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Casa Barluzzi a Gerusalemme

padre Eugenio Alliata ofm
4 ottobre 2011
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Assistiamo in questi ultimi anni a un rinnovato e rinvigorito interesse per la figura e l’opera di Antonio Barluzzi, celebrato architetto della Terra Santa. L’interesse è chiaro tanto nell’ambiente locale, specie ebraico, quanto internazionale. Non si deve dimenticare che alla sua opera si devono numerose chiese e cappelle, conventi, case e ospedali che furono costruiti nel corso di una attività intensa protrattasi per circa quaranta anni.

Barluzzi morì a Roma il 14 dicembre 1960, ospite della delegazione di Terra Santa, la sede centrale della Custodia nella città eterna, fatto membro ad honorem di questa istituzione da lui lungamente e fedelmente servita a partire da quando accettò la proposta del padre custode Ferdinando Diotallevi nel 1919 di curare la costruzione dei nuovi santuari del Tabor e del Getsemani, costruzione resa possibile dall’esito della prima guerra mondiale che vide l’impero turco sconfitto e la Palestina affidata al Mandato inglese.

Una mostra fotografica sulla personalità e l’opera di Barluzzi, in corso da alcuni mesi presso il Christian Information Center (Gerusalemme, Porta di Giaffa), sarà visitabile ancora per qualche tempo. Un libro destinato a ripresentare la sua personalità e memoria è in fase di preparazione da parte di vari autori con la collaborazione di discendenti e amici.

È proprio in seguito alla lettura di alcune lettere, e all’analisi di qualche rara foto, provenienti dalla sua famiglia, che è stato possibile risalire a qualche aspetto della permanenza di Barluzzi a Gerusalemme. Diverse vie erano infatti state seguite già, ma senza molto successo, per identificare la casa dove l’architetto ha abitato. Si sapeva che l’edificio si sarebbe dovuto trovare nei pressi dell’Ospedale Italiano di Gerusalemme, dove si stava sviluppando all’epoca del Barluzzi quasi una specie di colonia italiana sotto la spinta organizzativa dell’associazione Italica Gens e del famoso egittologo italiano Ernesto Schiaparelli (morto nel 1928).

L’Ospedale italiano è ancora oggi, col suo stile tipicamente medioevale e toscano, un elemento inconfondibile del paesaggio nel bel mezzo dei quartieri popolari che si estendono sul lato nord della città murata. In seguito alla guerra arabo-israeliana, tutta l’area è passata sotto il controllo di Israele e le case, pur non essendo state distrutte o sostituite, sono oggi abitate da famiglie ebree appartenenti per lo più alla componente «ultra-ortodossa». Siamo di fatto ormai alle porte del popolarissimo quartiere religioso ebraico di Mea Shearim.

Le nostre visite sul posto sono state finalmente coronate da successo, ma hanno dovuto cercare di rispettare la proverbiale suscettibilità di questa gente. Particolarmente durante una nostra seconda visita si è reso necessario utilizzare un po’ di diplomazia per giustificare il nostro interesse come puramente di tipo storico.

La casa del Barluzzi ancora esiste, abbastanza solida nella sua costruzione, semplice nelle decorazioni tipiche dello stile «neo-orientale» comune nel periodo finale dell’Impero Ottomano. Era stata acquistata da un signore locale e solamente adattata in parte alle necessità del nuovo proprietario, soprattutto dopo il terremoto del 1927 che aveva lasciato purtroppo qualche segno nelle murature esterne. La costruzione, e tutto il giardino intorno, sono in condizioni notevoli di degrado. Ma è una caratteristica di tutto il circondario e nessuno sul posto si stupisce di questo fatto.

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