Storie, attualità e archeologia dal Medio Oriente e dal mondo della Bibbia

Sulle tensioni al Santo Sepolcro

17/11/2008  |  Gerusalemme
email whatsapp whatsapp facebook twitter versione stampabile
Sulle tensioni al Santo Sepolcro
Vita quotidiana nella basilica del Santo Sepolcro. Religiosi armeni in preghiera (foto M. Gottardo)

Domenica 9 novembre i monaci armeni e greco-ortodossi si sono scontrati con violenza nella basilica del Santo Sepolcro. La baruffa è scoppiata quando i monaci greco-ortodossi hanno bloccato una processione del clero armeno. Le due Chiese ortodosse e la Custodia di Terra Santa risiedono nella basilica secondo i termini fissati nell'accordo denominato Status Quo. Padre Athanasius Macora (46 anni, originario degli Stati Uniti) vigila sul rispetto dello Status Quo per conto della Custodia. A Terrasanta.net ha parlato delle ragioni che sottostanno ai recenti scontri e di cosa si possa fare per risolvere le tensioni che da lungo tempo covano all'interno della chiesa costruita sul luogo della crocifissione e risurrezione di Cristo.


Domenica 9 novembre i monaci armeni e greco-ortodossi si sono scontrati con violenza nella basilica del Santo Sepolcro. La baruffa è scoppiata quando i monaci greco-ortodossi hanno bloccato una processione del clero armeno. Le due Chiese ortodosse e la Custodia di Terra Santa risiedono nella basilica secondo i termini fissati nell’accordo denominato Status Quo. Padre Athanasius Macora (46 anni, originario degli Stati Uniti) vigila sul rispetto dello Status Quo per conto della Custodia. A Terrasanta.net ha parlato delle ragioni che sottostanno ai recenti scontri e di cosa si possa fare per risolvere le tensioni che da lungo tempo covano all’interno della chiesa costruita sul luogo della crocifissione e risurrezione di Cristo.

Padre Macora, quali sono le sue riflessioni sugli scontri del 9 novembre dentro la basilica del Santo Sepolcro?
I rappresentanti delle tre comunità maggiori (la Custodia di Terra Santa, il patriarcato greco-ortodosso e il patriarcato armeno) si incontrano regolarmente, almeno ogni dieci giorni se non una volta alla settimana. Durante queste riunioni io negozio a nome della Custodia di Terra Santa su tutte le materie relative allo Status Quo, quindi conosco esattamente le ragioni che hanno dato origine agli scontri, ma non mi interessa stabilire chi abbia ragione e chi abbia torto. Gli armeni stavano svolgendo una processione pontificale e obiettavano alla presenza di un sacrestano greco-ortodosso nell’edicola del Sepolcro durante la processione. I greci, invece, rivendicano il loro diritto a mantenervi un sacrestano greco.

Sono incidenti che si ripetono tutti gli anni?
No, il problema risale a un anno fa. Da allora ci sono state quattro processioni pontificali armene e in ognuna si sono verificati problemi, ma stavolta le tensioni erano giunte a suppurazione.

Perché proprio ora?
La pressione era andata via via salendo perché il problema rimaneva irrisolto. Le due parti non volevano raggiungere alcun compromesso per definire se il sacrestano greco dovesse o meno restare dentro la Tomba. Qui a far legge è la consuetudine, cioè quanto si è fatto fino ad ora o, in altri termini, la prassi consolidata. Prima c’era o non c’era un sacrestano ortodosso all’interno? La domanda a cui rispondere è questa. Gli armeni hanno bloccato l’accesso alla Tomba per impedire che i greci vi facessero entrare uno di loro; i greci a loro volta hanno tentato di far entrare il loro sacrestano ed è così che la zuffa ha avuto inizio.

Che probabilità ci sono di giungere a una soluzione ora, dopo questi scontri?
Anche noi (francescani – ndr) abbiamo avuto un problema quattro anni fa, quando fummo attaccati dai greci in modo piuttosto violento. Quella volta i monaci se la presero anche con la polizia, rivendicando un diritto che in realtà non avevano. Dopo che le acque si furono un po’ calmate, e in vista dell’approssimarsi di un’altra processione ortodossa, noi presentammo le nostre argomentazioni e le relative prove ai rappresentanti del governo israeliano e della polizia, in presenza dei greci. Il governo ha l’obbligo di far ripettare la pratica invalsa. Non chiediamo necessariamente al governo di fungere da arbitro, ma di esigere il rispetto dello Status Quo. In quel caso io presentai prove sufficienti: tre filmati degli anni precedenti che mostravano come dovesse svolgersi la processione greca, evitando cioè di transitare dentro la cappella di Santa Maria Maddalena, ma limitandosi a passarle accanto. Così il governo chiese ai greco-ortodossi di svolgere le loro processioni in modo corretto, cosa che da allora in poi hanno fatto. Ora sia gli armeni sia i greco-ortodossi dovranno fornire le loro prove al governo. Si dovrà svolgere una riunione a cui partecipino tutti insieme. Detto questo bisogna riconoscere che non è sempre facile stabilire quale sia la pratica consolidata dello Status Quo. Per questo si può chiedere al governo di prendere una decisione in materia, così da porre limiti alla parte che sta violando lo Status Quo.

Quello rappresenterebbe un modo per andare avanti?
Bisogna capire che per queste comunità ogni piccola cosa assume un significato simbolico. Per questo esse non vogliono perdere nulla nella chiesa. Si ha timore dei compromessi e quindi ciascuno si attesta su posizioni massimaliste. Riconosco onestamente che questo discorso non si riguarda esattamente quest’ultima situazione, ma entrambe le parti pensano d’aver tutta la ragione.

Questo genere di tensioni durano da anni, come lei stesso ha detto. Come mai è tanto difficile per le diverse denominazioni cristiane rendere culto insieme nel Santo Sepolcro?
Il problema è questo: lo Status Quo è un decreto imperiale, imposto dai turchi ottomani alle nostre comunità. Non si tratta di un vero e proprio codice e ciò implica che non vi sia chiarezza alcuna su determinate questioni. È una storia lunga, ma in breve possiamo dire che la Francia stava cercando di riguadagnare un predominio cattolico su alcuni luoghi, come il Santo Sepolcro. Per far questo la Francia esercitava pressioni sul governo ottomano, il quale subiva analoghe pressioni dalla Russia, che agiva in nome dei greco-ortodossi. Gli ottomani non erano in grado di far fronte a quella situazione: sia che avessero sposato la linea francese sia quella russa sarebbero andati incontro a grossi guai. Così scelsero di dichiarare lo Status Quo: che ognuno stesse al proprio posto. Quel decreto è un testo brevissimo di non più di tre pagine. Non definisce le cose; semplicemente si limita a dire che ciascuno deve stare al suo posto. Proprio perché molte aree e materie sono lasciate nella vaghezza le comunità sarebbero poi entrate in conflitto su chi deve occuparsi delle pulizie o delle riparazioni. Sono genere di cose queste ultime che stanno a indicare e suppongono dei diritti. Ad esempio, noi contestiamo spesso ai copti ortodossi di prolungare tropp le loro preghiere. Se una delle comunità supera i limiti di tempo che le sono attribuiti noi obiettiamo, perché ciò causa una riduzione del tempo concesso a noi.

Ma questo genere di cose rappresenta una controtestimonianza. Non crede?
Sono giunto al punto che non amo più parlarne. C’è un buon libro sull’argomento intitolato Saving the Holy Sepulchre («Salvare il Santo Sepolcro» – ndr) di Raymond Cohen. È un ottimo libro e racconta cose molto positive, e cioè che fondamentalmente dal 1957 al 1997, le comunità hanno intrapreso ampi lavori di restauro e che, più o meno, i greco-ortodossi hanno preso la decisione strategica di lavorare con le altre comunità. Così le tre comunità maggiori hanno raggiunto numerosi accordi e molte cose sono state definite in modo definitivo. Quel che è accaduto il 9 novembre scorso è una vera anomalia. Se conosco bene lo Status Quo insisterò quando ho il diritto di insistere, e non insisterò quando quel diritto non ce l’ho. Ma se una delle comunità ignora i meccanismi con cui funziona, nasceranno dei problemi.

In futuro si potrebbe andare meglio d’accordo se ci fosse un codice scritto a cui fare riferimento?
Nel libro sul Santo Sepolcro a cui facevo riferimento poco fa io sostengo che bisognerebbe codificare tutto. Se si crea un codice che regolamenta ogni dettaglio le dispute finiscono, perché tutti sanno quel che bisogna fare. Se si commettono errori, sono facilmente individuabili dal momento che le regole sono scritte.

Che probabilità ci sono che ciò accada?
Non avverrà presto. Avrebbe potuto avverarsi tempo fa, ma tutto dipende da quelli che sono i protagonisti oggi.

I francescani godono la fama d’essere uominii di pace. Crede che possiate essere protagonisti nel portare la pace nel Santo Sepolcro?
Penso che possiamo servire, offrire qualche aiuto, ma per fare la pace serve la volontà politica. Bisogna desiderare la pace. Come Custodia, noi la desideriamo, ma gli altri devono considerare quello che c’è in palio. Sarebbe molto meglio finirla con tutte certe questioni ed essere testimoni credibili piuttosto che continuare a litigare. Voglio dire, un sacrestano dentro o fuori il Sepolcro è una faccenda relativamente piccola se si tratta solo di quattro volte l’anno. Non muta in modo significativo i diritti di una delle parti. Però per via del fatto che tutto nella Chiesa assume un valore altemente simbolico, anche le cose più piccole diventano questioni rilevanti.
Sostanzialmente noi frati abbiamo buone relazioni con entrambe le parti. Speriamo di poter tornare a lavorare e che le due comunità possano riconciliarsi e fare passi avanti. E speriamo anche che episodi come quelli recenti non accadano più perché sono molto negativi. Hanno attirato l’attenzione di tutta la stampa e causato gravi danni.

Nutre speranze che tutte le parti si metteranno insieme prima o poi?
Abbiamo progetti comuni in corso. Stiamo davvero cercando di lavorare su questioni concrete. La cooperazione già c’è. Quanto è accaduto è stato davvero inopportuno.

Il giardino segreto
Roberta Russo

Il giardino segreto

L’Albero del Natale e gli altri simboli della tradizione
David Maria Turoldo
Mario Lancisi

David Maria Turoldo

Vita di un poeta ribelle
Spiritualità della bellezza
Anna Peiretti

Spiritualità della bellezza

Viaggio nella divina arte delle icone