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Chi è fuggito dalla Siria non torna indietro

Francesco Pistocchini
20 gennaio 2023
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Chi è fuggito dalla Siria non torna indietro
Panoramica di un campo di raccolta per i profughi siriani in Turchia. (foto Canva)

Anche se sono diminuite le operazioni militari – con il parziale disimpegno della Russia, e l’avvicinamento diplomatico con la Turchia –, la Siria resta un Paese pericoloso. Le sanzioni occidentali aggravano povertà e devastazioni materiali.


Come ha ricordato di recente l’agenzia di informazione Asianews, il conflitto siriano nell’anno 2022 ha provocato oltre 3.800 morti: un numero tragico, ma il più basso dall’inizio della guerra scoppiata nel 2011. I dati sono forniti dall’Osservatorio siriano per i diritti umani che indica in 321 il numero dei bambini morti e 209 le vittime provocate dalle mine antiuomo e altri ordigni. Perciò, anche se sono diminuite le operazioni militari (con il parziale disimpegno della Russia, e l’avvicinamento diplomatico tra Damasco e la Turchia), la Siria resta un Paese pericoloso dove è molto difficile fare ritorno. Ai problemi della sicurezza si aggiungono povertà e devastazioni materiali, causate anche dalle sanzioni occidentali.

Moltissime famiglie hanno visto le proprie case distrutte o i beni confiscati. Secondo l’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati (Acnur o Unhcr), che cerca di monitorare gli spostamenti e i bisogni di tutti i rifugiati siriani, sono stati registrati poco più di 38mila rimpatri dai Paesi confinanti con la Siria dove i siriani registrati sono quasi 5 milioni e mezzo (cartina a destra). Complessivamente i rientri registrati tra il 2016 e la fine del 2021 sono stati poco più di 300mila. In Siria sono rimasti circa 18,5 milioni di abitanti. Il Commissario dell’Onu per i rifugiati, Filippo Grandi, che ha visitato il Paese in settembre, da Aleppo ha richiamato la comunità internazionale a preoccuparsi dei 14,6 milioni di siriani che hanno bisogno di assistenza umanitaria: tra questi, 6,7 milioni sono sfollati interni, persone che hanno dovuto abbandonare per la guerra le zone di origine. Ma quanti sono i siriani ancora oggi riparati all’estero? Quelli che hanno abbandonato il Paese in questo decennio equivalgono a più di un terzo degli abitanti rimasti in patria. Secondo le stime dell’Onu, i rifugiati sono in tutto 6,6 milioni. Oltre l’80 per cento di loro è riparato nei Paesi più vicini: 5.480.000 persone esuli nei Paesi confinanti: Turchia – il Paese al mondo con il maggior numero di profughi in assoluto –, Libano – il Paese con il maggior numero di profughi per abitante –, Giordania, Iraq, Egitto. Di questi, 276mila (5 per cento) vivono ancora in campi profughi (erano il doppio nel 2016), mentre la grande maggioranza risiede in centri urbani e rurali.

Un terzo dei profughi in Medio Oriente e Nord Africa sono bambini e bambine con meno di 11 anni, quindi sono nati in esilio e non hanno mai visto il Paese. Nel 2019 già un milione di bambini siriani era nato nei Paesi vicini. Una componente rilevante di questa diaspora provocata da bombardamenti, assedi e persecuzioni dell’Isis è costituita dai cristiani, sui quali esistono solo stime che variano da 300mila a 800mila, cioè circa la metà del totale. Nella città di Aleppo, sarebbero rimasti circa 30mila cristiani, un quinto della presenza pre-conflitto. A preoccupare l’Acnur è il progressivo calo di fondi disponibili per aiutare i rifugiati e le comunità di accoglienza.

Negli ultimi 5 anni i finanziamenti sono passati dal 60 al 30 per cento delle somme annuali ritenute necessarie. L’attenzione del mondo si è spostata sull’Ucraina e altre crisi, i fondi internazionali a favore dei profughi si sono nettamente ridotti. Per il 2022, dei circa 6 miliardi richiesti, solo 1,4 miliardi sono arrivati dalle agenzie dell’Onu e 300 milioni dalle ong. La quota maggiore di fondi (812 milioni su 1.742) sono stati assegnati al Libano, in piena crisi economica e finanziaria. Una destinazione importante dei siriani in fuga, anche se con numeri nettamente inferiori alla Turchia è l’Europa. Le domande di asilo nei Paesi variano molto da Stato a Stato: la Germania, nella Ue, è il Paese che ha ricevuto in assoluto il maggior numero di richieste di protezione (664mila), seguita dalla Svezia (113mila, ma con un ottavo degli abitanti della Germania). Seguono la Grecia, l’Ungheria, lungo la rotta balcanica, quindi Austria, Paesi Bassi, Belgio, Francia, Bulgaria e Danimarca. Quest’ultima, con 22mila domande di asilo ricevute da siriani, dal 2019 ha iniziato a considerare la situazione della sicurezza sufficientemente migliorata e tale da spingere i rifugiati a rientrare in Siria. Nel maggio 2022, anche la Turchia, per voce del suo presidene Recep Tayyip Erdoğan, ha annunciato di voler ritrasferire un milione di rifugiati nel nord della Siria, in aree non controllate dal governo, e Human Rights Watch ha registrato decine di casi di violazione del principio di non-respingimento.

L’Italia non ha ricevuto un numero ingente di richieste di asilo e protezione umanitaria. Secondo i dati del ministero dell’Interno, le domande da parte di siriani sono state 1.174 nel 2016, 1.833 nel 2017, e 779 nel 2018, accolte per oltre il 90 per cento. Dai dati sugli sbarchi irregolari risulta che dei 67mila giunti in Italia attraverso il Mediterraneo nel 2021, il 3 per cento si dichiarava siriano; l’8 per cento dei 105mila nel 2022. I tragitti per mare più brevi, anche se spesso mortiferi, sono dal Libano a Cipro e dalla Turchia alla Grecia, per i tanti che vedono il loro futuro in Europa e non in Siria.

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