olmert ha dichiarato che Israele non aderirà ad alcuna tregua con Hamas e non aprirà i valichi d’accesso alla Striscia di Gaza fino a che non verrà liberato il militare rapito il 25 giugno 2006 da miliziani palestinesi durante un’incursione in suolo israeliano a ridosso della Striscia.

Dal canto suo, stando a quanto riferisce il quotidiano Al Ahram, il presidente egiziano Hosni Mubarak, grande artefice di una tregua (armata) di 18 mesi, rifiuta questa condizione. L’Egitto, sostiene il suo presidente, non cambia linea sulla tregua: essa non ha alcuna correlazione con la sorte del soldato Shalit. Posizione analoga viene assunta oggi, a Damasco in Siria, anche dal capo politico di Hamas, Khaled Mashaal, che accusa Israele di volersi sottrarre al negoziato aggiungendo questa nuova condizione.

Intanto si fanno insistenti le voci secondo cui la liberazione del caporale sarebbe imminente e potrebbe essere frutto di uno scambio di prigionieri, tra cui anche il detenuto palestinese più illustre delle carceri israeliane: Marwan Barghouti, cinquantenne dirigente di Fatah condannato a cinque ergastoli nel 2004 per responsabilità legate ad attentati compiuti nel corso della seconda intifada (2000-2004). Il suo avvocato, Khader Shkirat, ha dichiarato a un’emittente televisiva che «non siamo mai stati tanto vicini a un accordo per il rilascio di Marwan Barghouti». Il quale in questi ultimi anni è intervenuto più volte dal carcere sulle vicende palestinesi, dicendosi tra l’altro disposto a «una storica riconciliazione con Israele sulla base delle risoluzioni internazionali» che veda la nascita di uno Stato palestinese accanto a quello ebraico. Dotato di un certo prestigio tra i connazionali, se scarcerato Barghouti un giorno potrebbe assumere alte cariche in seno all’Autorità Palestinese.

Dopo l’esito del voto del 10 febbraio il governo Olmert si confronta, per le sue mosse finali con il leader del Likud Benjamin Netanyahu. Resta da vedere se anche le destre, che lui rappresenta, siano disposte a liberare un ergastolano per salvare il soldato Shalit.

Alcune analisi della vicenda pubblicate oggi sulla stampa israeliana (in particolare dai quotidiani Haaretz e Yedioth Ahronoth) spiegano come al momento vi siano due interessi contrapposti in gioco. Da una parte ci sono Ehud Olmert, che vorrebbe risolvere positivamente la vicenda Shalit prima di lasciare la poltrona di primo ministro, e Israele, che non vuole legarsi le mani con una tregua che gli impedirebbe ogni libertà di intervento nella Striscia. Sull’altro versante, invece, il governo egiziano e Hamas sono interessati ad allentare la tensione sulla popolazione di Gaza e a dare avvio alla ricostruzione. Per loro la priorità è questa e non la liberazione del caporale israeliano.

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Francesco D'Assisi

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