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Ripara la mia casa

fra Francesco Ielpo
2 novembre 2021
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Ripara la mia casa
Il profeta Aggeo, mosaico (XII sec.), cupola del presbiterio, basilica di San Marco, Venezia

Le persone si allontanano sempre più da una vita di fede e si può avere nostalgia per l’epoca delle chiese piene. La vicenda del profeta Aggeo, tornato a Gerusalemme dopo l’esilio babilonese, ci aiuta a comprendere e vivere questi tempi.


Nell’ultimo quarto di secolo l’Italia si è allontanata da Dio. Questo il risultato dell’indagine sociologica su come sta cambiando il rapporto degli italiani con la fede e la religione, condotta da Franco Garelli e riassunta nel saggio Gente di poca fede. Il sentimento religioso nell’Italia incerta di Dio (Il Mulino, 2020). Solo 75 cittadini su 100 credono nell’esistenza di un «Essere superiore», prima erano 82; solo 65 pensano che la religione aiuti a trovare il senso profondo della vita, prima erano 80; solo 22 non mancano mai alla messa domenicale, prima erano 30. E poi 38 sono dubbiosi, prima erano 30; 23 ritengono che la fede riguardi le persone più ingenue e sprovvedute, prima erano 5; 76 si dichiarano cattolici, prima erano 88; 30 si ritengono attivi nell’apostolato, prima erano 41.

La fotografia sulla religiosità degli italiani, che nel 2017 ha coinvolto un ampio campione nazionale (più di 3.200 intervistati), rappresentativo della popolazione di età compresa tra i 18 e gli 80 anni, mi ha fatto tornare alla mente il profeta Aggeo.

Secondo alcuni esegeti, questo profeta «minore» potrebbe essere uno degli anziani ritornati dall’esilio babilonese che ricordavano con nostalgia il magnifico tempio di Salomone. Aveva potuto godere dello splendore e della magnificenza del primo Tempio e, ritornato a Gerusalemme molti anni dopo, si trova di fronte al tentativo di ricostruire le mura della città e l’edificio del culto. Insieme alla nostalgia del precedente Tempio, si insinua la tentazione dello scoraggiamento e del lamento.

In una situazione storica concreta, Aggeo interviene invitando il resto di Israele a riprendere i lavori di ricostruzione del Tempio. Il profeta, al contrario di come comunemente si pensa, non è un anticipatore di futuro, ma innanzitutto un uomo di Dio, un uomo di fede. E, come tale, legge e interpreta gli avvenimenti dal punto di vista di Dio. «Ora, coraggio, Zorobabele – oracolo del Signore –, coraggio, Giosuè, figlio di Iosadàk, sommo sacerdote; coraggio, popolo tutto del paese – oracolo del Signore – e al lavoro, perché io sono con voi – oracolo del Signore degli eserciti –, […] il mio spirito sarà con voi, non temete» (Aggeo 2,4-5). Il profeta incoraggia la ricostruzione e ricorda che il valore del tempio non dipende dalla sua grandezza materiale, ma unicamente dalla presenza di Dio che lo abita.

Sono convinto che queste parole siano rivolte a noi, oggi. Indipendentemente dall’età anagrafica, dalle nostre capacità o forze, dalle tecniche o dalle strategie, siamo invitati ad avere coraggio, a metterci al lavoro, per edificare il tempio di Dio, cioè la sua Chiesa a partire dalle nostre mura domestiche. Non è il momento di rimpiangere i tempi passati, quando le chiese erano piene. Il profeta ci ricorda che il valore della comunità cristiana, della Chiesa, non dipende dai criteri mondani di grandezza ed efficienza, ma unicamente dalla potenza di un Dio povero e crocifisso che si umilia fino a diventare servo.

Ritornano alla mente e al cuore le parole udite da Francesco nella chiesa di san Damiano, all’inizio del suo cammino: «Francesco va’, e ripara la mia casa!». Come il Poverello d’Assisi, il tempio che siamo chiamati a ricostruire non si misura in termini numerici: quanti siamo e quante iniziative portiamo avanti; quante attività abbiamo e quante persone raggiungiamo. Si misura invece nella qualità della nostra vita, affinché possa diventare trasparenza della Presenza di Dio in mezzo a noi. Il valore non risiede nei numeri, ma nel peso specifico del cammino di conversione di ciascuno.

Nell’attuale situazione storica si moltiplicano i piani pastorali; i corsi di formazione su nuove tecniche di comunicazione; si inventano iniziative sempre più «accattivanti»; si studiano modalità nuove di presenza nel mondo dei social. Tutte realtà importanti, ma non sufficienti. Già mezzo secolo fa, papa Paolo VI affermava: «L’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri». San Francesco ha avuto il coraggio di mettersi subito al lavoro, innanzitutto su se stesso, vincendo quella innata repulsione per i lebbrosi. Nell’abbraccio al povero incontrato nei campi ai piedi di Assisi inizia la vera ricostruzione della Chiesa, perché inizia il cammino di conversione di Francesco, così come lui stesso ricorda nel suo testamento. Coraggio fratelli! Anche noi possiamo diventare autentici testimoni di Cristo nella misura in cui ci lasciamo catturare dal suo amore. Anche noi possiamo contribuire a riparare la Sua casa.

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