Una donna in fuga dall’inferno siriano
Ha il sorriso triste e gli occhi di chi ha visto gli orrori della guerra: Susy, 41 anni, cristiana armena di Siria è fuggita qualche mese fa da Aleppo, passando attraverso il Libano e affrontando i rischi propri della sua condizione di donna. «Le donne cristiane – racconta – vengono importunate e talvolta anche rapite dai soldati e nessuno le rivedrà mai più, abusate, maltrattate in un Paese dove ormai non c’è più alcuna sicurezza».
Susy ha visto crescere l’odio e la distruzione della sua città, mostra sgomenta le immagini di luoghi e palazzi una volta splendidi e ora ridotti in macerie. La sua voce è rotta dal pianto quando racconta la tragedia di tante famiglie: madri che non ritrovano più i corpi dei propri bambini, sepolti dalle macerie dei palazzi bombardati, uomini massacrati, anziani umiliati nella speranza di salvare qualcosa della propria casa, della propria storia.
«Anche chi sopravvive non ha speranza, perché non si intravedono spiragli di soluzione, né il mondo pare interessarsi alle sorti del mio Paese. La gente da noi non ha più da mangiare, manca l’energia elettrica e le famiglie lo scorso inverno hanno bruciato i mobili pur di scaldarsi…». Un quadro angosciante dove le donne sono particolarmente esposte ai soprusi: «Sull’autobus, alla frontiera col Libano – racconta – sono saliti alcuni ribelli armati fino ai denti, hanno costretto alcuni uomini a scendere e hanno iniziato a provocare le donne, soprattutto se non avevano il velo, come me. Mi chiesero perché non portavo la testa velata ed io ho risposto che, come cristiana, mi sentivo libera di tenere il capo scoperto, in nome di quella libertà che spingeva loro a ribellarsi». Una risposta audace, che non ebbe conseguenze, a parte una grande paura di finire sequestrata.
Susy è riuscita ad arrivare in Italia, dopo una lunga odissea, e sta aspettando lo status di profuga, ma nel cuore sogna di tornare nella sua Siria. Quando? «Quando riprenderà la vita».