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L’ecumenismo della solidarietà

Émilie Rey
15 maggio 2015
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L’ecumenismo della solidarietà
Fra Toufiq con un gruppo di giovani iracheni, ospiti del suo villaggio in Libano.

Nel villaggio libanese di Deir Mimas, a sud di Beirut, la comunità locale ha accolto i fratelli iracheni in fuga da Qaraqosh.


La risposta cristiana alla pazzia del fondamentalismo islamico non fa rumore come le armi e i colpi di granata. Ma c’è. E già oggi sta costruendo un nuovo Medio Oriente, basato sulla condivisione e l’aiuto reciproco. I 400 abitanti cristiani del piccolo villaggio di Deir Mimas – nel Libano del Sud, a 90 chilometri da Beirut e a pochi chilometri dal confine con Israele e Golan – da otto mesi accolgono 14 famiglie di cristiani iracheni fuggite dai miliziani dello Stato Islamico. Lo fanno condividendo senza clamori il poco che hanno, sotto la guida di fra Toufic Bou Mehri, frate della Custodia di Terra Santa e parroco del villaggio. Le famiglie dei profughi arrivano tutte da Qaraqosh, un centro cristiano nel nord dell’Iraq occupato dai fondamentalisti dell’Isis lo scorso agosto. Abbandonati i parenti, il lavoro e i propri beni, hanno trovato rifugio in questo nido sulle montagne del Libano. Padre Toufic e i cristiani del villaggio li hanno accolti occupandosi delle loro necessità materiali e spirituali.

«Come fare diversamente? – si domanda una delle parrocchiane all’uscita della messa –. Sentiamo parlare sempre della situazione del popolo iracheno e dei cristiani che devono fuggire minacciati dallo Stato Islamico. Così quando ci hanno detto: domani le famiglie cristiane di Qaraqosh verranno da voi, ci siamo organizzati».

La semplicità delle parole e la simpatia spontanea degli abitanti di Deir Mimas possono stupire, soprattutto quando si conosce la pressione demografica ed economica dovuta alla presenza in Libano di 1,6 milioni di siriani, 300 mila palestinesi e 9mila iracheni già giunti negli anni scorsi. «I profughi in Libano hanno una serie infinita di problemi – spiega fra Toufic –, incominciando dall’alloggio e dal caro vita, per passare al lavoro. Come rifugiati non hanno diritto ad un permesso di lavoro; così lavorano in nero e quello che guadagnano spesso non basta per pagare l’affitto… I bambini difficilmente sono accettati nelle scuole pubbliche e le scuole private sono care. Ci sono 500 mila bambini rifugiati in Libano ma solo 100 mila di loro hanno il permesso del governo per frequentare le scuole pubbliche. Gli altri di solito rimangono a casa… I bambini rifugiati a Deir Mimas sono una ventina: 13 frequentano una scuola pubblica, accolti sotto la responsabilità dello stesso direttore; gli altri vanno in una scuola di suore, dove la custodia di Terra Santa paga una parte della retta scolastica e il trasporto».

Gli abitanti di Deir Mimas non sono certo dei benestanti: la maggioranza di loro sono coltivatori di olive o impiegati presso l’Unifil, la Forza di interposizione delle Nazioni Unite. L’economia del Sud del Libano si è molto indebolita anche a causa delle guerre con Israele, l’ultima delle quali nel 2006. Ma nonostante le poche risorse, tutti sono stati accolti: «Per una parte dei suoi abitanti, Deir Mimas è solo una residenza estiva – spiega fra Toufic –; nel resto dell’anno molti risiedono a Beirut. A loro abbiamo chiesto se fossero disposti ad affittare i loro appartamenti vuoti, ad un prezzo contenuto, a queste famiglie cristiane. E abbiamo assistito ad un ecumenismo dell’aiuto reciproco». La Custodia di Terra Santa si è fatta carico dell’affitto di sette appartamenti messi a disposizione dalla parrocchia greco ortodossa; ha pagato il gasolio per il riscaldamento per l’inverno; mentre gli abitanti del villaggio hanno offerto i vestiti ed il cibo. Lena Ghazi, unica donna eletta al consiglio comunale del villaggio, corre su e giù per il villaggio: distribuzione delle razioni alimentari, contatti con le ong per assicurare l’assistenza sanitaria, trasporti, traduzioni… è lei che ci porta a conoscere una delle famiglie. Padre Toufic arriva a braccia spalancate e i bambini gli corrono incontro.

Najlaa ha trent’anni ed è madre di tre bambini che non la lasciano mai. La più grande si chiama Rania e ha 10 anni, David, che ha fatto 8 anni proprio il giorno del suo arrivo al villaggio, e la piccola Nour, che non ha ancora 4 anni. Quando lo scorso agosto Qaraqosh è finita nelle mani dei fondamentalisti dello Stato Islamico, dopo settimane d’angoscia e di resistenza, sono fuggiti precipitosamente. Prima destinazione, la Turchia: «Avevamo il problema della lingua, noi parliamo armeno o arabo, non certo il turco. E poi i cristiani non sono i benvenuti e allora ci siamo nascosti per quaranta giorni, non uscivamo mai, non parlavamo con nessuno», racconta la giovane mamma, lanciando uno sguardo ai figli.

Il profondo silenzio dei suoi bambini non lascia alcun dubbio: tra esilio, illegalità e povertà, hanno ben chiaro che la loro vita non sarà mai più come prima. Najlaa e suo marito avevano una vita confortevole e una automobile, il marito era insegnante. Rania, dall’alto dei suoi 10 anni, dice che la sua casa le manca tanto e anche i suoi amici e che le piacerebbe andare a scuola e imparare l’inglese «ma il Libano mi piace», dice sorridendo.

La domenica mattina i profughi vengono ad ascoltare la messa di padre Toufic. Alcune famiglie sono cattoliche, altre di rito orientale. Ma tutte professano la stessa fede in Gesù Cristo e prendono parte alla stessa eucarestia. Nel villaggio non c’è la parrocchia siro-cattolica, allora le famiglie bussano alla chiesa più accogliente. Fra Toufic ne fa un punto d’onore: «Papa Francesco non si stanca di invitare la Chiesa ad incontrarsi con i fratelli d’Oriente, in particolare ora che hanno bisogno d’aiuto». Spiega fra Toufic. «Queste famiglie hanno perso praticamente tutto. Non possiamo permettere che la loro speranza cristiana si perda, dobbiamo alimentarla».

Fra Toufic non è un sacerdote di rito siriaco e non pensa di diventarlo: «Sono cattolico latino e sono estasiato nel sapere che alcuni frati di altri riti possono scoprire il nostro stile di vivere la nostra stessa fede. Dobbiamo arricchirci di questo incontro». Sotto la protezione di san Mamas, martire del III secolo che ha dato il suo nome al villaggio, le famiglie irachene sono venute a porre l’incertezza del loro destino: «Qui ci sentiamo come a casa, perché siamo guardati con benevolenza», conclude Najla.

Fra Toufic, quando pensa alla sorte dei cristiani iracheni, a volte appare sconsolato: «Ad Harissa, in un’altra casa della Custodia, abbiamo altre venti famiglie irachene. L’Iraq è svuotato quasi completamente dai suoi cristiani. Su 2 milioni che vi abitavano, forse non ne sono rimasti 200 mila in tutto l’Iraq; è uno sterminio che nessuno ha il coraggio di chiamare per nome. Se c’è una specie animale in via d’estinzione, che rischia di sparire, tutti ne parlano in tivù e cercano di trovare soluzioni; ma qui c’è un “popolo” che sta sparendo, una lingua che non si parlerà più (tutti i cristiani iracheni parlano il siriaco, i bambini parlano con difficoltà l’arabo); pian piano anche il siriaco lo si dimenticherà e sarà una lingua antica, morta come le altre lingue, come lo sono il greco e il latino…».

(ha collaborato Carlo Giorgi)

 

 


 

 

Aiutiamo fra Toufic a dare una speranza ai giovani iracheni

Sono 19 i ragazzi iracheni di Qaraqosh, ospitati dalla comunità cristiana di Deir Mimas in Libano, a cui la Custodia sta pagando gli studi. «Ogni bambino ci costa 500 dollari tra iscrizione e materiale scolastico, per un totale di circa 9.500 dollari (equivalente a 9 mila euro) in un anno – spiega fra Toufic –, una cifra per cui vi chiediamo aiuto». La vera sfida dell’aiuto ai rifugiati, ovunque essi si trovino, si gioca sulla scuola: dare ai profughi un tetto e almeno un pasto al giorno è di certo fondamentale. Ma è attraverso la scuola che è possibile garantire un futuro ai ragazzi che dovranno ricostruire la Siria e l’Iraq di domani.

Secondo l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, confermando quanto spiega fra Toufic nell’articolo, solo il 30 per cento dei profughi siriani tra i 5 e i 17 anni in questo momento è iscritto in una scuola libanese. Il resto non fa nulla o lavora in nero. D’altra parte la situazione per il Libano è arrivata da tempo al collasso: secondo Sonia el-Khoury, direttrice del ministero dell’Istruzione libanese, «in Libano il numero dei profughi in età scolare accolti è superiore al numero dei posti disponibili in tutta la scuola pubblica». Per aiutare i ragazzi iracheni di Deir Mimas, si può versare un contributo alla Fondazione Terra Santa sul conto corrente postale n. 1005997877 (oppure su quello bancario IT65 O 05584 01617 000000031009), specificando nella causale «Libano – Per i ragazzi di fra Toufic».

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