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Benedetto XVI in Turchia: il viaggio si farà

18/09/2006  |  Milano
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Benedetto XVI in Turchia: il viaggio si farà

Il governo turco ha confermato che non ci sono ragioni sufficienti per annullare la visita del Papa in Turchia prevista per fine novembre prossimo.Non bastano le proteste di questi giorni contro un passaggio del discorso papale all'università di Regensburg, in Baviera, a indurre un mutamento di programmi.Dell'attesa della comunità cattolica turca e del clima che si respira nel Paese abbiamo parlato con il vicario apostolico dell'Anatolia, mons. Luigi Padovese.Per voi un breve brano dell'intervista pubblicata integralmente sul numero di settembre-ottobre del bimestrale Terrasanta.


Le reazioni del mondo musulmano al discorso pronunciato da Benedetto XVI presso l’università di Ratisbona, nel corso del suo recentissimo viaggio in Baviera, hanno fatto temere un annullamento della visita papale prevista in Turchia dal 28 novembre al primo dicembre prossimi. In quel Paese sono state particolarmente violente le voci di protesta da parte dei leader musulmani e le note critiche anche da parte di esponenti del mondo politico. Un clima creato ad arte (nessuno infatti ha letto il discorso di Benedetto XVI) e alimentato da una parte della stampa che dà sfogo a sentimenti anti-occidentali e anticristiani.

L’intervento del Papa durante l’Angelus di ieri a Gastelgandolfo (nel quale ha espresso rammarico e ha ribadito che la citazione medioevale riportata nella lezione di Regensburg – proprio un passo di questa citazione ha scatenato le ire dei musulmani – non rispecchia il suo pensiero sull’islam) è stato commentato positivamente dal ministro degli Esteri di Ankara, Abdullah Gul, per il quale la visita non è affatto in discussione.

Questa mattina, inoltre, anche la Conferenza episcopale della Turchia, riunita ad Istanbul per definire il programma del viaggio, ha confermato le date della visita di Benedetto XV. Presente all’incontro anche mons. Piero Marini, responsabile dell’Ufficio delle cerimonie liturgiche del Papa. Tre le tappe del viaggio papale: Ankara, Efeso e Istanbul, dove incontrerà le autorità civili turche, gli esponenti religiosi cristiani (il patriarca ecumenico greco ortodosso Bartolomeo I e il patriarca armeno Mesrob II ) e la piccola comunità cattolica presente in Turchia.

In vista del viaggio, Terrasanta di settembre-ottobre pubblica una lunga intervista al vicario apostolico dell’Anatolia, il cappuccino milanese mons. Luigi Padovese. Tra i tanti temi toccati, anche il clima interno del Paese e il rapporto con l’islam.

Ecco un’anticipazione di alcuni brani dell’intervista realizzata da Giuseppe Caffulli.

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Monsignor Padovese, cosa si aspetta la Chiesa di Turchia dalla visita del Santo Padre?
Fin dal suo discorso d’insediamento Benedetto XVI ha messo in evidenza il suo interesse per la causa ecumenica, come una delle priorità del suo pontificato. La visita di novembre si iscrive all’interno di questo interesse specifico che il Santo Padre ha per l’unione delle Chiese. Vedo anche l’occasione per rafforzare i cristiani di Turchia nella loro identità. Un’opportunità per esprimere la vicinanza del Papa alla Chiesa di Turchia e alle Chiese cristiane che là si trovano.

Il tema della libertà religiosa è oggi centrale nel dibattito tra Europa e Turchia. Lei stesso, se non sbaglio, si è detto convinto che l’ingresso di Ankara nell’Unione Europea sia un fattore capace di far evolvere la situazione nel senso di una maggiore apertura.
La realtà della Turchia è quella di uno Stato che si professa laico ma che negli scorsi decenni ha visto sempre più crescere, per necessità di carattere politico, un fronte islamico vivace. Lo Stato in Turchia è sì laico, ma anche confessionale. Non sulla carta ma nei fatti. Uno Stato confessionale di colorazione sunnita, come la maggior parte della popolazione musulmana turca. Evidentemente questo a discapito anche delle minoranze non solo cristiane, ma anche musulmane: penso agli aleviti (un ramo degli alauiti sciiti che costituiscono il 20 per cento della popolazione, considerati una forma eretica di islam dalla maggioranza sunnita – ndr) che patiscono questo clima di discriminazione. La tutela delle libertà individuali e la possibilità di convivenza pacifica tra islam e componenti non musulmane sono aspetti di fondamentale importanza, che possono avere ripercussioni positive (per il peso e il prestigio della Turchia) sul cammino democratico in tutto il Medio e Vicino Oriente.

Immagino che man mano che passano le settimane, cresca l’emozione e l’attesa per questo evento storico.
La Turchia è una finestra sull’Oriente. Paese a maggioranza musulmana, nazione ponte tra Occidente e Oriente, è il luogo più indicato per lanciare un messaggio di pace e riconciliazione tra popoli, culture e religioni. Credo che questo viaggio del Santo Padre, nel contesto storico e sociale del Medio Oriente d’oggi, possa avere davvero un significato provvidenziale.


 

Scheda: la presenza cristiana in Turchia

Non è per nulla facile quantificare il numero dei cristiani in Turchia. Le stime oscillano tra gli 80 e i 100 mila fedeli (qualche fonte si spinge a ipotizzare 150 mila).
La Chiesa cattolica conta circa 40 mila fedeli. Tre sono le circoscrizioni ecclesiastiche di rito latino (l’arcidiocesi di Smirne con 1.350 fedeli, il vicariato apostolico di Istanbul con 15 mila fedeli, il vicariato apostolico dell’Anatolia con circa 3 mila fedeli).
In più vanno considerate le comunità cattoliche di rito orientale: ameni, caldei, siriaci. La Chiesa cattolica non è riconosciuta dallo Stato e patisce limitazioni nell’esercizio dell’attività pastorale: non è permessa, per esempio, la costruzione di nuove chiese e di strutture per la formazione del clero.
Una situazione che dipende da una interpretazione restrittiva del Trattato di Losanna del 1923: è riconosciuta la libertà religiosa per le confessioni religiose non musulmane già riconosciute dall’Impero Ottomano (armeni, greco-ortodossi, ebrei).
Per le altre minoranze nulla, dato che sono considerate «straniere» e quindi non soggette a tutela.

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Francesco D'Assisi

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