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Il segreto di Salerno

Manuela Borraccino
18 luglio 2023
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Il segreto di Salerno
Studiosi di astronomia e geometria, dal volume La Vraye Histoire du Bon Roy Alixandre, XIV sec., British Library, Londra

Una grande mescolanza culturale, religiosa e di scambi scientifici diede origine nell’Alto Medioevo nella città campana alla leggendaria Scuola di medicina voluta da maestri cristiani, ebrei e musulmani, considerata la più antica università d’Europa. Un’istituzione nata durante la dominazione longobarda e che toccò il suo l’apogeo sotto i normanni.


Non esiste una data certa e documentata per la fondazione della Scuola medica salernitana. È certo però che nell’undicesimo secolo era già considerata la prima Università d’Europa. Anche perché sorta su un crocevia fra Oriente e Occidente: al centro di interrelazioni, influenze e contatti provenienti da matrici culturali differenti, la città e la Scuola furono un punto di intersezione fra cristiani, ebrei e musulmani. E qui sta forse il significato della leggenda delle origini. Si narra infatti che in una sera imprecisata del IX o del X secolo, un pellegrino greco di nome Pontus arrivò nella città di Salerno e cercò riparo per la notte sotto i portici di una via che collegava due monasteri. Scoppiò un temporale e sopraggiunse un altro viandante ferito: era il latino Salernus. Il greco si avvicinò per osservare come il latino curasse la propria ferita e iniziarono a parlare di medicina. Di lì a poco giunsero l’ebreo Helinus e l’arabo Adela. Appreso che tutti e quattro erano medici, decisero di fermarsi a Salerno e di dar vita a una scuola dove le loro conoscenze potessero essere raccolte e divulgate.

Frutto dell’incrocio di culture diverse, la medicina dei maestri salernitani era basata essenzialmente sulle teorie umorali ippocratico-galeniche, secondo le quali la malattia era l’esito di uno squilibrio che si era venuto a creare all’interno del corpo umano tra i quattro umori in esso presenti: sangue, bile, flemma e atrabile o bile nera. Il nocciolo della fondazione prima dell’anno Mille ad opera di un greco, un latino, un ebreo e un arabo rievoca così il particolarissimo milieu di culture cristiana, araba, ebraica e islamica che avevano fatto di Salerno nell’868 d.C. la capitale del Principato autonomo longobardo, che comprendeva gran parte dell’Italia meridionale.

Prima con i longobardi e poi sotto il dominio normanno la città in posizione strategica tra colline e mare accrebbe sempre più il proprio potere, al centro di traffici che la proiettavano sia verso il mondo arabo sia, attraverso i porti pugliesi, verso Bisanzio. Fino a diventare dopo l’anno Mille una città aperta agli scambi economici, culturali e scientifici con tutto il Mediterraneo, uno dei luoghi più vitali del mondo allora conosciuto.

Il racconto mitico della fondazione, avvenuta grazie ai due medici cristiani, il greco Pontus e il latino Salernus, all’ebreo Helinus e all’islamico Adela, rievoca con i nomi ispirati da personaggi realmente esistiti in epoche diverse il melting-pot culturale in cui la Scuola germinò. Ecco il medico Garioponto (Pontus), nato nell’ultimo quarto del decimo secolo e morto prima del 1056, maestro della Scuola salernitana e anche il primo di cui sia rimasta traccia oltre che il manuale Passionarius, che riassume le dottrine di Ippocrate e di Galeno. Segue l’arcivescovo, abate benedettino, medico e poeta Alfano da Salerno (Salernus), nato tra il 1015 e il 1020 e morto nel 1085, traduttore di testi medici greci e mediatore nel passaggio della città dalla dominazione longobarda a quella normanna all’indomani della conquista da parte di Roberto il Guiscardo. È poi la volta dell’insigne oculista Isacco Giudeo (Helinus), nato in Egitto intorno all’850 e morto a Tunisi tra il 932 e il 941, considerato uno dei capiscuola della medicina araba e autore in arabo di diverse opere di medicina generale molto diffuse fino al Rinascimento; e il medico e monaco di origine araba Costantino l’Africano (Adela), nato a Tunisi tra il 1010 e il 1015 circa, morto a Montecassino nel 1087, che viaggiò per decenni in Nord Africa prima di approdare a Salerno: fu anche grazie alle sue traduzioni in latino di opere di medicina araba che la Scuola toccò l’apogeo come centro medico d’eccellenza alla metà dell’XI secolo.

Che Salerno ospitasse da prima del X secolo una fiorente comunità ebraica lo confermano tra l’altro le cronache del rabbino e mercante ebreo Beniamino da Tudela, una fonte preziosa per avere un quadro della diffusione ebraica nel Medioevo. Nel 1159 egli si mise in cammino dalla Navarra alla volta di Gerusalemme forse, ipotizza uno storico, alla scoperta dei sepolcri dei santi ebrei sulle orme dei pellegrinaggi cristiani. Nel corso di vent’anni visitò le comunità ebraiche poste sul cammino da Marsiglia a Baghdad e nel suo Libro dei viaggi ne descrisse le caratteristiche, la grandezza, i costumi.

Nel 1165 egli annotava cinquecento ebrei a Napoli, duecento a Benevento, seicento a Salerno: qui il quartiere ebraico, tuttora visibile, chiamato la Giudaica, era costituito da una lunga strada, detta Judicavia, «chiusa tra un muro e un muricino» che andava dalla chiesa di Santa Lucia a Portanova, alle spalle del palazzo del Governo. Quella fotografata da Beniamino, osserva la storica Anna Foa nel recente saggio Ebrei in Italia (Laterza, 2022) «è un’Italia in cui la presenza ebraica, forte quasi solo al Sud, è ampia e solida sia dal punto di vista economico, grazie a mercanti e artigiani, sia da quello culturale, con medici importanti e studiosi di scienze talmudiche. I rapporti con il mondo esterno appaiono sostanzialmente buoni, più difficili nel periodo e nelle zone bizantine, migliori sotto normanni e arabi. Sarà molto più tardi la dominazione angioina, nel Duecento, a dare inizio a una crisi destinata, tra alti e bassi, a protrarsi fino alle espulsioni di fine Quattrocento».


L’officina delle medichesse

La più nota fra le medichesse salernitane fu la ginecologa Trota de Ruggiero, conosciuta con il diminutivo di Trotula, vissuta nell’XI secolo e autrice di un trattato, la Practica secundum Trotam, di enorme successo. Ma non fu certo l’unica fra le donne medico attive tra l’XI e il XV secolo nella celeberrima Scuola dell’Italia meridionale: oltre a Trota, racconta la storica Isabella Gagliardi nel bellissimo saggio Anima e corpo. Donne e fedi nel mondo mediterraneo (secoli XI-XVI), riemergono dalle profondità delle cronache medioevali i nomi e le opere di Costanza Calenda, Abella di Castellomata, Francesca di Romano, Toppi Salernitana, Rebecca Guarna e Mercuriade. Del resto le donne medico (e non solo le ostetriche) fin dal Medioevo erano una necessità, non solo per la gravidanza e il parto, ma soprattutto per il rispetto del pudore e la corretta pratica dei rapporti tra i sessi. E tuttavia il loro numero e la loro fama nella Scuola medica era tale da farci pensare che Salerno costituisse più un’eccezione che la regola.

Terrasanta 4/2023
Luglio-Agosto 2023

Terrasanta 4/2023

Il sommario dei temi toccati nel numero di luglio-agosto 2023 di Terrasanta su carta. Al centro, il Dossier dedicato alla situazione in Siria con un reportage da Damasco, Aleppo e Latakia dove abbiamo incontrato i francescani e il popolo delle loro comunità.

Carcerati palestinesi, il dossier dimenticato
Paola Caridi

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Nelle prigioni israeliane sono rinchiusi moltissimi palestinesi in regime di detenzione preventiva, senza processo, sottoposti alla legge militare. Una prassi che si propone di combattere il terrorismo, ma che contribuisce a rendere ancora più incolmabile il fossato d’odio.

Aleppo, a che punto è la notte?
Francesco Pistocchini

Aleppo, a che punto è la notte?

Un viaggio di fine giugno 2023 in Siria, e in particolare ad Aleppo, dà origine a questo reportage pubblicato nelle 16 pagine centrali del Dossier di Terrasanta in questo numero di luglio-agosto 2023.

Il fiume che bagna tutta la Bibbia
Gianfranco Ravasi

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Il Giordano? Una meta verso cui Israele pellegrino tende, ma anche una tappa da superare e lasciarsi alle spalle. Perché la Terra promessa è al di là del fiume. Pubblichiamo un brano del capitolo introduttivo del nuovo libro del cardinale Gianfranco Ravasi dedicato al fiume che «attraversa» la storia della Salvezza

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