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Libano, i risvolti ecologici dell’ultima guerra

25/01/2007  |  Milano
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Libano, i risvolti ecologici dell’ultima guerra
Un deposito di carburanti in fiamme durante la guerra tra Israele e Libano dell'estate 2006.

Il conflitto della scorsa estate tra Israele e il movimento Hezbollah ha lasciato dietro di sé una scia di danni e rischi ambientali. Lo denuncia un rapporto diffuso il 23 gennaio dal Programma delle Nazioni Unite per l'ambiente (Unep). Molte delle fabbriche bombardate e degli impianti industriali andati in fiamme sono risultati contaminati da sostanze tossiche, pericolose per la popolazione.


Il conflitto tra Israele e il movimento di Hezbollah ha lasciato dietro di sé una scia di danni e rischi ambientali. La denuncia arriva da un rapporto diffuso martedì 23 gennaio dall’Unep, il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente. Molte delle fabbriche bombardate e degli impianti industriali bruciati in Libano sono risultati contaminati da sostanze tossiche, pericolose per la popolazione.

Il rapporto dell’Unep è stato richiesto dalle stesse autorità libanesi al termine delle ostilità, lo scorso agosto. A redigerlo sono stati dodici esperti ambientali che, tra la fine di settembre e la metà di ottobre, hanno visitato più di un centinaio di luoghi attentamente selezionati. Sono stati raccolti campioni di terreno, acqua (sia in superficie che in profondità), polveri, sedimenti e addirittura alcune ostriche, rivelatori naturali del grado di inquinamento.

I risultati delle analisi compiute parlano chiaro: servono interventi urgenti. Sono stati per esempio registrati elevati livelli di sostanze nocive derivate dal petrolio attorno all’impianto di Jiyeh, 30 chilometri a sud di Beirut, bombardato a luglio. Le persone che vivono nelle vicinanze di questa centrale devono – secondo gli esperti dell’Unep – essere tenute sotto controllo per monitorare qualsiasi cambiamento nello stato di salute. Sono infatti a rischio cancro e malattie respiratorie.

Importante anche eliminare al più presto le bombe a grappolo (cluster bombs) rimaste inesplose dopo gli oltre 30 giorni di ostilità. Più colpito il sud del Paese, dove si concentrano aree agricole al momento inaccessibili ai coltivatori. Una situazione gravissima se si pensa che il 90 per cento della popolazione locale in queste zone dipende dall’agricoltura.

L’Unep ha evidenziato poi la disastrosa situazione delle reti idriche e fognarie: colpite dai bombardamenti sono ora, in alcuni punti, a rischio contaminazione.

Nel rapporto c’è, però, anche qualche dato positivo: i test compiuti in laboratori europei sui campioni raccolti hanno escluso che i missili impiegati in Libano contenessero uranio impoverito o altri materiali radioattivi. Inoltre sembra che l’ambiente marino abbia evitato i gravi danni a lungo termine legati alla perdita di idrocarburi dalla centrale elettrica di Jiyeh. In merito a questa vicenda il direttore esecutivo dell’Unep, Achim Steiner, si è congratulato «per gli sforzi internazionali di risposta d’emergenza, per aver rimosso i rifiuti nel modo più rapido possibile compatibilmente con le difficili circostanze».

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