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B’tselem conta i morti

08/01/2007  |  Gerusalemme
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<i>B’tselem </i>conta i morti
Soldato israeliano monta la guardia a un posto di blocco.

I dati raccolti da B'Tselem - il Centro di informazione israeliano per i diritti umani nei Territori palestinesi - rendono tangibile la gravità della situazione nei Territori palestinesi a seguito delle azioni delle forze armate di Israele. Nel 2006, tra i palestinesi sono state uccise quasi due persone al giorno, tra cui 141 minorenni. Quasi la metà di questi morti non aveva partecipato a scontri armati. La drammatica conta dei danni include anche le abitazioni abbattute, i posti di blocco e gli arresti senza processo o formalizzazione delle accuse.


(p.m.a.) – Soltanto le cifre riescono a volte a restituire i contorni delle tragedie più imponenti. Quelle raccolte da B’Tselem – il Centro di informazione israeliano per i diritti umani nei Territori palestinesi – puntualmente ogni anno rendono eloquentemente visibile la gravità della situazione.

Nel 2006, sono stati 660 i palestinesi uccisi dalle forze di sicurezza israeliane nei Territori e all’interno di Israele. Quasi due morti al giorno. Il dato include ben 141 minorenni, il che porta addirittura a 811 il totale delle vittime tra i giovanissimi dall’inizio della seconda Intifada (settembre 2000).

Da sottolineare, peraltro, che almeno 322 dei 660 palestinesi colpiti nel 2006 non stavano prendendo parte ad alcun tipo di scontro armato. Nella sola Striscia di Gaza, riporta B’Tselem, dal sequestro, a fine giugno scorso, del caporale Gilad Shalit per mano di guerriglieri palestinesi, le forze israeliane hanno ucciso 405 palestinesi (inclusi 88 minorenni), 205 dei quali non stavano partecipando ad azioni ostili. Di converso, sono 17 i civili israeliani uccisi da miliziani palestinesi durante lo scorso anno, mentre le vittime tra le file delle forze di sicurezza sono state 6 (316 in totale dallo scoppio della seconda Intifada).

Le statistiche raccolte da B’Tselem – organismo fondato nel 1989 da un gruppo di professori universitari, avvocati, giornalisti e membri del Parlamento israeliano – riguardano anche numerosi aspetti della vita quotidiana nei Territori.

Israele, ad esempio, mantiene ben 54 check-point fissi all’interno della Cisgiordania, 12 nella sola città di Hebron. Ogni settimana, inoltre, vengono piazzati in media almeno altri 160 punti di controllo «volanti» in tutta la Cisgiordania. Ad essi, poi, vanno aggiunte le centinaia di ostacoli fisici (muri, trincee, sbarramenti di terra e via dicendo) eretti dalle forze di sicurezza israeliane per limitare la circolazione dei palestinesi.

Altri dati importanti raccolti da B’Tselem sono quelli relativi alla demolizione di appartamenti ed edifici appartenenti a famiglie palestinesi. Nel 2006 Israele ha proceduto alla distruzione di almeno 292 case (279 delle quali nella Striscia di Gaza) nel corso delle sue operazioni militari. Così, 1.769 palestinesi sono rimasti senza tetto. Soltanto in 80 casi, peraltro, le famiglie coinvolte erano state avvertite per tempo della prossima demolizione. Altre 42 abitazioni sono inoltre state distrutte a Gerusalemme Est, in quanto costruite senza i necessari permessi: ospitavano non meno di ottanta persone.

Infine un’occhiata alle cifre relative ai prigionieri. Israele, allo scorso novembre, deteneva in carcere 9.075 palestinesi, 345 dei quali con meno di diciotto anni. Ben 738 detenuti, quasi uno su tredici, sono «ospiti» delle celle israeliane sulla base di un provvedimento di «detenzione amministrativa». Senza cioè essere mai stati processati o informati delle accuse in base alle quali sono stati arrestati.

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