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La festa dell’universalità

fra Alberto Joan Pari ofm
3 maggio 2013
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La festa dell’universalità
Basilica di San Pietro in Vaticano. Vetrata che simboleggia la discesa dello Spirito Santo.

Il giorno di Pentecoste a Gerusalemme ci si raduna nel Cenacolo per una preghiera molto particolare durante la quale tutti recitano a voce alta il Padre nostro nella loro lingua.


Cinquanta giorni dopo la Pasqua noi cristiani celebriamo la festa di Pentecoste. Il nome, dal greco, vuole ricordare proprio il compiersi del tempo che separa il miracoloso fatto del Cenacolo dall’evento pasquale. Che origini ha questa festa e perché è così importante? Nella religione ebraica sette settimane dopo la Pasqua, nel cinquantesimo giorno, si celebra la festa delle shavuot: le settimane. In passato, in questa occasione, gli ebrei ringraziavano il Signore per il raccolto del frumento. Dopo il faticoso lavoro della mietitura, la Pentecoste voleva essere una festa di ringraziamento e di gioia. In seguito venne collegata con il ricordo dell’Alleanza del Sinai e con la consegna, che ne era seguita, dei dieci comandamenti. Divenne così festa memoriale della storia della salvezza di Israele.

Nella tradizione rabbinica, nei testi di interpretazione dei racconti biblici (Midrash), c’è una descrizione molto interessante di come dovrebbe essere avvenuta la consegna della Legge a Mosè. Il racconto afferma che la voce di Dio sul monte Sinai si divise in settanta lingue affinché tutti i popoli potessero udirla, perché gli antichi credevano che i popoli presenti sulla terra fossero allora settanta. Come ben sappiamo, inoltre, Dio si manifesta a Mosè e poi a tutto Israele come vento, fuoco, tuoni e lampi, tutte immagini che gli autori sacri utilizzarono per provare a spiegare la potenza e la superiorità di Dio nei nostri confronti.

Ecco allora che il racconto della Pentecoste cristiana diviene più comprensibile e anche i dettagli più misteriosi si fanno carichi di profondi significati. Nel libro degli Atti degli Apostoli leggiamo che «mentre il giorno di Pentecoste stava per finire, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne all’improvviso dal cielo un rombo, come di vento che si abbatte gagliardo, e riempì tutta la casa dove si trovavano. Apparvero loro lingue come di fuoco che si dividevano e si posarono su ciascuno di loro; ed essi furono tutti pieni di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue come lo Spirito dava loro il potere d’esprimersi. Si trovavano allora in Gerusalemme giudei osservanti di ogni nazione che è sotto il cielo» (At 2, 1-5). Anche in questo giorno tanto singolare, come sul Sinai, Dio si manifesta: un vento impetuoso si abbatte gagliardo nella stanza, le lingue di fuoco si posano sulle persone presenti, si sente il fragore di un tuono; ricompare il dono delle lingue. Lo Spirito sceso sui presenti dà loro la capacità di riunire nell’unità di fede tutti i popoli presenti nel mondo. In effetti nel testo sono elencati solo quindici popoli con le loro lingue, ma erano tutti quelli conosciuti al tempo degli apostoli. Quindi l’autore vuole indicare che tutto il mondo era nuovamente unito dall’unico Spirito di Dio. La Pentecoste cristiana è l’ultima tappa della storia della salvezza che porta a compimento il grande progetto di Dio Padre sull’umanità attraverso il dono dello Spirito Santo. Ogni particolare di questo racconto è chiaramente voluto per sottolineare come la Pentecoste sia il vero compimento dell’antica celebrazione della legge sinaitica.

A Gerusalemme, il giorno di Pentecoste, tutti i fedeli provenienti da ogni parte del mondo che si trovano nella Città Santa si radunano, nel pomeriggio, per una preghiera molto particolare nel Cenacolo, il luogo dove, secondo la tradizione, avvenne la discesa del Paraclito. La preghiera è molto semplice ma tanto ricca e il momento più particolare è la recita del Padre nostro nelle tante lingue; ognuno è invitato a pregare a voce alta nella propria lingua e l’atmosfera che si crea è davvero speciale, chiudendo gli occhi si ha la sensazione che un vento soffi gagliardo portando con sé le voci di tutte le genti.

Mi piace molto prender parte a quella liturgia, e ogni volta con maggior convinzione mi dico che pur diversa e differenziata per lingue, abitudini, razze, l’umanità può tuttavia parlare e comprendere uno stesso linguaggio: quello dell’unica fede, quello che scaturisce dal comandamento dell’amore.

L’Antica Pentecoste celebra il dono della legge che ne era profezia; la Pentecoste cristiana è il dono della Legge Nuova, scritta nel cuore degli uomini, che è lo Spirito Santo.

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