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Pellegrinaggio diocesano con i due cardinali

Tettamanzi e Martini in Terra Santa

09/03/2007  |  Milano
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Mille e trecento pellegrini sono in partenza da Milano per Gerusalemme. Sono i partecipanti al pellegrinaggio diocesano voluto dal cardinale arcivescovo di Milano Dionigi Tettamanzi per celebrare i suoi 50 anni di consacrazione sacerdotale e per festeggiare l'ottantesimo compleanno dell'«amato precedessore», l'arcivescovo emerito Carlo Maria Martini, che vive a Gerusalemme. In occasione di questo pellegrinaggio, il cardinal Tettamanzi ha concesso alla rivista Terrasanta una lunga intervista nella quale rievoca il suo primo viaggio in Terra Santa e spiega gli obiettivi pastorali che si propone con questo pellegrinaggio.



Sono circa mille e trecento i pellegrini milanesi in partenza per la Terra Santa. In tre scaglioni, a partire dal 10 marzo si tiene infatti il grande pellegrinaggio diocesano, programmato per celebrare insieme il cinquantesimo anniversario di ordinazione presbiterale del cardinale Dionigi Tettamanzi e l’ottantesimo compleanno del cardinale Carlo Maria Martini (nato a Torino il 15 febbraio 1927). Il tema spirituale in primo piano è quello dell’ascolto e della risposta alla parola di Gesù che chiama a seguirlo.

Sono tre i momenti comuni per tutti i pellegrini: martedì 13 marzo presso la Basilica dell’Annunciazione a Nazareth si tiene la solenne celebrazione eucaristica presieduta dal cardinale arcivescovo Dionigi Tettamanzi; giovedì 15 marzo presso la chiesa di Santa Caterina a Betlemme, celebrazione eucaristica presieduta dal cardinale Carlo Maria Martini; venerdì 16 marzo presso la Basilica del Getsemani, meditazione tenuta dai due cardinali.

In occasione del pellegrinaggio ambrosiano, abbiamo incontrato il card. Dionigi Tettamanzi. In una lunga intervista pubblicata su Terrasanta di marzo-aprile 2007, l’arcivescovo di Milano racconta il suo legame con i Luoghi Santi e gli obiettivi pastorali che si prefigge con questa iniziativa.

Ecco qualche passo del colloquio con il direttore Giuseppe Caffulli.

Eminenza, Giovanni Paolo II definiva la Terra Santa come la «patria del cuore». Quel è stato il suo primo incontro con la terra di Gesù? Quali ricordi di quel viaggio?
Il primo incontro è stato per la celebrazione del venticinquesimo di sacerdozio, con i compagni di seminario e di ordinazione presbiterale. Dunque, troppo tardi! Ma conservo tuttora vivissimi e bellissimi i ricordi di quel viaggio. Ho portato con me tutta la mia vita umana, cristiana, sacerdotale e mi sono rituffato – il termine dice la mia immersione spirituale – nella «grande storia della salvezza» incentrata nel Figlio di Dio che si è fatto uomo. E così la «mia piccola storia» ha trovato, in modo sorprendente, spiegazione, senso, conferma, gioia, slancio: oso dire, quasi un «nuovo» Battesimo, una «nuova» ordinazione sacerdotale, un «nuovo» cammino di vita cristiana nel segno di un «abbraccio personale» con Cristo: un incontro segnato da una singolare concretezza storico-geografica e insieme da una fede semplice, disarmata, carica di una nuova passione d’amore per Cristo e per la sua Chiesa.

È noto il rapporto molto intenso e di stima con suo predecessore, che da Gerusalemme prega in modo speciale per la Chiesa ambrosiana… Come vive questa intercessione particolare dalla città santa e questo amore per la Chiesa di Milano?
Per la Chiesa di Milano la preghiera di intercessione del Cardinale Martini a Gerusalemme è una straordinaria grazia e proprio in questa preghiera ci sentiamo in profonda comunione con lui. Sappiamo che egli ci porta nel cuore e gli siamo molto riconoscenti. Ma anche tutta la nostra Chiesa porta il suo arcivescovo emerito nel cuore e continua a fare tesoro dell’eredità viva che ha lasciato con il suo insegnamento e con la sua azione pastorale.

Lei si appresta a guidare un grande pellegrinaggio diocesano in Terra Santa per celebrare il suo cinquantesimo di ordinazione sacerdotale e festeggiare l’ottantesimo compleanno del cardinal Martini… Quale frutto chiede al Signore da questo viaggio per lei e per la sua Chiesa?
Il pellegrinaggio in Terra Santa vuole essere, prima di tutto, un forte appello alla fede e alla conversione: qui stanno le radici vive dell’incontro di Dio con l’umanità nella persona di Gesù, un incontro che incrocia la vita di ciascuno di noi, costituendola come adesione libera e amorosa a Cristo Signore e al suo Vangelo. Vuole essere anche una fervida implorazione per la pace. Ma in una maniera specifica questo pellegrinaggio vuole porre in evidenza il tema della «chiamata evangelica». Pregheremo per chiedere a Dio il dono di nuove vocazioni di speciale consacrazione, soprattutto per il ministero presbiterale. Ci è sembrata questa la sottolineatura più naturale e insieme altamente significativa per celebrare insieme l’ottantesimo compleanno del cardinal Martini e il cinquantesimo anniversario della mia ordinazione presbiterale.

Oggi la fede subisce gli attacchi di una secolarizzazione crescente e del relativismo morale. Crede che l’esperienza della Terra Santa possa aiutare a ritrovare le proprie radici e l’entusiasmo di una fede più pura e genuina?
Penso che ogni pellegrinaggio, se vissuto con autentica partecipazione, sia una esperienza particolarmente forte che aiuta a rientrare in se stessi e a riscoprire la presenza del Signore nella propria vita. In particolare un pellegrinaggio in Terra Santa ci riporta, come già detto, alle radici della nostra fede e ci fa vivere l’emozione di essere nei luoghi dove si sono svolti i misteri centrali della nostra salvezza. Chi lo ha vissuto, almeno una volta, lo testimonia con gioia ed entusiasmo e desidera dal profondo del cuore ritornarvi per sentire «come è buono il Signore» e come sono vere le sue parole: «Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».

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