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A Nazaret il nuovo Centro dedicato alla Vergine si propone di aiutare i pellegrini ad approfondire il mistero dell'Incarnazione, ma è aperto anche all'incontro con ebrei e musulmani.

Con Maria, donna dell’umiltà

Giampiero Sandionigi
25 settembre 2013
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Quasi di fronte all’ingresso della basilica superiore dell’Annunciazione a Nazaret, su Casa Nova Street un tempo s’affacciava una scuola gestita dalle suore di San Giuseppe dell’Apparizione. Da qualche anno l’edificio, risalente al Diciottesimo secolo, ha cambiato destinazione. Oggi ospita il Centro internazionale Maria di Nazaret, inaugurato nel gennaio 2012 dopo una lunga gestazione.

Il Centro è stato voluto dall’Associazione Marie de Nazareth, un sodalizio francese che si è proposto di creare una nuova opportunità di evangelizzazione, un luogo che parli di Gesù a partire da Maria. Altri 11 centri simili dovrebbero sorgere in varie parti del mondo. Cominciare da qui, dove il Figlio di Dio ha preso carne d’uomo grazie al sì di una giovane vergine ebrea è parso del tutto naturale.

«Si tratta di un progetto ecumenico aperto a tutte le Chiese – ci spiega Luc Lagrabrielle, responsabile del Centro insieme con la moglie Marie Christine –. Questa realtà è nata con la benedizione e l’appoggio, anche se non il sostegno finanziario, di tutti i capi delle Chiese di Terra Santa (cattolici, ortodossi e luterani). I fondatori hanno voluto che questo non fosse un museo, ma anche uno spazio di preghiera, grazie alla presenza di una comunità che vivesse qui rendendosi responsabile della gestione e dell’accoglienza dei pellegrini».

Per questo si sono rivolti alla Comunità Chemin Neuf, una realtà ecclesiale nata in Francia nel 1973 in ambiente carismatico e su impulso del gesuita padre Laurent Fabre. Oggi Chemin Neuf conta 2 mila membri sparsi in 28 Paesi: sono sacerdoti, consacrate, laici sposati o celibi, attorniati da una più ampia cerchia di volontari.

«Qui al Centro di Nazaret – precisa Luc, che è tra i membri della comunità – siamo una decina. Ci occupiamo dell’accoglienza dei pellegrini. Per la Messa andiamo alla vicina basilica, perché tra noi non c’è un sacerdote. La nostra cappella viene utilizzata dalla comunità per la preghiera comunitaria e dai gruppi di pellegrini che eventualmente chiedono di celebrarvi la Messa. Vorremmo dar modo di approfondire il mistero dell’Incarnazione. In futuro ci piacerebbe dare la possibilità di qualche ritiro spirituale: dovremmo tutti riflettere maggiormente sul fatto che Gesù ha vissuto qui ben 30 anni della sua vita».

La porta è aperta, naturalmente, anche ai cristiani, ebrei e musulmani di Terra Santa. «Fino ad oggi – chiosa Lagabrielle – abbiamo avuto parecchi visitatori ebrei. I musulmani sembrano meno curiosi, ma in compenso vengono le scolaresche delle scuole cristiane e tra i loro alunni ci sono anche parecchi studenti musulmani».

Il Centro non è, tuttavia, una casa di spiritualità secondo il modello più classico. La struttura si sviluppa su 4 mila metri quadrati distribuiti su più livelli (le non poche scale possono forse creare qualche difficoltà ai meno agili).

Vi troviamo un terrazzo con vista panoramica sulla vicina basilica; un’ampia caffetteria dove le comitive, prenotando in anticipo, possono pranzare; un negozio di ricordini; l’ampia e luminosa cappella, costruita da zero in cima al vecchio edificio; una sala dove su alcuni monitor vengono proiettati tre video dedicati alla Madonna: Maria donna ebraica; Maria nel Corano; La figura di Maria per le Chiese orientali.

Il piatto forte del Centro è lo show multimediale della durata di un’ora, proposto in dieci lingue diverse, in un percorso narrativo che, ripercorrendo l’Antico e il Nuovo Testamento, tiene al centro il mistero di Gesù Cristo e il modo in cui Maria vi partecipa. Per mantenere viva l’attenzione dei visitatori il racconto viene diviso in quattro parti, ognuna delle quali è ambientata in una diversa sala di proiezione, attraverso giochi di colori, musiche e suoni.

Per visitare il Centro in comitive di pellegrini è consigliabile prenotare (i contatti sono sul sito Internet dedicato). Non è previsto un biglietto d’ingresso, ma un’offerta libera il cui ammontare indicativo va dai 35 ai 50 shekel a persona (10 euro al massimo).

 


 

Ed ecco riemergere la Nazaret di Gesù

In Terra Santa, come in molte parti d’Italia, ogni volta che si scava per realizzare un nuovo edificio o ristrutturarne uno vecchio non è improbabile imbattersi in interessanti scoperte. Così è avvenuto anche in questo caso. Mentre si sbancava il terreno per la posa degli impianti tecnologici sotterranei del nascente Centro internazionale Maria di Nazaret, sono venuti alla luce prima dei muri del periodo mamelucco (XIII secolo), poi porzioni di pareti più antiche, che delimitavano il cortile e quattro stanze di un’abitazione del primo secolo d.C. Abbiamo a che fare con una casa certamente giudaica e lo si può dedurre dalla presenza di stoviglie in pietra, che gli ebrei, e solo loro, utilizzavano in ossequio alle rigide norme religiose in materia di purità rituale. È una casa che lo stesso Gesù ha potuto vedere e magari frequentare nei suoi 30 anni di vita a Nazaret e che ora i visitatori del Centro hanno sotto i loro occhi proprio all’ingresso della struttura.

Nel cortile sono stati rinvenuti una cisterna e un magazzino sotterranei, destinati a conservare l’acqua e le derrate alimentari necessarie al sostentamento della famiglia. Ma c’è un altro elemento di grande interesse per gli studiosi: un secondo magazzino ricavato sotto il pavimento di una delle stanze. È un ambiente largo 4 metri e profondo 7, articolato su tre livelli.

Gli archeologi ipotizzano che possa trattarsi di un rifugio, di un nascondiglio ipogeo, scavato dalla famiglia perché i suoi membri, e forse anche dei combattenti, potessero sottrarsi alla caccia dei soldati romani durante la prima rivolta giudaica (66-70 d.C.).

La scoperta è rivelante per gli storici: fino a poco tempo fa rifugi simili erano stati rinvenuti a Gerusalemme e in Giudea e si riteneva che risalissero a una successiva rivolta, quella guidata da Bar Kokhba tra il 132 e il 135. La scoperta di Nazaret, replicata anche nella vicina Cana – che all’epoca era un centro urbano ben più importante -, induce a mutare le prospettive: i giudei si sarebbero attrezzati a resistere agli occupanti sin dalla prima rivolta e anche nei villaggi della Galilea, lontani dalla capitale. (g.s.)

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