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I contenuti extra di Terrasanta

la redazione
18 luglio 2022
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I contenuti extra di <i>Terrasanta</i>

In questa pagina offriamo ai lettori alcuni contenuti in più sul tema del Dossier pubblicato nel numero di luglio-agosto 2022 del bimestrale Terrasanta.


Un testo

Salvare il Mar Morto, tra utopia e realtà

Non mancano i progetti per cercare di stabilizzare e proteggere il Mar Morto. Dal più concreto al più fantasioso, passando per il più poetico, una rassegna di queste idee, che finora non hanno dato risultati.

 

• L’idea più folle: il canale Mar Rosso – Mar Morto

Tutto in questo progetto è fuori scala. L’idea di partenza: far risalire il livello del Mar Morto grazie a un canale lungo 180 chilometri, che porti l’acqua dal Mar Rosso e la salamoia prodotta in un nuovo impianto di dissalazione ad Aqaba, che allo stesso tempo rifornirebbe i giordani di acqua dolce.
Gli attori coinvolti sarebbero Israele, la Giordania e l’Autorità palestinese, tra loro in cattivi rapporti, ma firmatari nel 2013 di un inedito accordo tripartito. Il costo del canale, sostenuto dalla Banca Mondiale, sarebbe di 10 miliardi di dollari in vent’anni. Le sue conseguenze: alcuni ricercatori dell’Università Ben Gurion di Beer Sheva (Israele) hanno mostrato che la composizione chimica del Mar Morto potrebbe subire alterazioni con dall’arrivo di acqua esterna, con il rischio di renderlo rosso o biancastro, nello scenario peggiore.

L’ampiezza della sua inattuabilità: immaginato nel 2003, 18 anni dopo del progetto non si è fatto ancora nulla, nessuna costruzione era stata avviata, quando i giordani hanno annunciato il loro ritiro nella primavera del 2021. Quello che doveva essere il «canale della pace» si è trasformato in uno stallo politico, minato dal naufragio delle relazioni israelo-giordane, dall’impossibilità di ottenere finanziamenti e dall’opposizione degli ambientalisti. «Fin dall’inizio il progetto si preannunciava impraticabile – sottolinea Oded Eran, ricercatore emerito presso l’Istituto israeliano per gli Studi sulla sicurezza nazionale –. Israele si sarebbe ritrovato ad acquistare acqua che non aveva bisogno nell’area di Aqaba-Eilat; la Giordania, con un impianto di dissalazione che non avrebbe coperto le sue esigenze idriche nel nord del Paese, mentre l’Autorità palestinese continuava a illudersi che l’accordo avrebbe rafforzato la sua posizione territoriale lungo il Mare Morto».

• L’idea più sepolta: una classificazione dell’Unesco

Per quanto curioso possa sembrare, il Mar Morto non è mai stato classificato come patrimonio mondiale da parte dell’Unesco. L’iscrizione a questo elenco avrebbe consentito, attraverso il suo aspetto giuridico e normativo, di preservare le sue sponde, riducendo la produzione industriale di potassio. Se da una parte la Palestina chiede la protezione del sito, né Israele né la Giordania mostrano alcun interesse.

«Nessuno vuole vedere sparire gli introiti generati attraverso attività turistiche e industriali nei pressi del Mar Morto, cosa che invece comporterebbe una classificazione del sito – spiega il politologo francese Sébastien Boussois, autore di uno studio sul salvataggio del Mar Morto come questione di pace per il Medio Oriente. Israele preferisce puntare su riconoscimenti internazionali meno restrittivi, come quello delle prossime Next7Wonders che elegge le sette meraviglie naturali del mondo contemporaneo, per dare prestigio al Mar Morto. Nel 2011 l’allora primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu si era spero in prima persona nella candidatura e per la campagna di questo concorso, arrivando a chiedere agli israeliani di votare per il Mar Morto in un discorso in tivù. Alla fine, il sito è stato eliminato al termine della competizione. «Il tema resta sensibile: una parte del Mar Morto è in Cisgiordania e ottenere un riconoscimento del genere significa cancellare questa realtà».

• L’idea più sostenibile: ricostituire il flusso del Giordano

Poiché il suo flusso è diminuito del 96 per cento nell’arco di 60 anni, il Giordano oggi non è più in grado di rifornire a sufficienza il Mar Morto, contribuendo al suo prosciugamento. Dagli anni 2000 una ong israelo-giordana, EcoPeace Middle East, si impegna per salvare il flusso del Giordano, unica soluzione che considera «sostenibile» nel lungo termine. E forse questa l’unica soluzione davvero realistica. In concreto, l’organizzazione chiede allo Stato israeliano ad aprire le valvole nel Lago di Tiberiade. Le sue acque vengono attualmente pompate per alimentare il deserto del Negev grazie a un acquedotto nazionale. «Nel 2014 abbiamo convinto il governo a far passare il flusso d’acqua verso il Giordano da 9 milioni a 30 milioni di metri cubi. Serve aumentarlo di nuovo e sarebbe possibile perché, grazie alle abbondanti piogge invernali nel 2019 e 2020, il lago di Tiberiade non è mai stato così alto da 30 anni», spiega Gidon Bromberg, direttore della filiale israeliana di EcoPeace ME. L’ong sta spingendo anche per la costruzione di impianti di trattamento delle acque reflue per limitare l’inquinamento del Giordano, e sostiene una modifica dell’acquedotto nazionale israeliano, perché porti l’acqua dissalata dal Mediterraneo al Lago di Tiberiade.

Il vero problema resta il ripristino delle relazioni tra Israele e Giordania, senza le quali può essere intrapresa alcuna azione di lungo termine. Giunte al punto più basso sotto il governo di Benjamin Netanyahu, hanno iniziato a migliorare con il governo di Naftali Bennett: il 22 novembre 2021 è stato firmato l’ultimo accordo «acqua-energia» tra i due Paesi. Il testo prevede che la Giordania esporterà energia elettrica da un nuovo parco solare verso Israele, che, in cambio, fornirà ai giordani acqua dissalata. «Questa iniziativa, pur criticata dai giordani, getta le basi di una rinnovata cooperazione regionale, che permetterà di concentrarsi sulla conservazione della valle del Giordano e quindi del Mar Morto», osserva con soddisfazione Gidon Bromberg, la cui ong ha favorito l’accordo. Sottolinea, tuttavia, che gli sforzi fatti per il fiume devono accompagnarsi a una riduzione del pompaggio dal Mar Morto da parte dell’industria della potassa. «Se sostituissero i loro bacini di evaporazione con una tecnologia detta “a membrana”, gli stabilimenti consumerebbero meno acqua». 

• L’idea più poetica: l’arte per sensibilizzare

1.200 persone, completamente nude, alla luce del tramonto e nell’acqua oleosa del Mar Morto. L’immagine, ripresa nel 2011 dal fotografo Spencer Tunick, fece il giro del mondo. Obiettivo: sensibilizzare sull’abbassamento del livello del Mar Morto che è necessario preservare. L’idea è stata dell’imprenditore americano-israeliano Ari Leon Fruchter, che prova anche a mettere in piedi un Museo del Mar Morto ad Arad. Per mancanza di fondi è attualmente solo virtuale. Basta un clic per navigare in una mostra di 40 foto, premiate in un concorso internazionale organizzato dallo stesso Ari Fruchter nel 2021.
Anche se ha subìto un rallentamento a causa della pandemia di Covid-19, il progetto del museo resta in pista. La municipalità di Arad ha previsto di destinare 22 mila metri quadrati per la costruzione dell’edificio, immaginato come un cristallo di sale, progettato dallo studio di architetti Neuman-Hayner e Associati. In appoggio al progetto, Spencer Tunick a metà ottobre 2021 ha realizzato una nuova «installazione»: duemila persone nude e pitturate di bianco, in piedi nel deserto di Arad. «Cerco di creare una reazione poetica e visuale alla perdita di una meraviglia naturale del mondo», spiegava l’artista americano ai media israeliani. «Il cambiamento non si realizza se non si agisce: l’arte può a volte trasmettere un messaggio». Un modo anche di conservare una traccia di questi paesaggi commoventi.

Cécile Lemoine


Un video

Tra i molti media internazionali e nazionali che si sono occupati delle sorti del Mar Morto, il quotidiano israeliano The Times of Israel ha pubblicato online, nel giugno 2022, il servizio video (in lingua ebraica ed inglese) Dead Sea Walking. Lo segnaliamo perché in meno di 14 minuti fa bene il punto della situazione.

 


Una galleria fotografica

 


Una riflessione rivolta ai credenti

 

River out of Eden: Water, Ecology and the Jordan River in the Abrahamic Traditions
(Un rapporto di EcoPeace Middle East sul fiume Giordano pensato per i credenti ebrei, musulmani e cristiani – marzo 2017)

 

(fine dei contenuti extra)

Terrasanta 4/2022
Luglio-Agosto 2022

Terrasanta 4/2022

Il sommario dei temi toccati nel numero di luglio-agosto 2022 di Terrasanta su carta. Al centro il Dossier dedicato alle problematiche ecologiche che, nelle terre bibliche, affliggono il Mar Morto e il fiume Giordano. Buona lettura!

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