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Per salvare i cristiani salviamo la pace

10/07/2007  |  Milano
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Per salvare i cristiani salviamo la pace

La manifestazione «Salviamo i cristiani», svoltasi il 4 luglio scorso in piazza Santi Apostoli a Roma per richiamare l'attenzione sulla situazione dei cristiani in Medio Oriente, ha suscitato un qualche interesse anche in quelle terre e in quei leader ecclesiali che si trovano a fronteggiare in prima persona i problemi delle loro comunità cristiane. I commenti alla manifestazione (voluta dal giornalista egiziano Madgi Allam e alla quale hanno partecipato, oltre a migliaia di comuni cittadini, diverse personalità del panorama politico italiano) ci permettono di cogliere le differenti sensibilità presenti in Terra Santa e Medio Oriente. Abbiamo raccolto alcune prese di posizione e ve le proponiamo.


La manifestazione «Salviamo i cristiani», svoltasi il 4 luglio scorso in piazza Santi Apostoli a Roma per richiamare l’attenzione sulla situazione dei cristiani in Medio Oriente ha suscitato un qualche interesse anche in quelle terre e in quei leader ecclesiali che si trovano a fronteggiare in prima persona i problemi delle loro comunità cristiane.

I commenti alla manifestazione (voluta dal giornalista egiziano Madgi Allam e alla quale hanno partecipato, oltre a migliaia di comuni cittadini, diverse personalità del panorama politico italiano) ci permettono di cogliere le differenti sensibilità presenti in Terra Santa e Medio Oriente. Abbiamo raccolto alcune prese di posizione e spunti che vi proponiamo mentre è in corso la visita ufficiale del primo ministro italiano Romano Prodi in Israele e presso l’Autorità Palestinese.

Da Gerusalemme i toni usati da mons. Fouad Twal – vescovo coadiutore destinato a succedere il prossimo anno al patriarca latino Michel Sabbah – sono accorati. Riflettono la situazione di grande difficoltà generata dal conflitto israelo-palestinese e la tensione delle ultime settimane: «Siamo molto grati per questo genere di manifestazioni. Ma mi chiedo: quali strategie concrete sono state messe in atto per salvare i cristiani dopo la manifestazione e dopo i discorsi? Non possiamo salvare solo i cristiani. Dobbiamo salvare il Medio Oriente, salvare la pace. I cristiani non sono in un ghetto. Sono abitanti del Medio Oriente , come i musulmani. Siamo stanchi di sentire parlare di processo di pace. Noi vogliamo direttamente la pace. Ringraziamo per gli aiuti materiali ed economici, ma noi vogliamo vedere un piano di pace chiaro, un orizzonte politico, un limite temporale entro il quale veder cessare l’occupazione militare israeliana e assistere alla nascita di uno Stato palestinese stabile, capace di mettere ordine e disciplina».

Monsignor Paul Hinder, vescovo cappuccino di nazionalità svizzera che risiede ad Abu Dhabi come responsabile del vicariato d’Arabia, pone l’accento sul dilemma che iniziative come quella di Roma rischiano di scatenare in seno all’islam moderato: «Quelli che ne fanno parte saranno combattuti tra il desiderio di manifestare solidarietà e la paura di essere considerati come "occidentali" che tradiscono la loro tradizione religiosa e culturale, se si oppongono alle forze radicali. Sono ancora pochi gli imam e i leader che hanno il coraggio di condannare la persecuzione e l’uccisione dei cristiani in Iraq e altrove. Manca il coraggio di affrontare il problema; non basta dichiarare l’islam come religione di pace senza poi andare al fondo della questione. Da dove viene il potenziale di violenza? È inerente o no alla religione stessa? Il mondo musulmano (soprattutto arabo) carezza troppo la convinzione essere vittima di una campagna occidentale anti-islamica. In questo modo, è difficile aprire gli occhi sulle vere radici dei problemi. I cristiani in molti Paesi si trovano in una situazione di oggettiva difficoltà, se non di persecuzione. Ma i musulmani arabi non possono o non vogliono capire che la fuga dei cristiani non è dovuta soltanto ai problemi economici e politici, ma anche alla minaccia crescente dell’islam fondamentalista».

Da Tunisi mons. Maroun Laham, di origine giordana, pone subito qualche distinguo: «È vero che in qualche Paese del Medio Oriente (l’Iraq e l’Egitto, ad esempio) ci sono grossi problemi per i cristiani. Il fatto è che le manifestazioni pubbliche in questo senso non sono la soluzione, specialmente quando sono più intese alla lotta contro l’islam che non alla difesa dei cristiani. Penso che per aiutare i cristiani di Terra Santa e nel Medio Oriente serva lavorare in due direzioni: anzitutto trovare soluzioni ai problemi politici ed economici di questi Paesi (una volta ottenuta la pace e la giustizia sociale, cristiani e musulmani arabi troveranno il modo di vivere insieme, come per altro hanno fatto per secoli). In secondo luogo bisogna aiutare i cristiani arabi ad inserirsi meglio nel contesto storico e culturale nel quale il Signore li ha posti e nel quale sono chiamati a dare la propria testimonianza di fede. Alimentare un sentimento di persecuzione non serve. Anzi, può essere controproducente».

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