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Un incontro che lascia il segno

fra Matteo Brena
23 aprile 2024
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Un incontro che lascia il segno
Margaritone d’Arezzo, San Francesco d’Assisi (dettaglio, 1240-1260), Roma, Musei Vaticani

I segni della passione di Gesù su Francesco, ricevuti nel momento di maggiore debolezza, quando tutto sembra vacillare, diventano fecondi perché accolti con stupore. Sono un dono nella relazione e l’inizio di una vita nuova.


Il tempo della Pasqua ogni anno ci dà la possibilità di rileggere i passi evangelici che narrano i giorni seguenti alla risurrezione di Gesù. I Vangeli riportano una serie di segni rivelatori della vittoria di Cristo sulla morte. Le bende, la voce di Gesù udita dalla Maddalena, il pane spezzato a Emmaus, le piaghe mostrate ai discepoli nel cenacolo e poi a Tommaso segnano l’inizio di una nuova storia e portano a ricomprendere quella passata.

Come i primi discepoli, anche noi abbiamo sempre la necessità di trovare conferme nella vita concreta a ciò che crediamo e speriamo. Abbiamo bisogno di fare esperienza personalmente, di andare in profondità, di vedere e incontrare persone luminose, toccare con mano realtà difficili dentro le quali non muore mai la speranza di un cambiamento, mettere il dito in situazioni sorprendenti, e scoprirle vere. Abbiamo bisogno di segni che diventano poi «segnali stradali» per un percorso di senso che ci sfugge nelle tante cose e nella confusione che spesso travolge le nostre vite.

I segni per il cristiano sono un dono che ha bisogno di essere accolto all’interno di una relazione, di un incontro, di un tempo preciso.

Per Francesco d’Assisi, nel suo percorso di conversione, la dimensione dell’incontro è sempre stata fondamentale. Infatti, il suo Testamento inizia proprio con il racconto della sua conversione, resa possibile grazie all’incontro con il lebbroso: «Il Signore dette a me, frate Francesco, d’incominciare a fare penitenza così: quando ero nei peccati mi sembrava cosa troppo amara vedere i lebbrosi e il Signore stesso mi condusse tra loro e usai con essi misericordia. E allontanandomi da essi, ciò che mi sembrava amaro mi fu cambiato in dolcezza d’animo e di corpo. E di poi, stetti un poco e uscii dal mondo» (Fonti Francescane 110-111).

Un lebbroso, i fratelli, il vescovo, il Vangelo… è negli incontri che Francesco riesce a compiere un percorso di uscita da sé, un esodo che lo porta alla scoperta di Dio, dell’altro e del cammino da percorrere giorno dopo giorno. Il suo andare in giro per l’Italia centrale, narrato nelle Fonti francescane, è all’insegna dell’incontro alla scoperta dei segni «dello Spirito del Signore e della sua santa operazione» che, nello spirito della Regola Bollata, ogni frate doveva avere e ricercare in ogni persona e in ogni creatura.

Così ogni situazione può essere causa di bene. Bene riconosciuto, indicato e predicato dal poverello di Assisi nelle piazze e nelle chiese. Anche l’esperienza delle stimmate deve essere letta all’interno di questo percorso fatto di incontri e segni. Francesco riceve i segni della passione nel momento della sua maggior debolezza. Sfigurato dalle malattie, non più giovane, provato nel corpo e nello spirito ha rinunciato alla guida dell’Ordine e ha dei dubbi se tutto ciò che ha fatto è opera sua o di Dio. I sogni, le speranze, la fiducia riposta in Dio, tutto sembra vacillare.

In questo momento, che potremmo definire «pessimo», Francesco diviene corporalmente simile a Gesù attraverso – come scrive san Bonaventura – l’incontro con il serafino alato che porta il crocifisso.

Questa esperienza dice a noi che i doni di Dio non sono mai meritati, ma doni che possiamo ricevere all’interno di una relazione animata dallo stupore e dall’umiltà, che diventano fecondi e fonte di vita nuova se li accogliamo come opportunità tra desiderio e stupore che apre al cambiamento.

Papa Francesco ci richiama alla necessità di fare attenzione al modo con il quale incontriamo il Figlio di Dio attraverso i segni che compie nella nostra vita. Il primo modo è lo stupore come quello di Pietro, degli apostoli e del popolo di Galilea che rimane colpito dal «parlare con autorità» da parte di Gesù, ma soprattutto dalle guarigioni che compie tra la gente che incontra nelle strade e nelle sinagoghe. Un secondo è quello dei dottori della legge e i farisei che incontrano «il nazareno» con un atteggiamento di chiusura del cuore e quindi senza meraviglia e possibilità di cambiamento della propria vita.

Vigiliamo quindi sulla qualità dei nostri incontri e sulla nostra capacità di cogliere i segni che spesso abitano la nostra quotidianità, ma non riusciamo a coglierli con stupore e come dono all’interno di una relazione. È lì che ci aspetta un cambiamento radicale, cambiamento del gusto dove l’amaro si trasforma in dolce e dove la croce diventa possibilità di amore e richiesta di intercessione come è accaduto sul Monte della Verna.

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